IL MATTINO
Il caso giudiziario
27.01.2023 - 12:07
L'oncologo barese Giuseppe Rizzi condannato per truffa
La denuncia risale al 27 gennaio 2021. Il figlio del paziente, originario di Foggia, riferì che il medico si faceva corrispondere "900 euro in contanti per ogni iniezione praticata" e che complessivamente erano stati versati 127.600 euro. Il medico è stato condannato a 9 anni di reclusione. Ottavio Gaggiotti morì, purtroppo, a 68 anni per un tumore.
"Particolare spregiudicatezza dimostrata, indice di una personalità avulsa dalle regole di convivenze civile, priva del sentimento dell'umana pietà, oltre che di totale e sprezzante indifferenza rispetto alle particolari condizioni soggettive di sofferenza delle vittime le quali riponevano cieca fiducia nel medico". È quanto ha scritto il gup del tribunale di Bari, Francesco Vittorio Rinaldi, nelle motivazioni - di cui LaPresse ha preso visione - poste alla base della condanna a 9 anni di reclusione per il medico oncologo barese Giuseppe Rizzi e a 5 anni e 6 mesi di reclusione per l'avvocato Maria Antonietta Sancipriani, sua compagna, con le accuse di concussione aggravata e truffa aggravata ai danni di 13 pazienti, malati oncologici. Gli imputati sono stati giudicati con rito abbreviato. Per il medico, posto ai domiciliari a maggio 2021, la procura aveva chiesto la condanna a 10 anni, mentre per l'avvocato, rimasta a piede libero, aveva invocato 4 anni."Gli elementi raccolti consentono di ritenere integrato l'abuso costrittivo, sotto il profilo dell'abuso della qualità di medio oncologo, oltre che sotto il profilo oggettivo, posto in essere attraverso la strumentalizzazione dei poteri a lui conferiti dalla legge, nel senso che sono stati esercitati in modo distorto e cioè attraverso il pagamento di somme di denaro non dovute", si legge nelle motivazioni depositate nelle ultime ore. "Quando all'abuso, è emerso che Zizzi si è presentato alle vittime quale unico medico in grado di praticare terapie sperimentale con effetto salvifico", ha sottolineato il gup dopo aver ricordato che l'indagine è nata dall'esposto denuncia, presentato il 18 dicembre 2020, dal direttore generale dell'Istituto tumori Giovanni Paolo II di Bari a seguito della richiesta dei legali dei familiari di un paziente deceduto a 68 anni per un cancro allo stomaco, originario della provincia di Foggia, per la restituzione di somme pari 127.600 euro. Denaro corrisposto al medico, all'epoca dipendente della struttura che poi lo ha licenziato, per le cure e i farmaci. Il figlio del paziente ha presentato denuncia il 27 gennaio 2021, riferendo che il medico si faceva corrispondere "900 euro in contanti per ogni iniezione praticata". Il paziente - ha sottolineato il gup - "aveva manifestato le sue difficoltà economiche" ed era "stato posto a un aut-aut: continuare le costose cure, prospettate come salvavita, corrispondendo a Rizzi cospicue somme o andare incontro alla morte". Quanto a Maria Antonietta Sancipriani, "è emerso il contributo avendo posto a disposizione il proprio studio professionale per la somministrazione delle terapie, oltre che la propria utenza cellulare per i contatti, almeno dal mese di febbraio 2019". "Ulteriore riscontro agli elementi raccolti nel corso delle indagini, è costituito dagli esiti delle perquisizioni effettuate, essendo state rinvenute nell'abitazione di Rizzi numerosissime banconote in contanti, per quasi 2 milioni di euro, all'intero di buste di carta con l'indicazione di nomi di pazienti, cifre e indicazioni sui cicli di terapia", ha ricordato il gup. Il giudice, infine, non ha ravvisato "elementi che possano essere valutati ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche agli imputati".
"Siamo soddisfatti per la sentenza che rende giustizia a una famiglia affranta e ormai ridotta sul lastrico da chi avrebbe dovuto curare il povero Ottavio", dice l'avvocato Pio Gaudiano che ha rappresentato in giudizio i familiari di Ottavio Gaggiotti. "Sia che io, che gli avvocati Francesca e Alessandro D'Isidoro abbiamo sin da subito riposto fiducia nel lavoro di carabinieri e magistratura", prosegue. "Il riconoscimento della piena attendibilità delle parole dei denuncianti e in modo particolare del figlio, accende finalmente una luce nel buio clamoroso di questa storia", conclude
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