IL MATTINO
Il Festival delle idee
30.03.2019 - 12:59
«La parola è importantissima: è lo specchio del pensiero. Ho letto da studi dell’OCSE che oggi i ragazzi conoscono 600 parole (e neanche le usano tutte), una cosa davvero disastrosa. Non sono tutti così, c’è uno ‘zoccolo duro’: una gioventù che non si arrende e resiste a questa decadenza, saranno il 20% però ci sono, e finché ci sono bisogna combattere affinché la cultura non muoia. La cultura deve resistere perché la cultura è Verità»
A 200 anni dalla composizione dell’intramontabile capolavoro di Giacomo Leopardi, L’infinito (1819-2019), la Fondazione Monti Uniti di Foggia ha scelto come tematica per Colloquia 2019. Il festival delle idee proprio “La siepe e l’infinito”, con l’intento di «confrontarsi sul senso della barriera, sui limiti e sulle opportunità rappresentate dagli ostacoli». A novembre 2018 usciva invece “L’infinito”, il nuovo album di Roberto Vecchioni, allora come non creare un connubio tra le due cose e come non invitare il Maestro Vecchioni a Foggia per un concerto che ha aperto ieri sera al Teatro Giordano la tre giorni di Colloquia. Un album, quello di Vecchioni, dedicato alle tante persone che, come lui, «al destino hanno fatto maramao» - dice durante la conferenza stampa di apertura – ovvero la madre di Giulio Regeni, la giovane curda Ayse, Alex Zanardi e persino Papa Francesco, per 12 brani che è come se fossero un’unica canzone divisa in 12 momenti, per sottolineare l’unità d’ispirazione che caratterizza questo suo nuovo lavoro, nato dopo cinque anni di silenzio creativo. «Per questo – spiega il professore – mi serviva un esempio ‘impossibile’: Leopardi, che, al contrario di ciò che si pensa, era uno che la vita l’amava». Sulla musica italiana del momento commenta: «È vero che la musica dovrebbe avere il suo spazio, ma è pur vero che certa musica italiana è davvero brutta, non dice nulla: le parole non sono pensate, non offrono alcuno stimolo. La parola è importantissima: è lo specchio del pensiero. Il pensiero è complesso, è vario, pieno di sfumature e oggi purtroppo c’è una forte decadenza dell’uso della parola». L’attenzione del professore e cantautore di Carate Brianza si sposta quindi sull’uso e sulla forza della parola, nonché sulla considerazione della cultura nell’epoca odierna: «L’intellettuale attualmente è preso per un mendace. Oggi nessuno cerca più la verità, ciascuno cerca la ‘verità’ più comoda per sé. Questo è l’andazzo politico, ma non solo quello di oggi: è una lunga onda che viene da lontano. Ecco perché attualmente c’è un grande declino culturale: ho letto da studi dell’OCSE che oggi i ragazzi conoscono 600 parole (e neanche le usano tutte), una cosa davvero disastrosa. Non sono tutti così, c’è uno ‘zoccolo duro’: una gioventù che non si arrende e resiste a questa decadenza, saranno il 20% però ci sono, e finché ci sono bisogna combattere affinché la cultura non muoia. La cultura deve resistere perché la cultura è Verità».
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