IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
16.11.2014 - 10:25
Posso guarire. Da quell'insulto che ancora fa male allo stomaco, da quegli sputi in piena faccia, da quel veleno buttato sulla bocca. Posso, se mi vengono a prendere in braccio le braccia di mia madre, se mi vengono incontro le notti senza luna e senza i cani nella testa, se le spalle non si curvano nel frattempo. Guarire senza troppi aghi nella pelle, solo guardando il futuro vicino e pensare di amarlo, oppure girare gli occhi altrove, senza strappi irrimediabili carichi di nostalgie, oppure cominciare ad incoraggiare una rivoluzione buona di pensieri trasversali. Si può guarire stringendoci attorno le dolcezze rimaste, spingendoci verso quel residuo di cambiamento che vuole ancora conoscerci, nascondendo le armi che possono farci male, regalandoci diritti attesi e mai arrivati. Così, forse, possono aumentare le percentuali di remissione da un'infezione, così possono diminuire i rischi di una recidiva. Ma in verità non c'è proprio nulla che da questi accidenti ci possa veramente salvare, le frantumazioni esistono e siamo troppo preoccupati a proteggerci che non ci accorgiamo che non siamo impermeabili, che abbiamo nervi scoperti, che la pelle è piena di entrate indifese, che sentire il dolore non ci farà tuttavia abituare al dolore stesso. Possiamo guarire, entrando più frequentemente in quel santuario privato delle finte dimenticanze, con gli ex voto in bella esposizione, guardandoli senza troppa timidezza ma con un briciolo di superbia, ogni dono un'offesa che aspetta di essere indossata così da essere finalmente consumata. Posso guarire, se faccio pressione sulle buone intenzioni educate dal tempo, se mi vengono in mente i ricordi bambini durante le ore del catechismo dedicate alla bontà, se una giornata diventa amica perché ho avuto in regalo una cioccolata. Ma resto io, e so di riammalarmi ancora. Come tutti, o come molti. Le offese si curano, come le ferite, ma è universalmente risaputo che restano, mettendo la nostra anima in continua esposizione e pericolo. L'impegno forte è quello di riuscire, almeno, a diluire ancora le tracce velenose di dolore.
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