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Un quadro “Da chiodo a chiodo” o “chiodo scaccia chiodo”

Un quadro “Da chiodo a chiodo” o “chiodo scaccia chiodo”

Madonna del Mantegna

L’assicurazione detta “da chiodo a chiodo” è una delle formule di tutela più diffuse in ambito storico-artistico. Garantisce infatti all’opera d’arte – in genere un dipinto – di essere ceduta da importanti collezioni pubbliche o private per mostre ed eventi culturali di vario genere. Il manufatto così lascia la sua collocazione abituale per raggiungere pro tempore  una nuova destinazione. In genere l’organizzazione della mostra ha cura che l’opera sia accompagnata nella nuova sede da una specie di tutor che ne vigili lo stato di salute. L’opera poi imballata (posta in teche climatizzate nei casi più “difficili”) viaggia dalla “parete” che lascia a quella che trova – appunto da chiodo a chiodo – e ritorno.

Ci sono, però, dei casi eclatanti in cui non è sufficiente questa clausola, seppur tranquillizzante e benemerita, affinché lo spostamento fisico del manufatto avvenga poiché ciò metterebbe a serio rischio la sua incolumità. Trattasi in genere di opere pittoriche il cui pigmento tende a cadere o la cui tela, per problemi di tensionatura o di qualità delle fibre, cede drammaticamente, provocando deleteri  smottamenti  alla pellicola pittorica e dunque all’integrità del quadro stesso.

Uno dei casi eccellenti è quello della Gioconda di Leonardo Da Vinci che non viene spostata dalla sala degli Stati del Louvre da quarant’anni e del quale caso si sta interessando una “affollatissima” petizione che vorrebbe, per il 2013, il ritorno del ritratto leonardesco alle Gallerie degli Uffizi. L’ultima “uscita” della Monna Lisa dall’ala Denon fu nel 1974 per una tournée espositiva che fece tappa anche a Tokyo e Mosca. Ma gli studiosi italiani chiedono da tempo ai colleghi francesi di poterla “riabbracciare”; a domanda la portavoce del museo parigino ha risposto seccamente che la richiesta non esiste perché non può esistere la domanda. Sta di fatto che il problema più evidente attiene proprio alla stipula del contratto assicurativo per il quale si chiede una franchigia con stima del bene. In alcuni casi, il bene in questione – opere d’arte si intende – viene definito di valore inestimabile ergo non quantificabile economicamente. La Gioconda diviene, in questo, un caso esemplare: non ha valore, non può  essere assicurata! L’occasione poi per riaverla almeno per qualche tempo a Firenze, sarebbe quella di un discutibile centenario; quello del ritrovamento della piccola tavola in pioppo che esattamente cento anni fa venne trafugata dal Louvre ad opera dell’imbianchino trentenne di Dumenza (un paesino del varesotto) tale Vincenzo Peruggia che,  nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1911, rubò il celebre dipinto. A recuperarlo, nel dicembre del 1912, fu un noto antiquario fiorentino, Alfredo Geri che, raggiunto da una lettera del Peruggia dalla pensione Tripoli di Firenze (oggi pensione «Gioconda»), seppe della paternità del furto e si adoperò per restituirla, ma non prima di averle imposto una sosta proprio nel 1913 agli Uffizi dove adesso, dopo ben 100 anni, si vorrebbe rivedere.

Recentemente è stato un prezioso quadretto dipinto dal pittore padovano Andrea Mantegna a riportare l’attenzione sul trasporto di questi beni “irripetibili” e la loro disponibilità al prestito nazionale e internazionale. Il quadro in questione ritrae una Madonna col bambino dell’Accademia Carrara di Bergamo ed è da poco ritornato all’originale splendore grazie al fine restauro operato da una équipe di restauratori super specializzati dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze che nel 2008 hanno iniziato l’impresa. Il  dipinto, donato a Carrara  nel 1851 dal raffinato collezionista Carlo Marenzi, è noto per la particolare tecnica artistica a tempera su tela che traduce effetti simili a quelli della tecnica ad affresco con una superficie chiara e impalpabile. Proprio la natura del manufatto ha portato qualche anno fa il dipinto al centro del dibattito pubblico quando – non senza innescare polemiche –  la valutazione del suo delicato stato di conservazione ha consigliato di astenersi dal concederne il prestito per la mostra di Londra nel 1992, per le esposizioni italiane nel 5° centenario della morte di Mantegna del 2006 e per la mostra del Louvre svoltasi tra il 2008 e il 2009. Il danno principale era stato causato dal cedimento della tensione della tela sul telaio e da numerose lacerazioni al supporto e, attraverso un lavoro certosino, sono state risarcite tutte le lacune con l’inserimento di frammenti del filato originale. 

La piccola tela, con tutta probabilità, era destinata alla devozione privata, come le dimensioni ridotte (43x31 cm.) suggeriscono. Cronologicamente è stata collocata dalla critica in periodi molto diversi dell’attività di Mantegna. A nostro avviso sarebbe plausibile porla alla fine della carriera, all’altezza del ciclo dei Trionfi di Cesare in Gallia (1480- 1495). Gli “arazzi”, ora nelle collezioni Reali di Hampton Court, restituiscono gli stessi effetti materici e si avvicinano alla tecnica suddetta tanto da rendere anche le nove tele inglesi (la decima ci è nota solo tramite una stampa), particolarmente fragili e rovinate, nonché a tratti illeggibili per l’intervento di colle animali.

Adesso, però, la Madonna col bambino di Bergamo è tornata a nuova vita e quegli occhi lunghi color cobalto torneranno a brillare nella collezione a cui furono destinati;  anche quel manto blu lapislazzulo damascato in oro, bello quanto raffinato, e quel monile di corallo al polso del bambino, saranno di nuovo “fruibili” prima al pubblico degli Uffizi e poi dell’Accademia Carrara. E in barba ad assicurazioni e polizze di vario genere, forse il suo valore e la sua mobilità saranno nuovamente disponibili, ma la bellezza di quei pochi centimetri quadrati saranno pur sempre inamovibili certezze di bellezza che il pittore di Isola di Carturo ci ha lasciato, lui sì… per sempre.
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Francesca Di Gioia

Francesca Di Gioia

Francesca Di Gioia è docente di Arte Sacra e Beni Culturali del territorio presso la Facoltà Teologica Pugliese di Foggia. Si è laureata cum laude in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Istituto di Magistero "Suor Orsola Benincasa" di Napoli. Si è specializzata in incisione presso l'Istituto Nazionale per la Grafica di Roma e si occupa di Grafica d'Arte. E' giornalista pubblicista, collabora dal 2005 con il settimanale "Voce di Popolo". Ha conseguito il Diploma in Biblioteconomia presso la Scuola della Biblioteca Apostolica Vaticana ed è Operatore Didattico dei Musei Vaticani. Ha pubblicato "Invenit, delineavit et sculpsit. Per un approccio alle Arti Grafiche" per i tipi delle Edizioni Il Castello e "Vissi d'arte. Cinque anni di penna appassionata" con le Edizioni del Rosone.

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