IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
05.10.2014 - 10:21
Le cose arrivano sempre, anche quelle che non aspetti. Perché quelle che aspetti forse sono quelle che hai sollecitato e un po' le prevedi, così ti prepari. Non c'è transazione possibile o ragionevole con l'ignoto, le sfere di cristallo sono bellissime, ma io non ci saprei vedere dentro, le carte bluffano, i fondi di caffè vanno a male, i sogni sono un po' 'puttani', si vendono a qualunque prestazione interpretativa, anche le più inverosimili ed audaci. Resta il momento, hic et nunc, resta il reale legato ai fatti, resta il da fare per arginare i danni, restano le resistenze umane, il concreto. Resta il sangue che butti e che perdi e il conteggio di nuove piastrine e le arrampicate faticose per un nuovo coraggio. Resta il segno, delle cose avvenute, e un cielo sempre notturno che non fa spalancare finestre perché fa freddo, fanno male le spalle e non vuoi sentire rumori. Le cose riescono ad essere più imprevedibili delle infelicità di ognuno, e ogni cosa trova la sua traccia indifferentemente dall'essere buoni o cattivi, forti o deboli, intelligenti o deficienti. Scavano grotte, delineano destini, invadono luoghi e sentimenti, i corpi e i letti, le vene e gli indumenti. Non hanno misura, non conoscono distanza, non provano stanchezza, non temono le paure. Le cose sono di tutti ma quando diventano proprie non sono più solo racconti, sono esperienze di graffi senza sconti e senza troppi riguardi, sono respiri oppressi e minuti lunghi, colpe che non sapevi di dover espiare, semmai le colpe si dovessero espiare con altre colpe. Le cose che fanno male sanno bene come socializzare con le nostre risorse, sanno assottigliarle, come un'onda anomala accavallano i presidi difensivi e li disperdono come rametti secchi al largo. È il loro momento, facciamole urlare. Dicono i vecchi che poi si acquieteranno, si ritireranno, non avranno più unghie cattive per segni da lasciare. Ancora per un po' le temeremo, poi le lasceremo dietro, in quello zaino pesante che è il nostro personale archivio, in quello spazio competitivo e a volte confuso che è la nostra memoria, dove i ricordi si risentono se non li ricordi, dove si stratificano incessantemente, uno sugli altri, pezzi di storia e di immagini, dove tutti i fatti hanno una sola egoistica ragione: non farsi scordare. E, forse, farsi perdonare. Ma adesso aspettiamo che si alzi il vento, il vento che non porta minacce ma aria leggera; aspettiamo che, come nuvole ubbidienti, ci sollevi, ci sposti dai luoghi e ci porti nel tempo. Quello che fa capire e che fa guarire. Nel viaggio che faremo, nuvole fra le nuvole ci allontaneremo e, cielo dopo cielo, ci trasformeremo, cambieremo forma e spessore, porteremo pioggia. E più in là, in fondo in fondo agli occhi, ci faremo trascinare insieme fino al mare. (dedicato)
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