IL MATTINO
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03.02.2025 - 10:56
In Italia, il Partito Comunista Italiano, fondato nel 1921, aveva rappresentato per decenni una delle principali forze politiche del paese. Durante gli anni '70 e '80, il PCI era riuscito a radicarsi profondamente nel tessuto sociale italiano, soprattutto nelle regioni del centro e sud, diventando un punto di riferimento per milioni di lavoratori e per le forze progressiste. Nonostante l'opposizione al governo e l'allontanamento dai partiti di centro-destra, il PCI aveva mantenuto una linea di contrasto al capitalismo, a cui si aggiungeva una visione critica nei confronti delle dinamiche internazionali della Guerra Fredda. Tuttavia, negli ultimi anni '80, le tensioni interne al PCI e la crescente influenza dei movimenti europei a favore di una via socialista più moderata e dialogante avevano iniziato a far vacillare il tradizionale orientamento comunista del partito. La fine del blocco sovietico, l'inizio di un processo di avvicinamento tra Occidente e Oriente e la rinnovata riflessione sul futuro del socialismo europeo erano segnali che un cambiamento era necessario. L’ultimo congresso del PCI si svolse dal 31 gennaio al 3 febbraio 1991 a Rimini e sancì l’affermazione della mozione di Achille Occhetto, Massimo D’Alema, Giorgio Napolitano, Walter Veltroni e Piero Fassino, e dunque lo scioglimento del PCI e la nascita del Partito Democratico della Sinistra. Con 807 voti favorevoli, 75 contrari e 49 astenuti, il Partito Comunista italiano, fondato il 21 gennaio 1921, decreta la propria fine. Non tutti, però, saranno d’accordo e al Congresso saranno presentate altre due mozioni: la mozione “Per un moderno partito antagonista e riformatore” proposta, tra gli altri, da Antonio Bassolino, Alberto Asor Rosa e Mario Tronti e quella della “Rifondazione comunista” sottoscritta, tra gli altri, da Pietro Ingrao, Lucio Magri, Alessandro Natta, Armando Cossutta e Luciana Castellina
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