Fuggire da Foggia - e, ovviamente, dalla provincia - non basta più. Perché le mete industriali emiliane, piemontesi, lombarde, ambite negli anni '60, soffrono del medesimo insulto politico, fiscale, creditizio patito dalle nostre parti. Perché l'irruenza strisciante con cui la burocrazia (facendo leva anche su di una pressione fiscale dichiarata ufficialmente del 55%, in realtà spinta al 70% tra varie tasse e balzelli) sbrandella il tessuto economico ed imprenditoriale, da Nord a Sud, passando al setaccio le tasche degli italiani, ricrea la stessa percezione del futuro, soprattutto dei propri figli, che hanno avvertito quei 7 milioni di nostri connazionali scappati all'estero (cit. Antonio Golini e Flavia Amato in "Storia dell'emigrazione italiana", Vol. 1) tra la prima e la seconda guerra mondiale. Con una sostanziale differenza: oggi a insidiarci non è uno Governo straniero. Per questo non è solo da Foggia (città ormai vinta dall'inerzia, oltre che dall'inezia) che vogliono fuggire i foggiani: dei quali solo in Inghilterra ve ne sono 2.200, secondo uno studio di commercialisti dauni molto attivo a Londra, che è tra le mete preferite anche di diversi imprenditori della Capitanata grazie ad una fiscalità equamente commisurata ai guadagni, ad una burocrazia snella ed efficiente, ad un mercato del lavoro flessibile e solidale. Allarghiamo lo sguardo? Preoccupati dalla pressione fiscale e poco incoraggiati dalle scarse soluzioni concrete proposte dalle istituzioni, in Puglia 7 imprenditori su 10 (il 71%) vorrebbe trasferirsi all'estero: anzitutto in Germania (il 36%), poi nei Paesi nordici (23%), nei Paesi dell'Est (21%); infine in Medio Oriente (12%) e in Sud America (5%). Lo rileva un'interessante indagine della "Found" di Milano, la prima mood communication agency in Italia, che pubblichiamo compiutamente nell'edizione digitale de "Il Mattino di Foggia" di domenica15-12-2013. La protesta al potere dei Grillini, prima, quelle dei Forconi e del "Coordinamento 9 Dicembre" nelle piazze in questi giorni, sono l'epifenomeno non di una vita di miseria (bene o male, un piatto a tavola lo si riesce ancora a mettere dalle nostre parti) ma di disperazione: quella «dolorosa impazienza della speranza non alimentata», direbbe George Eliot, che spinge le persone alla follia o alla fuga, pur di riscattare l'assurda ipoteca che viene fatta gravare sul proprio futuro e quello dei propri figli.
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Antonio Blasotta
Alla passione per la scrittura e la comunicazione ho dedicato il mio tempo, senza mai risparmiarmi. Così, da quando avevo 15 anni, ho scritto per diversi giornali (Puglia, La Gazzetta del Mezzogiorno, il Roma), ho diretto la prima tv di Foggia, Teleradioerre; ed ho finito con il fondare la Casa Editrice "Il Castello", che, oltre ad editare diversi libri, pubblica "Il Mattino di Foggia". Divido la mia vita tra la passione editoriale e quella per la formazione relazionale e direzionale, essendo Master Trainer con licenza USA di PNL.