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L'intervista

Da Marongiu la lezione sulla Sardegna che vale per la Puglia: entrambe si giocano il titolo delle Regioni più attrattive d'Italia

Un'indagine di "Marketing01", tra i migliori 30 Google Premier Partner del mondo, assegna alle due regioni del Sud la capacità di essere, alla pari, turisticamente le più attrattive con una crescita del 23% a settimana

Da Marongiu la lezione sulla Sardegna che vale per la Puglia: entrambe si giocano il titolo delle Regioni più attrattive d'Italia

Paolo Ignazio Marongiu

Ma come è cambiata la Sardegna in questi anni? E questo cambiamento cosa ha da insegnare alla Puglia? Soprattutto: quanto giova l'innovazione tecnologica nell'accrescere questo appeal? Lorenzo Guidantoni lo ha chiesto (per "I fatti capitali") a Ignazio Paolo Marongiu, sardo d.o.c., pioniere della comunicazione "espansiva", tra gli influencer più accreditati del web

Paolo Ignazio Marongiu, (Twitter @PaoloIgna1) una vita spesa tra il mondo della comunicazione, l’editoria e l’innovazione. Pioniere social, curioso del mondo e orgogliosamente sardo.

Caro Paolo, forse non tutti sanno che ho avuto il privilegio di leggere le numerose esperienze professionali che ti hanno coinvolto. Sono stato colpito dalla lunga serie di impegni profusi per la tua terra d’origine. Partiamo da qui: quanto è cambiata la Sardegna nel corso degli anni, dalla cementificazione selvaggia all’arrivo del turismo di massa?

Grazie Lorenzo per l’attenzione. Per rispondere a questa domanda ci vorrebbe qualche anno! E’ cambiato tanto e ripenso a quando avevo tre anni e con una seicento  vinta al totocalcio la mia famiglia si mise in viaggio verso la Costa Smeralda. Allora c’erano solo le prime vestigia, il neonato  hotel cala di Volpe  la mitica casa  di Bettina icona di Givenchy e fresca “vedova”di Ali khan padre dell’Aga Khan Karim immersi ancora in una natura gallurese priva di costruzioni e ricca di bellezza naturale.

In quel momento noi non lo sapevamo ma la Sardegna cambiava per sempre.
Prima con il modello d’elite e poi con il turismo di massa che avrebbe cambiato definitivamente le nostre coste prima neglette a causa della malaria. Gli anni 60 e ancor di più quelli ’70 portarono alla cementificazione delle coste a volte in maniera  almeno architettonicamente piacevole altre  volte (troppe)  in maniera brutale. Un modello turistico fatto di seconde case, villaggi e insediamenti  alberghieri stratificati in maniera non armonica che segna il paesaggio ancora oggi. Per trovare la Sardegna più antica bisogna uscire  dagli itinerari più tracciati e  che io ho ancora potuto godere per tutta la mia infanzia.

Il modello turistico ha poi avuto una mutazione dal  2000 in poi.
In coincidenza con il Giubileo di quell’anno, nasce in Italia l’ospitalità diffusa e si afferma un nuovo tipo di turismo urbano e rurale favorito  dalla crescita dei voli low cost. Di questo mutamento sono stato anche protagonista attivo come fondatore di una delle prime associazioni di Bed and Breakfast  di qualità e come animatore territoriale per lo sviluppo dell’Albergo Diffuso nella formula proposta da Giancarlo Dall’Ara. Questo tipo di turismo ha trasformato prima Alghero e poi Cagliari e altri centri urbani in nuovi hub turistici cambiandone le caratteristiche con risultati positivi e negativi.

A una maggiore vivacità dell’ambiente urbano e all’accrescimento delle attività di intrattenimento  si e è abbinata uno svuotamento dei residenti  e delle attività commerciali e artigianali nei centri storici.
Ora la debolezza di questo fenomeno  è più evidente.  nella crisi dovuta alla pandemia. Un modello vincente si è dimostrato quello legato alla cultura e alle zone di costa e interne che hanno saputo cogliere i cambiamenti del mercato puntando più sulla qualità del turista che sul numero creando alcuni piccoli modelli di successo. Ne cito tre per tutti Cabras, Barumini e SantuLussurgiu .

L'URGENZA DI TRASMETTERE LA CULTURA DELL'INNOVAZIONE

Caro Paolo, collabori alla rivista digitalic.it, magazine che si occupa del mondo dell’innovazione, con l’obiettivo di far capire la centralità delle tecnologie digitali e delle persone che le producono. Quali sono le maggiori difficoltà nella divulgazione di un settore spesso sconosciuto dal grande pubblico, tanto nelle sue dinamiche, quanto nel vocabolario utilizzato?

Da qualche anno con Digitalic collaboro su twitter per i live tweeting di  eventi che hanno l’ambizione di rendere più “palatabili” alle imprese italiane e al grande pubblico argomenti  che riguardono la tecnologia e l’innovazione applicata.

Le difficoltà sono date dalla natura degli argomenti che sono oggettivamente difficili da semplificare e dalla scarsa cultura in Italia riguardo ai temi dell’innovazione e della tecnologia non solo nel grande pubblico ma anche in un certo numero di Pmi.
Per questo sia i webinar sia i miei commenti cercano di rendere “sexy” argomenti  complessi  ma strategici per far crescere platea di persone che  possano comprendere che  Ai, IoT  e BigData, non sono termini  astrusi ma sono parte integrante della loro vita già ora, nella scuola, al lavoro, nei social, e  nel tempo libero.
 

C’è la necessità che il maggior numero di persone possibili  li comprenda in maniera “semplice”  per utilizzarli in maniera consapevole. E’ impossibile ignorare questi argomenti eppure non c’è che una flebile traccia nel dibattito pubblico del post lockdown, e non quando sono citati  n modo distorto come nel recente caso delle dichiarazioni del Sindaco di Milano Sala. Eppure se il Paese è rimasto in piedi in tutti gli ambiti è stato per merito del digitale che deve diventare un asset strategico di questo Paese se vuole esistere e competere sui mercati mondiali in questo periodo che sarà disseminato di incertezze.

La tua presenza nel mondo di Twitter e nella promozione degli articoli è ben nota a chi frequenta assiduamente il social.  Sei positivamente colpito dalla novità dei Fleet?

Divido la risposta in due parti: dal punto della piattaforma posso capire l’esigenza di catturare e fidelizzare un pubblico oramai abituato a usare la stories  in ogni social. Salvo esigenze professionali che dovessero sopravvenire, non ne farò uso.

Per me twitter è interazione immediata, colloquio con un persone di ogni credo ed opinione con cui interagisco in ogni continente, incoraggiamento attraverso il retweet di  voci importanti  ma trascurate che hanno bisogno di maggiore visibilità per farsi ascoltare.

Una unicità che dovrebbe essere meglio  valorizzata  e che permette rispetto a tutti gli altri social di costruire rapporti di amicizia e  di lavoro in altri modi impossibili. Purtroppo questo ora è reso più difficile dall’evoluzione recente di twitter, che rimane però insostituibile per misurare in pochi istanti il sentiment del momento  e tutte le informazioni utili per capire come va il mondo.

E riguardo la conferma dell’avvenuta lettura di un articolo prima del Retweet?

Questo è scuramente una cosa positiva, che permette di misurare  l’interesse per un articolo o un materiale prodotto con grande passione.

L’intervista capitale di solito si conclude con un gioco. Hai 5 minuti di “pieni poteri”: come li utilizzi?

Devo dire che essendo allergico all’idea dei Pieni Poteri mi viene un po’ in salita una risposta!  Visto che è un gioco, mi piacerebbe utilizzarli per diffondere il dono dell’autoironia e della leggerezza. Io lo faccio spesso, mi aiuta a non prendermi troppo sul serio e capire meglio gli altri, con più rispetto e tolleranza. Viviamo tempi molto difficili per i noti problemi, credo che l’autoironia sarebbe un punto di partenza per ridarci una dimensione più colorata e libera da tensioni.

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