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06.04.2025 - 19:37
Matteo Salvini
Risponde così alla richiesta, quasi corale, espressa ieri dai 'suoi' perché torni a fare il ministro dell'Interno. E' ormai caduto lo stigma dell'accusa di sequestro di persona grazie all'assoluzione al processo di Palermo. E Piantedosi - fanno intendere i leghisti - potrebbe lasciare l'incarico al Viminale e correre per la presidenza della Campania alle prossime regionali. Ma i fan del ricambio finiscono qui. Fuori dalla fortezza fiorentina, tra gli alleati di governo, la proposta viene vista come un rimpasto ad personam né necessario né voluto. E nemmeno semplice in questo momento. Traccia ne è il gelo assoluto dai vertici del governo, a partire dalla premier stessa che dedica all'alleato meno di 5 minuti di videomessaggio e nessun accenno alla proposta ribadita ieri. Nessun'altra reazione, tranne i commenti quasi identici del forzista Raffaele Nevi e di Marco Osnato di Fratelli d'Italia. "Ognuno è libero di chiedere ciò che vuole - osserva Nevi - Ma per noi il governo va bene come è attualmente senza cambiamenti". Stesso concetto di Osnato che si aggancia a quanto detto dal governatore leghista Fedriga su Piantedosi che "sta lavorando molto bene". Salvini però non rinuncia alla rivalità e a mo' di arringa interna, dice: "Siamo i secondi della coalizione, vogliamo tornare primi". Ma è soprattutto sull'opa al Viminale che il 'capitano' osa di più. Inizialmente la prende da lontano. Parlando per un'ora dal palco, dopo le questioni di partito, passa alla politica nazionale ed elogia Matteo Piantedosi: "E' un amico, è un ottimo ministro, persona di fiducia di parola". Ma dietro al "dovere" di ascoltare il suo partito, c'è altro. Così ne approfitta e azzarda: "Con serenità parlerò sia con Matteo che con Giorgia Meloni". Piovono applausi in sala. Il vicepremier riprende la parola e passa a uno stile più rituale: "Io sono a disposizione dell'Italia e della Lega, senza avere smanie". Lo ripete più volte interrotto dai cori "Matteo, Matteo" e da qualche leghista in piedi, tra cui i capigruppo Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, ieri portavoci dell'appello
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