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Il caso

La "Mafia dei pascoli" e la vittoria di un uomo perbene, Antoci, che ha molto da insegnare anche in Puglia

L’inchiesta è partita dalla denuncia di un uomo coraggioso, l’ex presidente del parco dei Nebrodi, l’attuale presidente della Fondazione Caponnetto,  Giuseppe Antoci, sfuggito miracolosamente ad un agguato nel 2016

La "Mafia dei pascoli" e la vittoria di un uomo perbene, Antoci, che ha molto da insegnare anche in Puglia

Giuseppe Antoci

Episodi analoghi sono successi anche in Puglia dove recentemente è stata scoperta una truffa milionaria da parte di soggetti organizzati che non hanno nulla a che vedere con gli imprenditori agricoli o con la coltivazione della terra, e che vestiti con l’abito buono e grazie a funzionari e professionisti infedeli hanno messo in piedi una truffa milionaria ai danni della UE.  “ Che le mafie vengano finanziate da fondi pubblici è una offesa non a me ma a chi non c'è più. Ecco, ieri è stato un momento di normalità” conclude Antoci.

Scacco matto alla ‘Mafia dei pascoli’ che aveva messo le mani sul tesoretto dei fondi comunitari riservati all’agricoltura. E’ notte fonda quando in un’aula affollatissima del Tribunale di Patti nel Messinese viene letta la sentenza di condanna in primo grado che ha inflitto condanne pari a 600 anni di carcere a 91 imputati e confiscato beni ad aziende e società per un valore di 4 milioni di euro.  La mafia dei Nebrodi che opera in provincia di Messina oltre a controllare i terreni agricoli e i pascoli della zona,  grazie alla complicità di menti raffinate e con l’aiuto di colletti grigi infedeli avrebbe messo a segno una truffa milionaria ai danni della Ue. Un maxiprocesso molto complicato e celebrato in tempi rapidi con 101 imputati, scaturito dall'Operazione "Nebrodi" che ha sgominato i clan della fascia tirrenica del messinese, quello dei Batanesi e quello dei Bontempo Scavo. I giudici del tribunale hanno impiegato circa una settimana per decidere le condanne e 35 minuti per leggere il dispositivo della sentenza.

La Dda di Messina che ha condotto le indagini in realtà ha impiegato poco meno di 20 mesi per ricostruire l'organigramma dei clan svelando la complicità di prestanomi e insospettabili professionisti che mettevano in piedi le pratiche milionarie del tutto truffaldine. “ La mafia dei pascoli non c'è più”, hanno dichiarato i magistrati, sostituita da un’organizzazione imprenditoriale sofisticata e coadiuvata da menti esperte capaci di sfruttare le potenzialità dei fondi che l’Unione Europea eroga per sostenere le imprese agricole, per manutentare i territori e per il benessere animale. Il gruppo , organizzato su base familiare con forti legami con Cosa nostra palermitana e catanese ha continuato a usare i vecchi metodi delle violenze ed intimidazioni ai danni dei proprietari dei terreni col il fine di accaparrarsi le terre e con esse i titoli di proprietà dei fondi per accedere ai fondi comunitari. Nell’ambito delle indagini gli inquirenti hanno scoperto che il denaro illecito transitava spesso su conti esteri per poi "rientrare in Italia, attraverso complesse e vorticose movimentazioni economiche, finalizzate a farne perdere le tracce". I clan grazie all'aiuto di professionisti puntavano all'accaparramento di utili, infiltrandosi in settori strategici dell'economia legale e secondo il gip "depredandolo di ingentissime risorse”. Un’ economia del tutto illegale che depredava le aziende, le impoveriva nella loro produzione e creava concorrenza sleale verso le altre imprese in un terra ricca, operosa i cui prodotti sono noti in tutti i mercati internazionali. I gruppi che  operavano  grazie all’aiuto di un notaio e di funzionari infedeli dei Centri Commerciali Agricoli nei quali si istruiscono le pratiche per l'accesso ai contributi europei, hanno incassato fiumi di denaro ai danni dell’Agea, l’ente che eroga i fondi comunitari in Italia. 

L’inchiesta è partita dalla denuncia di un uomo coraggioso, l’ex presidente del parco dei Nebrodi, l’attuale presidente della Fondazione Caponnetto,  Giuseppe Antoci, sfuggito miracolosamente ad un agguato nel 2016. Fu lui a denunciare il rischio che i clan potessero mettere le mani sui fondi comunitari e il pericolo di impoverimento del tessuto produttivo della sua splendida terra. Era in aula alla lettura della sentenza, la stessa persona che aveva messo in piedi il “ Protocollo Antoci”, che aveva subìto una campagna di stampa denigratoria contro il suo operato e la sua famiglia e che ora poteva finalmente vedere realizzate le sue convinzioni. Circondato dai suoi angeli custodi con i quali condivide la sua vita dall’indomani del suo attentato era troppo commosso per godersi quegli istanti: ”E’ un momento importante , ha dichiarato con le lacrime agli occhi “ Abbiamo fatto quello che andava fatto, abbiamo superato il silenzio e abbiamo fatto capire che i fondi europei dovevano andare solo alle persone per bene e non ai capimafia”.  E ha aggiunto: ”Considero la serata di ieri un tassello, una vicenda che andrà avanti. Penso all'applicazione della norma del protocollo che si sta dimostrando devastante per le associazioni mafiose. E' un percorso che va portato avanti con il supporto agli agricoltori". E un pensiero a coloro che hanno subito vessazioni e violenze e privati dei loro beni: "Tutto questo nasce per difendere gli agricoltori. Chi poteva pensare che ci fosse dietro la mafia? Penso al giudice che scrive in una sentenza 'un territorio di anime morte', è umiliante. Loro si sentivano soli, allora il senso è questo. Ancora non abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare. Non solo nei Nebrodi, ma in tutto il paese e in Europa. perché le truffe all'Ue sono in molte parti d'Europa. Parliamo di miliardi di euro” Antoci conosce bene il mondo agricolo e il flusso di denaro che rischia ddi prendere altre strade non solo in Sicilia ma in tante regioni italiane e le triangolazioni estere che prendono i flussi per poi tornare in Italia.  Stanno per giungere a sentenza alcune inchieste che stanno riguardando simili schemi fraudolenti per ingannare l’Europa prima che l’organismo di controllo chieda  la restituzione delle somme erogate indebitamente tramite Agea.

Episodi analoghi sono successi anche in Puglia dove recentemente è stata scoperta una truffa milionaria da parte di soggetti organizzati che non hanno nulla a che vedere con gli imprenditori agricoli o con la coltivazione della terra, e che vestiti con l’abito buono e grazie a funzionari e professionisti infedeli hanno messo in piedi una truffa milionaria ai danni della UE.  “ Che le mafie vengano finanziate da fondi pubblici è una offesa non a me ma a chi non c'è più. Ecco, ieri è stato un momento di normalità” conclude Antoci.

Tutte soddisfatte le Associazioni e gli enti che hanno subito le truffe, costituitesi parte Civile nel processo: l'assessorato regionale Territorio ambiente, le associazioni Addiopizzo e Sos imprese, il Parco dei Nebrodi, il centro studio Pio Lo Torre, l'Agea, il Comune di Tortorici. Tanti gli attestati di stima per l’impegno di Giuseppe Antoci che in questi anni si è speso per spiegare la Mafia dei Pascoli e il ripristino della legalità.  Dall’ex parlamentare antimafia Giuseppe Lumia, autore di numerose norme inserite nel codice Antimafia che sul suo profilo Facebook scrive: “ Penso a Beppe, alla sua famiglia, ai ragazzi della sua scorta, agli investigatori che hanno dato l’anima e messo in gioco tutto per denunciare la mafia, e accompagnare gli amministratori e gli operatori economici nel cammino di riscatto e di emancipazione”. Soddisfazione espressa anche dall’associazione Libera di Don Luigi Ciotti che si è costituita parte civile: “ la sentenza ha confermato per buona parte l’impianto accusatorio. Va dato merito al lavoro della procura e del Tribunale che hanno condotto un processo in tempi brevi. Il modello mafioso cambia, si adatta e lo stato ha puntualmente risposto e non resta indietro. Ma ciascuno deve fare la propria parte”. 

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