IL MATTINO
Libri
13.05.2024 - 16:43
Vincenzo Gambardella è un autore prolifico, uno che scrive e pubblica libri con sistematica semplicità, attraversando tutti i generi letterari, quelli nobili, nel senso che è uno scrittore autentico e non uno scrittore di plot, con un genere che gli fa sempre da filo conduttore, che poi più che un genere è l'essenza stessa della parola ed è il discorso poetico.
E così anche la sua ultimate fatica letteraria “Dai margini”, Ensemble editore, Officina Saggistica, è tenuta in piedi dal filo stretto e sottile di quella poesia con cui si cimentò da subito, quando capì che scrivere era il suo modo di stare al mondo, e poi ci sono in questa fatica letteraria il Nord e il Sud, il suo essere italiano nella maniera più completa e nobile, senza differenziazioni geografiche, linguistiche, comportamentali
Nato in Costiera e trasferitosi a Milano, ha frequentato l'Accademia di Brera per approdare all'insegnamento proprio a Milano, porta questa sua identità integra tra le pagine del libro, a partire dalla foto di copertina che richiama al tram, il mezzo più metropolitano e utile per gli incessanti viaggi on- the road cui siamo tutti sottoposti, e che ci permette di evadere e di entrare in contatto rapidamente con chiunque, anche con i nostri idoli letterari, senza sovrapprezzo. Un mezzo che lui usa insieme alla metropolitana e agli autobus per spostarsi e per incontrare la vita.
« Un tardo pomeriggio, a Milano, su un autobus che portava in centro, vidi Paolo Volponi. Se ne stava sulla porta ansimante, sudato. Ebbi un moto di generosità e per aiutarlo gli chiesi se era Paolo Volponi, egli, perentorio, senza voltarsi rispose di no. […] Tutti lo spintonavano, alcuni protestavano finanche, ma lo scrittore niente, resisteva […]. Anni dopo lo riconobbi di nuovo, ma dalla voce. Partecipai a un programma radiofonico in cui facevano sentire un importante uomo di cultura che parlava e il gioco consisteva nell’indovinare chi era. Venivano dati degli indizi, qualche suggerimento, ma io ero sicuro, era Paolo Volponi, l'autore di "Corporale". Il conduttore della trasmissione, al telefono, si stupiva di come avevo fatto a riconoscerlo, perché non era facile. Per premio vinsi un libro di John Cheever.»
In questo libro che è una raccolta di lettere, di recensioni, di incontri casuali e ricercati con autori, giornalisti, poeti come lui, e quindi di capitoli dal titolo: “La scuala” , sì la scuala perché Vincenzo Gambardella, giustamente, giuoca con le parole; “Leggere/Scrivere”; e “Dai Margini”, che dà il nome alla raccolta, essendo questa parte del libro il fulcro del libro stesso e la sua concretizzazione, la parola trabocca in ogni singola pagina, quella parola esatta che trasforma un semplice compilatore accademico o un principiante in uno scrittore vero, e per questa ragione vivo, al di là delle mode e anche del mercato.
Vincenzo Gambardella pur vivendo totalmente di scrittura e del suo intrigo di ascolto, osservazione, seduzione ha anche accettato di fare altro, un altro che lo ha portato all'insegnamento e che gli è servito per approfondire ancora di più ogni cosa, facendo passare così le parole attraverso una cruna d’ago che lui ha reso sempre più sottile, grazie al ragionamento che è proprio della parola scritta, così da potere recidere tutto il superfluo, l'inutile di qualsiasi discorso umano e anche divino, divino in cui lui crede fermamente e che traspare dalle sue pagine, ogni volta che il lettore si imbatte in lui, che si tratti di romanzi, di saggi, di poesie.
Questo libro ha poi un'altra caratteristica che è una caratteristica propria della scrittura e cioè testimonia la presenza di un percorso culturale e anche analitico dell’autore, il suo procedere verso un'essenzialità del pensiero e di una sua costante ricomposizione organica, e quindi della riconoscibilità della sua voce che non segue uno schema sempre uguale, né il diktat editoriale, e cioè quello di sviluppare un argomento e di renderlo così innocuo, per poterlo vendere in maniera facile, però proprio perché la sua ricerca è volta alla parola e non alla visibilità Vincenzo Gambardella scrive e basta, e questa sua "devozione" dà ai suoi libri una consistenza differente.
È questo un limite? Non credo semplicemente perché è giusto e sano per chi scrive, ma anche per chi legge, che ci siano esperienze di scrittura professionale come la sua, perché il modo di interpretare la realtà, che è dato a chi usa le parole per definirla, è vario e non esiste un unico schema per operare, come non è possibile forzare un autore a uscire "dai margini", se la sua esperienza letteraria glielo consente attraverso proprio la creazione di margini propri.
Il grande pregio di Vincenzo Gambardella, e anche di questo libro, e quello di dare la possibilità al lettore di entrare nella carne viva della scrittura, attraverso questo zibaldone dove tutto si tiene e dove l’autoritratto sospeso dell’autore si fa Letteratura.
Questo genere di libri oggi sono per lo più inesistenti sul mercato, perché il mercato ha seguito il lettore ormai riverso su sé e sul proprio microcosmo, un fatto che rende la scrittura, come professione, un’enorme catena di montaggio che fa della ripetizione delle trame, delle parole, e delle storie l’unica sua sola ricchezza.
E invece la scrittura muta, perché chi scrive vive attraverso la quantità e la qualità dei percorsi che compie e che poi mette in fila sulle pagine bianche, creando connessioni umane sempre più profonde e sempre più grandi.
Da qui la necessarietà di “Dai Margini”, il suo essere un distillato di vita, un piccolo paradiso, paradiso che Vincenzo Gambardella ci narra così.
«Che cos'è il paradiso, l'ho capito dall'attesa, l'ho capito aspettando la telefonata di una persona cara, o nel ricevere una mail da lei in procinto di venirmi a trovare. Quello che scopro è che l’attesa si annulla, l’attesa si azzera sempre, non rimane in noi, il seguito conquista tutto.
Il paradiso dev'essere questo, non un'attesa inutile, bensì attesa che si annulla nella prossimità dell'incontro. Quindi si attende senza aspettare, arricchendosi nella vicinanza della compagnia. È un po' come in quei siti on-line che si scorrono con il cursore, arrivati in fondo ecco che il cursore sale in alto, rivelando che c’è ancora spazio da visitare, che non c’è fine e si può andare avanti ancora.»
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