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Sapori&Saperi

Hamburger, non solo fast food

Meglio il rassicurante conforto delle mura domestiche rispetto al vuoto culinario delle catene americane

prove pratiche di hamburger homemade

L’unica, dico e sottolineo unica, volta che mi sono affacciato sulla soglia di un fast food in età consapevole (la prima fu nel lontano 1985 e a dieci anni si può perdonare tutto) è stato nel 1992. A Praga in gita scolastica, a meno di due anni dalla caduta del Muro, si soffriva la fame. L’albergo economico in cui ci avevano piazzato non riusciva a garantire un pranzo e una cena decenti per tutti; gli scaffali dei supermercati erano semivuoti e le file agli ingressi interminabili. Unica speranza per poter mettere qualcosa sotto i denti era quella di recarsi nel mega fast food americano, quello con “M”, tanto per intenderci, che faceva bella mostra in una affollata Piazza San Venceslao. Il ricordo più limpido di quella esperienza è il sapore acre dei cetriolini che invadevano un misero hamburger dove la carne era rappresentata da una cialda molliccia e insapore. Compensai con una quantità industriale di maionese e ketchup per mandare giù l’infelice boccone. Giurai a me stesso che mai più avrei messo piede in un luogo così infausto per il mio palato e il mio stomaco, impegno che fieramente fino a oggi ho mantenuto e rispettato.

Ricordo questo episodio ogni qual volta vedo famigliole felici entrare in questi luoghi ameni, con genitori che guardano estasiati i propri figli ingurgitare panini, patatine e nuggets (in proposito vi invito a leggere questo illuminante articolo) apparentemente ignari del danno di cui si stanno rendendo colpevoli.

Non mi dilungherò sul tema, anche perché ben più autorevoli nutrizionisti e professionisti della ristorazione lo hanno già fatto. E comprendo benissimo che per un genitore sia difficile resistere alle suppliche dei figli artatamente forgiati da abili campagna pubblicitarie. Credo però che anche nella nostra città ci siano valide alternative al fast food, come le classiche paninoteche dove – almeno – il processo di preparazione e la qualità del prodotto sono sotto lo sguardo dell’avventore.

Per arginare il dilagare dello junk food e indirizzare a un consumo più consapevole il consumatore in molte città italiane si stanno affermando locali che reinterpretano il classico hamburger, confezionandolo con prodotti certificati, spesso pescati dai presidi di Slow Food: un modo per offrire il classico panino americano realizzato con alimenti di qualità e dai gusti che rendono giustizia all’eccellenza delle nostre produzioni tipiche. Discorso che si estende, ovviamente, a tutta l’offerta più classica del fast food, dalle bevande alle famigerate “polpettine di pollo”.

Nell’attesa che a Foggia un illuminato ristoratore decida di puntare sul “panino gourmet”, vi posto una ricetta facilissima e di rapida preparazione: un hamburger di maiale e gamberetti accompagnato da una maionese di spinaci.

Ingredienti per 4 persone:

600 gr. di macinato di maiale

15 gamberetti freschi (evitate se potete il congelato!)

quattro panini al latte

prezzemolo

olio

la scorza di ½ limone grattugiato

zenzero

sale

pepe

Sminuzzate i gamberetti e uniteli al trito di carne e al resto degli ingredienti e confezionate quattro hamburger. Riponete in frigo per una decina di minuti, il tempo di preparare la maionese e far insaporire il composto

Per la maionese di spinaci

250 gr. di spinaci sbollentati

2 tuorli

250 gr. di olio di semi

1 cucchiaio di aceto

1 limone

1 cucchiaino di senape

Sale

Pepe

Sbollentate velocemente gli spinaci in acqua leggermente salata, scolateli e tritateli. Preparate la maionese classica – magari con l’aiuto di un robot da cucina o di fruste elettriche – sbattendo prima i tuorli con l’aceto e il cucchiaino di senape e poi incorporando a filo l’olio. Regolate di sale e pepe a piacimento. Infine incorporate gli spinaci e mixate il tutto.

Riscaldate una piastra e cuocete gli hamburger, tostate brevemente il panino e componete l’hamburger condendolo con la maionese e, a scelta, una fetta di pomodoro e una foglia di spinacio cruda.

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Luca D'Andrea

Luca D'Andrea
Se non avesse fatto il giornalista, due erano gli obiettivi nella sua vita: diventare professore di storia o uno chef internazionale. Abbandonato il primo abbastanza precocemente per dedicarsi allo studio della finanza, per il secondo ha trovato dignità solo nel chiuso della sua modesta cucina. Tra la prima ciambella impastata con un Moulinex d’annata e l’ultimo risotto del sabato, si è occupato di finanziamenti pubblici con Sviluppo Italia prima di essere fagocitato dalla mirabolante esperienza de La Grande Provincia, dove alcuni scriteriati estimatori delle sue dilettantistiche capacità giornalistiche hanno scommesso sull’impresa di farne un giornalista professionista. Abbandonate le redazioni, da alcuni anni si occupa di comunicazione istituzionale e attualmente ricopre l’incarico di addetto stampa al Comune di Foggia. A 37 anni, però, continua a fantasticare su un futuro non proprio prossimo in cui potrà finalmente darsi da fare tra pentole e fornelli.

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