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La popolazione sul piede di guerra

Serracapriola, a rischio chiusura il convento dei Cappuccini

Dalla Curia Provinciale è arrivata la decisione di porre l’antica struttura sotto la gestione del convento di Larino. Gli abitanti stanno portando avanti una raccolta firme per la revoca del provvedimento.

Serracapriola, a rischio chiusura il convento dei Cappuccini

La soluzione prevede che i Frati qui residenti andranno via, sostituiti da “frati esterni periodicamente inviati da altri paesi”. In parole povere, il Convento aprirà solo in alcune ricorrenze con conseguente cessazione di tutte le attività che vi si svolgono e che hanno bisogno, per loro natura, di presenze costanti. In parole poverissime, quasi terra terra direi, tutto ciò che riguarda il convento di Serracapriola sarà gestito da quello di Larino.

La notizia è rimbalzata ieri all’improvviso quando, sul web, è cominciato a circolare l’invito ad apporre una firma sulla petizione “Non uccidiamo il Convento di Serracapriola”. L’iniziativa è continuata (e continuerà tutto il tempo necessario), in paese dove i cittadini si stanno mobilitando per far sentire la propria voce presso chi ne ha la competenza. Dunque sembra che la Curia dei Frati Cappuccini della provincia di Sant’Angelo e P.Pio di Foggia abbia deciso che il nostro convento di Serracapriola venga assorbito da quello di Larino. La soluzione prevede che i Frati qui residenti andranno via, sostituiti da “frati esterni periodicamente inviati da altri paesi”. In parole povere, il Convento aprirà solo in alcune ricorrenze con conseguente cessazione di tutte le attività che vi si svolgono e che hanno bisogno, per loro natura, di presenze costanti. In parole poverissime, quasi terra terra direi, tutto ciò che riguarda il convento di Serracapriola sarà gestito da quello di Larino. Verrò subito al dunque dicendo che chi ha fatto questi conti li ha fatti senza l’oste, cioè senza di noi. Prima avete letto bene, ho scritto “il nostro convento” e non è stato un refuso perché, sapete com’è, oltre a stare lì a disposizione delle anime dal 1536, da circa vent’anni ci stiamo impegnando al massimo, soprattutto economicamente, per conservarne il decoro e renderlo meglio fruibile per tutti. E una popolazione di agricoltori che a stento sfiora i quattromila individui il denaro non lo raduna certo da terra con la scopa, come vediamo fare spesso in altre sedi, in quelle che “rientrano nel target della Provincia”. Senza contare il fatto che, se proprio dobbiamo attaccarci a una questione d’importanza, da che mondo è mondo più una tradizione è accreditata più prevale sulle altre ragioni, compresa la solita solfa dell’insufficienza di addetti ai lavori e dei costi di mantenimento. Il dato di fatto è che purtroppo per qualcuno tra Serracapriola e Larino non c’è storia. Intendo storia delle sedi conventuali, diversa da quella delle città. Il convento cappuccino di Serracapriola non è e non è mai stato un’anonimo ritiro di religiosi, da sempre svolge una funzione notevole di incontro e aggregazione anche tra comunità di cultura diversa. Non dimentichino padre Francesco Colacelli e i suoi consiglieri da dove viene la tradizione del pellegrinaggio a piedi che il 2 luglio di ogni anno parte dalla vicina Chieuti, paese arbëreshë, e raggiunge il convento di Serracapriola. Approfondiscano la storia degli eventi prodigiosi che riguardano l’acquisizione e la conservazione della Tavola di Francesco da Tolentino (1534) raffigurante Maria SS. Delle Grazie da parte della comunità cappuccina. E se proprio questo non basta, come non basta, a superare l’esame, tengano conto della storia attuale che vede l’afflusso di centinaia di pellegrini presso la tomba di padre Matteo da Agnone, potente esorcista di cui è in corso il processo di beatificazione, del legame di continuità con San Giovanni Rotondo per il fatto di essere stato sede degli studi teologici di San Pio da Pietrelcina, dell’arrivo di persone desiderose di condividere per periodi brevi o lunghi lo spirito comunitario francescano. E tutto questo, ci tengo a ricordarlo, viene mantenuto vivo dai fedeli a costo di grandi sacrifici. Privare un popolo, già penalizzato dalla perdita della propria Chiesa Madre di San Mercurio Martire, di un vero e proprio centro di vita religioso e culturale significa condannarlo all’estinzione. Sappiamo tutti come va a finire in questi casi, ne abbiamo già larga esperienza: alla chiusura dell’edificio, perché di questo si tratta in ultima analisi, non di una diversa gestione, segue sempre il “trasferimento” di reliquie, opere e oggetti preziosi altrove. Gli abitanti di Serracapriola e di Chieuti questa pillola non la ingoieranno, né intera né a dosi, e se proprio c’è necessità di un estremo rimedio facciamo così, che il convento di Larino diventi di competenza di Serracapriola poiché francamente non ci pare che abbia più carte da giocare rispetto a noi. 

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