Non mi sono più mossa da qui. Trentaquattro anni di fila in un posto, nello stesso posto, sono un segno di fedeltà antica alla terra. Si, parto, per viaggi lunghi, corti, per città che mi sembravano dall'altra parte della luna e per altre nelle quali ritorno con un pacchetto-ricordi che ogni volta si apre o si rinnova, si chiude o ti resta appeso come un ciondolo affezionato. Non mi sono più mossa da qui, dal "mio" castello federiciano, dalla chiesetta di campagna nella quale ho detto "si", dalla "Madonnina", una statua simbolo di un crocevia che unisce l'Irpinia alla Daunia, dai quartieri del borgo antico con le avvolgenti luci gialle. Sono nata qui, non credo andrò via da qui. In questa area piccola, ma allo stesso tempo spaziosa, c'è il tempo provvisorio della mia vita e la solidità permanente del cielo dell'ovest e del sud che vedo di fronte a me dai miei balconi. Ci sono periodi in cui questo cielo lo sento meno alto, qualche tramonto autunnale sembra un piatto caldo di colori che hanno il senso di un abbraccio amorevole, e di mattina presto la nebbia delicata non nasconde, ma pare proteggere le case, gli alberi, i confini. In questi giorni appena prima della ricorrenza dei morti, avverto sempre una singolare partecipazione della natura alle nostre malinconie. È come se il cielo, gli alberi, la terra, la stessa aria si allineassero in un percorso universale e in un comune destino. Tracce simili per elementi diversi, viaggi soggettivi eppure complementari, un "unicum" di cui faccio parte e che fa parte di me. Ma, lo so, sono solo suggestioni romantiche, il cielo resterà infrangibile e sordo, la nebbia non si farà toccare, l'ovest e il sud un incrocio invisibile e perfetto nel suo immaginario. In questi giorni prima della ricorrenza dei morti, cadono foglie come cadono i passi verso i cimiteri, e stiamo tutti insieme a riguardare le foto, ad ingentilire i lutti con i fiori, a rallentare i pensieri per concentrare i ricordi. Io non vado spesso al cimitero, non so avere molta cura delle mie assenze, mi è sembrato più giusto celebrare i miei funerali prima che diventassero manifesti da muro ed essere una presenza concreta prima che diventasse solo una memoria. Non so avere molta cura delle mie assenze perché col tempo ho anche assorbito l'idea che loro escono dalle nostre case, ma mai più dalle nostre vite. Ma poi, io sto qui. Non mi sono più mossa da qui. Foglie, pietre, cieli, stanze, facce, gioie, morti, passi… tutti qui, in una ciotola di spazio familiare ed antico. In una luna piena, in una ragnatela fitta, in un dolore recente, in uno lungo vent'anni, in una stretta di mano. In un bacio della buonanotte, nello sguardo potente ed innocente di una bambina, nella solida certezza che nulla veramente ci appartiene, se non l'intensità di un solo, irripetibile momento.
Commentascrivi/Scopri i commenti
Condividi le tue opinioni su Il Castello Edizioni e Il Mattino di Foggia
Mariantonietta Ippolito
Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.