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Racconto

Questa notte hanno bussato alla mia porta, cronaca di un nottata infernale

Questa notte hanno bussato  alla mia porta, cronaca di un nottata infernale

All'una e trentotto di lunedì 8 luglio sento bussare, pesantemente, sull'uscio di casa, cerco di ignorarlo e mi sforzo di riprendere sonno.
Non accadrà.
All'alba cerco di aprire la porta, ma la chiave non gira nella toppa, e così capisco anche che qualcuno ha forzato la serratura.
Non vivo nel cuore di una qualunque città metropolitana, ma in un borgo di poche anime che si conoscono tra di loro, e vivo al centro di questo borgo, non isolata, ma insieme ad altre famiglie che come me a una certa ora, non troppo tarda, vanno a dormire, anche perché molti sono turnisti e lavorano in quella grande fabbrica che è il turismo.
Un breve giro a metà mattina per il borgo e scopro che c’è una banda che sta mettendo a ferro e fuoco la zona con visite notturne.
La modalità è proprio quella di bussare alla porta per accertarsi che in casa non ci sia nessuno, per poi intrufolarsi indisturbati, alla ricerca dell'argent de poche necessario per acquistare stupefacenti.
E qui si spalancano le porte di un mondo, che non è quello nel quale ho vissuto da adolescente, quando la meglio gioventù moriva di overdose, o a causa di una vita totalmente dedita alle sostanze psicotrope, mentre si trasformavano in reietti evitati da i più come la peste, e se erano più fortunati, vedi ricchi, venivano recuperati in strutture come San Pa, e avevano così la possibilità di essere irreggimentati e inglobati nella società, oltre ad evitare morti, talvolta brutali, perché poi qualcuno era anche ucciso o bruciato vivo.
E benché questo periodo sia ampiamente documentato, e oggi siano molto più che chiari i danni che sostanze sempre più orientate alla prestazione fisica e mentale creino, in chi ne diventa dipendente, non c’è verso di arginare questo fenomeno, che è in crescita costante e che d’estate ha le sue impennate. L'avvio di un numero di persone nuove nella spirale autodistruttiva e anche il cambiamento di sostanza (cioè d’estate è più facile che si passi da sostanze più leggere a quelle più forti con un incremento del mercato e l’apertura di nuovi mercati e di prodotti) consentono di mantenere stabili i guadagni anche d'inverno, senza che vi siano flessioni.
E poiché le vacanze sono ormai sempre più concepite non come un momento altro da vivere lontano delle abitudini quotidiane, ma proprio come la ripetizione della stessa vita di sempre, vizi compresi, diventa evidente come anche il mercato degli stupefacenti segua il trend, e si mostri vicino e attento ai gusti e ai desiderata dei suoi sempre più numerosi clienti.
Perché oggi si drogano in moltissimi, all'interno di schemi di vita ordinari, nel senso che non esiste più lo stigma sociale, e nemmeno esiste più quel minimo d’intelligenza intuitiva che ti evitava di fare sciocchezze, perché lo stillicidio/ suicidio quotidiano di chi si drogava ce lo avevi davanti agli occhi, e di certo non potevi immaginare di perdere denti, freni inibitori, identità e vita per passare il tuo tempo a sedare il corpo, e a coprire tutta la miriade di buchi che le droghe procurano.
E poi con il caldo, e la pressione che sale a prescindere, chi voleva diventare un boiler?
Tutto questo dovrebbe scoraggiare e fare riflettere e invece no, perché le droghe acuiscono i sensi e danno la capacità di abitare mondi altri, e quindi almeno all'inizio sono piacevoli, peccato che questo effetto duri pochissimo e che poi si diventi dei robot, in balia di spacciatori e di Sert, mentre il territorio viene militarizzato, e la gente viene ammutolita anche attraverso le rapine.
La globalizzazione stessa ha reso ogni borgo ideale piazza di spaccio. È assolutamente illusorio credere che tutto questo possa essere debellato. Le sostanze psicotrope hanno accompagnato l'umanità dalla notte dei tempi, ma esiste comunque un modo di stare al mondo, o meglio abbiamo implementato lo Stato di diritto pure per evitare che qualcuno si svegli la mattina e danneggi gli altri, attraverso la creazione di questi mercati/paradisi artificiali. È mai possibile che tutto debba andare alla malora, perché c’è chi si gira dall’altra parte, come se la cosa non lo toccasse o ancora peggio per paura di peggiori rappresaglie?
È una domanda da un milione di dollari, assolutamente retorica, ma è anche assurdo che il singolo cittadino debba fare da paladino dei diritti di una comunità totalmente assente, perché il problema è sociale, come lo è sempre stato, e ci si deve armare di carta e penna, quello che sto facendo, per aprire un varco, non per incrementare azioni da stato di polizia, ma per fare recuperare il senso di una comunità.
E se fosse arruolato uno dei vostri cari, non è scritto da nessuna parte che non debba o non possa accadere, perché il problema non è quello di essere svegliati nel pieno della notte, ma di essere costretti a vivere in mezzo a degli zombi, e non vi bastano già tutti quelli che ci sono, o pensate davvero che vi salverà lo smartphone quando busseranno alla vostra di porta?
Da quando questo libro "Christiane F. – noi i ragazzi dello zoo di Berlino", è stato pubblicato nel ‘78 non è cambiato nulla, poi se sia reale o se sia frutto di un lavoro editoriale poco conta.
Chi ha visto la gente morire sa che funziona così e per questo è bene citarlo, ma soprattutto sarebbe bene reagire e prendere posizione, altrimenti il borgo ridente e sereno si trasformerà in uno zoo, senza futuro.

«Andammo in un locale che era già aperto della stazione della metropolitana, fermata Zoo, il Bahnhof Zoo. Mi colpì subito lo squallore. Era la prima volta che ero al Bahnhof Zoo. Era una stazione enormemente squallida. C’erano barboni buttati nel loro vomito e ubriachi dappertutto.
Che ne sapevo che entro un paio di mesi avrei passato qui tutti i pomeriggi?”
“In effetti non sentivo più l’esigenza di raccontare di me a mia madre.”
“L’eroina entrò come una bomba”
“Senza droghe il Sound era squallido. Non succedeva più niente. Fino a quella mattina in cui andai alla metropolitana e vidi che dovunque si stavano attaccando dei manifesti. Erano manifesti pazzescamente pop. Sopra c’era scritto: David Bowie viene a Berlino. – Non riuscivo a capacitarmi. David Bowie era il nostro idolo solitario, il più stupendo di tutti. La sua musica era la migliore. Tutti volevano assomigliare a lui. E finalmente veniva a Berlino.”
“Quando David Bowie cominciò era tutto eccitante quasi come me lo ero immaginato. Era pazzesco. Ma quando arrivò al pezzo -It is too late -, è troppo tardi, andai giù di un colpo.”
“Non avevo progetti, ma solo sogni.”
“Senza rifletterci sopra gran che mi ero già scissa in due persone radicalmente diverse. Scrivevo lettere a me stessa. Christiane scriveva lettere a Vera. Vera è il mio secondo nome. Christiane era la quattordicenne che voleva andare dalla nonna, in qualche modo era la buona; Vera era la bucomane. E le due litigavano ore per lettera.”
“Quando fui di nuovo fuori dalla macchina mi calmai completamente. Feci una specie di bilancio: questo è il tuo secondo uomo. Hai quattordici anni. Meno di quattro settimane fa sei stata sverginata. E adesso vai a battere.”
“Tutto è ormai proprio senza via d’uscita.” »

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