IL MATTINO
Profeti e Sibille
28.03.2013 - 12:25
"L'ultima cena" di Leonardo
Un antico proverbio cinese recita: "Quando il dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito". È successo tante volte di guardare nella direzione sbagliata, di distrarsi da ciò che fosse fatalmente importante. Forse (immaginiamo noi con un pizzico di presunzione), è quello che è accaduto al noto romanziere Dan Brown che nel tentativo di ricostruire la stirpe merovingia e di restituirci una immagine del Cristo storico molto più umana di quella che le stesse fonti e scritture raccontano, forse si è perso “qualcosa”. Sì, infatti lo scrittore nel famoso “Codice” punta il dito sul Cenacolo dipinto da Leonardo da Vinci per il refettorio della chiesa milanese di santa Maria delle Grazie, e lo punta dritto al centro, lì dove convergono le direttrici visive e i punti di fuga, lì dove un ipotetico triangolo racchiuderebbe una love story d’altri tempi tra un Cristo, ormai prossimo al tradimento e al martirio, ed un’addolorata Maddalena (scusate il gioco di parole), compagna di quei giorni.
A sostegno della sua tesi, il buon Brown, con qualche forzatura dai tratti blasfemi dell’iconografia cristiana, vedeva celarsi tra le vesti dell’imberbe Giovanni Evangelista (reo di una bellezza delicata e un tantino femminea) proprio i lineamenti di santa Maria Maddalena. E dunque il “piccolo” tra gli apostoli, il più vicino a Cristo, si spoglia qui degli abiti umili di apostolo alla sequela del Signore e indossa quelli di un’avvenente Maddalena. Lei col capo chino, non testimonia la sopraffazione del dolore per la sconcertante verità emersa nella coena domini, ma ammicca spiritosa al suo sposo, rimandando ad una torbida tresca amorosa, sempre secondo Brown.
Ancor oggi, dopo il successo del film tratto dall’omonimo best seller, sono in tanti turisti e curiosi, che da ogni parte del mondo giungono a Milano per cogliere quest’aspetto pruriginoso della vita di Cristo che Leonardo avrebbe maliziosamente immortalato nell’affresco.
Ma se solo si fosse guardato all’affresco senza demagogia e senza voluti sensazionalismi, e quel dito, di cui sopra, lo si fosse puntato giù in basso dove si consuma il dramma delle ultime ore di Cristo; su quella tovaglia ricamata intendo dire, sulla quale si consumò l’ultima cena, forse si sarebbe finiti per scoprire ciò che ha documentato una coppia di studiosi sardi. Questi ultimi hanno infatti osservato il filato e l’andamento della trama e dell’ordito della tela, facendo un’intrigante scoperta. Innanzitutto la tovaglia di per sé, nella sua trasposizione pittorica, è un’opera d’arte con tanto di natura morta ante litteram di pane e vino in calici di cristallo. Il telo poi si apparenta in modo imbarazzante alla produzione tessile attiva ancor oggi a Cipro nel distretto del merletto a Lefkara. Ed è proprio nell’isola al centro del Mediterraneo (balzata in questi giorni agli onori della cronaca per la nota crisi finanziaria) che nascono le suggestioni proposte ai miei lettori, una su tutte, le fonti cipriote raccontano di un soggiorno a Lefkara proprio del Da Vinci che avrebbe qui acquistato una tovaglia per la mensa d’altare del Duomo di Milano che fu, al suo ritorno, davvero donata da Leonardo al capitolo ambrosiano come testimoniano le fonti. Ancor oggi passeggiando tra i caratteristici vicoli del borgo marinaro di Lefkara, si possono ammirare delle splendide tovaglie artigianali fatte a “Punto Leonardo”, in ricordo del soggiorno del pittore.
Tornando a noi, la tela del Cenacolo ha dei ricami del tutto simili a quelli ciprioti, ma il dato sensazionale riguarda, come dicevamo, la scoperta fatta dai coniugi Pala e riportata dalle pagine del quotidiano “Il Giornale”. Gli studiosi ipotizzano che a dipanarsi tra le pieghe della tovaglia dell’Ultima Cena del refettorio di Santa Maria delle Grazie, siano le note di una sinfonia celestiale, un inno a Dio. “Note di una musica segreta rimaste sempre criptate, ma ora pronte per essere ascoltate dal mondo", si legge sul giornale. I Pala dicono di aver individuato nel dipinto un pentagramma che ribaltato sui personaggi presenti, Gesù e i discepoli, restituisce un rigo musicale, e dunque una partitura. "La musica - hanno spiegato al cronista - è stata poi sintetizzata simulando con un computer, un organo a canne ed è saltata fuori una sinfonia celestiale […]. L'adagio è infatti, solenne e austero". Unendo poi le note dell’ipotetico pentagramma si leggerebbe un testo sacro scritto in ebraico, che sottoposto all'attenzione di padre Luigi Orlando, docente di Sacra scrittura presso la Facoltà Teologica pugliese di Bari, sarebbe – a sua volta - un inno a Dio e la conferma di Cristo come redentore dell'umanità.
Lasciamo che questi studi ricevano i giusti riconoscimenti e la doverosa attendibilità e aggiungiamo un’ultima curiosità sul cenacolo vinciano. In molti non sanno infatti che si attribuisce a Leonardo l’invenzione dei tovaglioli. Pare infatti che al pittore fiorentino piacesse la tavola ben in ordine e pulita (come quella dell’affresco in questione) e non accettasse l’idea che i commensali del Moro si pulissero “mani e coltelli” con la stessa, tanto da annotare nel Codice Romanoff: «Una volta, a fine cena dopo che gli ospiti se n’erano andati, guardando la tovaglia del mio Signore Ludovico, ho visto una scena di totale disordine e inciviltà — neanche un campo di battaglia poteva assomigliarle — e ora penso che la mia prima priorità, prima di qualsiasi cavallo o pala d’altare, sia quella di trovare una soluzione. Ne ho già in mente una. Penso che ognuno a tavola dovrebbe avere una tovaglietta tutta sua».
SOLO UNA SUGGESTIONE
In ultimo davvero una “chicca” o meglio una suggestione non ancora confortata dagli studi in corso: si sa dalle analisi compiute sulla Sacra Sindone, che sono state ritrovate alcune tracce di pane azzimo, forse avanzi di un pasto ebraico. E per qualcuno – a nostro avviso un po’ audace - il Sudario potrebbe essere addirittura la tovaglia del Cenacolo nella quale si è poi avvolto il corpo esanime del Cristo. E l’Ultima Cena di Leonardo ci dona l’ultima sconcertante coincidenza: la misura del tavolo raffigurato sarebbe infatti di circa 8,80 metri secondo le ricostruzioni dei matematici (per proporzioni) e dividendo in due la lunghezza si ottiene 4,40 metri, cioè la stessa misura della Sindone…
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