IL MATTINO
il caso
06.08.2024 - 12:57
"Quello che sta accadendo nelle nostre carceri è un cancro che divora dall'interno il sistema penitenziario e la società tutta", afferma il Segretario Generale. "Abbiamo assistito a una correlazione inquietante tra i traffici di droga, l'uso di tecnologie come i droni per l'introduzione di sostanze, e le rivolte carcerarie. Non sono più casi isolati, ma un sistema ben oliato che sfrutta ogni debolezza per proliferare." Il Segretario sottolinea come i recenti episodi di Viterbo e Velletri non siano che la punta dell'iceberg di un fenomeno molto più vasto e radicato. "Le rivendicazioni dei detenuti, spesso, non sono altro che cortine fumogene per nascondere il vero problema: il traffico di droga interno alle carceri. Quando vengono effettuati sequestri importanti, si innescano meccanismi perversi. I detenuti, che hanno già pagato in anticipo per la droga, si ritrovano senza sostanze e senza denaro, generando conflitti e violenze." La situazione è resa ancora più critica dalla mancanza di strumenti adeguati per la Polizia Penitenziaria. "I nostri agenti sono in prima linea, ma combattono una guerra impari," continua il Segretario. "A differenza delle altre forze dell'ordine, non abbiamo un servizio antidroga dedicato, né riceviamo una formazione specifica per affrontare questa emergenza. Siamo disarmati, non solo fisicamente, ma anche sul piano conoscitivo e operativo." Ma le conseguenze di questo fenomeno vanno ben oltre le mura carcerarie. "Chi entra in carcere pulito rischia di uscirne tossicodipendente," avverte il Segretario. "E chi già lo era, si trova esposto a pratiche ancora più pericolose. Fuori, un tossicodipendente tende a utilizzare una singola sostanza. Dentro, la situazione cambia radicalmente. Si passa da una sostanza all'altra in base alla disponibilità del momento, esponendo il corpo a sbalzi devastanti e aumentando esponenzialmente il rischio di overdose." Il risultato è un circolo vizioso che mina alle fondamenta il concetto stesso di riabilitazione. "Quando questi detenuti tornano in libertà, si ritrovano non solo con una dipendenza da gestire, ma anche con debiti da saldare. Il risultato? Una ricaduta immediata nella criminalità, furti e rapine per procurarsi la dose o ripagare i debiti contratti in carcere." L'OSAPP lancia quindi un appello urgente alle istituzioni: "È necessario un intervento immediato e strutturale. Servono risorse, formazione specializzata per gli agenti, e un ripensamento completo delle politiche di gestione della tossicodipendenza in carcere. Non possiamo più permetterci di ignorare questa emergenza. Ogni giorno di ritardo significa vite rovinate e un tessuto sociale sempre più lacerato." Le carceri non possono e non devono essere incubatrici di dipendenza e criminalità. È tempo di agire, prima che sia troppo tardi.
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