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Preghiere in rima

Genova nel cuore, l'esortazione accorata di un poeta: Franco Arminio

Nel giorno del lutto nazionale, il paesologo di Bisaccia, conosciuto ed apprezzato in tutta Italia per i suoi componimenti che cantano e narrano di valori viscerali, pubblica due poesie dedicate alla tragedia del ponte Morandi: sul "Corriere" e su "Il Fatto Quotidiano"

Genova nel cuore, l'esortazione accorata di un poeta: Franco Arminio

Evidente, in "Fermiamoci", la denuncia civile contro chi ha «avuto in regalo/contratti segreti e rapinosi» e la richiesta «ai colpevoli di farsi avanti». Accorata, poi, contro «la peste del guadagno», l'esortazione all'Italia; ad «un popolo che non si fa distrarre/ che non si divide/ in fazioni,/ un popolo che si fa famiglia/ non si sposterà dalle sue lacrime».

Questo il testo delle due poesie pubblicate oggi su "Il Fatto Quotidiano" e sul "Corriere della Sera)

FERMIAMOCI

Fermiamoci su Genova.

Fermiamo la ruota che porta

via gli eventi.

Conosciamo i nomi dei morti,

chiediamo ai colpevoli di farsi avanti,

vadano in televisione a scusarsi,

a riconoscere

che hanno avuto in regalo

contratti segreti e rapinosi,

dicano di rinunciare ai soldi,

si convincano a pagare quel che devono

e andare via.

Fermiamoci qui,

non lasciamo questa storia

in mano alla magistratura,

al Parlamento,

chiediamo che diano conto

direttamente a noi,

formiamo improvvisamente

un popolo attento,

un popolo che non si fa distrarre,

che non si divide

in fazioni,

un popolo che si fa famiglia

e non si sposterà dalle sue lacrime

e dalla sua rabbia

fino a quando i colpevoli

non daranno un cenno di umanità:

chiediamo a chi ha concesso

un contratto capestro

di chiedere scusa agli italiani

e di non candidarsi mai più

a nessun governo,

chiediamo ai governanti di adesso

di non replicare le pagliacciate

che conosciamo da anni.

Fermiamoci su Genova,

quella è una scena da vecchio testamento,

non può finire in un  balletto di carte

e fatui giochi di politicanti.

Fermiamoci, non c’è nessun motivo

per passare ad altro, la peste del guadagno

ora è chiarissima,

dobbiamo estirparla tutti assieme,

tutti quanti.

****

L’IMBUTO DI  CEMENTO

Lo sterno schiacciato,

la bocca piena di polvere.

Una mattina buia,

il filo del tempo

spezzato, il sangue

sullo sterzo,

la pioggia che entra

nell’orecchio.

Squilla il tuo telefono,

ti sta cercando tua madre,

ma non puoi rispondere,

tu non puoi sentire l’ultimo

tuono

del giorno

e le nostre parole, le sirene

la ruspa,

il ronzio dei vivi.

Non ti conoscevo,

ma ti penso e ti ripenso

in quell’imbuto

di cemento

senza Dio e senza vento.

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