Penso alle nostre vite e mi viene in mente il fischio dell'arbitro di una partita. Si sale nelle ore della giornata come i gradini degli spogliatoi, ma noi non abbiamo avuto massaggiatori a riscaldarci i muscoli. Entriamo in campo, ma senza applausi, forse, per qualcuno di noi ci sarà un appello, o uno schieramento senza fotografi. Uno sguardo agli spettatori, qualche ordinaria e opaca stretta di mano e, subito, cominciano i calci. E poi le ammonizioni, i falli, le espulsioni, i fuorigioco, i tiri laterali, le parate, le difese. Gli schemi. Fuori dagli schemi diventi un cane sciolto, uno che vuole fare il fenomeno, un non omologato. Quindi vieni richiamato, o additato. Se hai sufficiente autostima, divorzi dalla “squadra”. Negli schemi, in fondo, sei protetto. Come un in puzzle gigantesco il tuo posto è già assegnato, sai dove sei collocato, come il sabato a fine settimana o il pranzo della domenica con i parenti. Il disegno riesce, la figura si forma, e lo schema è protetto e al sicuro nella sua consuetudine. Il giocatore fuori classe deve avere molto talento e molta follia, deve avere coraggio e tante sorprese disarmanti, deve avere intuito e, proprio perché “fuori classe”, anche un pizzico di misantropia. Spesso, un po' distanti dagli uomini, ci si convince della novità di nuovi galatei, di nuove musiche, di flash con delle luci inedite. In questi divorzi dall'umanita si disegnano nuove parentesi e nuovi comportamenti, forse si cambia anche la lingua. Si pensa molto, si soffre, nella distanza, ma ci si conosce. Nelle nostre giornate uno un po' così è dichiarato un disadattato, cioè un infelice. A quanti di noi è capitato addosso il senso del disagio, della forzatura comportamentale, e la voglia di mandare il pallone al cielo, di non volerci neanche provare, a metterlo in rete? L'attrazione verso la vita è la cura verso la competizione, spesso siamo e diventiamo più personaggi che persone, con le emozioni messe da parte o appese ad un albero dai rami molto alti. Le vediamo, ma solo alzando gli occhi, non tenendole di fronte. Come le iperbole di una palla. Ma, nonostante lo strato di calcare che imprigiona le articolazioni più deboli, siamo tutti impegnati a segnarne almeno uno, di gol. Ci metti un tempo, o due. Ci metti i supplementari, ci metti la febbre dell'ansia, e il terrore dei rigori. Temi l'angolazione del raggio di sole e la trappola della rete. Ci metti il petto che sussulta, e gli occhi bagnati, le mani che tremano e i polsi che sbattono. Ci metti la tua solitudine e la tua rabbia, i tuoi desideri e i tuoi ideali. Ci metti la vita di quel momento intenso. O ci metti tutta la tua vita.
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Mariantonietta Ippolito
Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.