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L'intervista

Antonio Buttazzo a 360 gradi: il penalista, il giornalista, l'attore, il globetrotter

Antonio Buttazzo a 360 gradi: il penalista, il giornalista, l'attore, il globetrotter

Antonio Buttazzo di professione è avvocato penalista, ma è anche giornalista, recita in una compagnia di teatro amatoriale, è comparso in alcune pellicole cinematografiche diretto da Daniele Lucchetti e da Abel Ferrara, e viaggia seguendo le sue passioni letterarie, al punto di riuscire a scrivere degli appunti di viaggio e a pubblicarli per un magazine culturale.
In pratica è talmente sfaccettato che per intervistarlo seguire una scaletta è complicato.

Da dove partiamo?
Dal mio lavoro principale, quello di avvocato, e dalla mia passione per la scrittura con la conseguente iscrizione all’Ordine dei Giornalisti, Albo Pubblicisti. L'aspetto della scrittura era in me centrale, e diventando giornalista ho capito ancora di più l'importanza e la responsabilità di essere puntuale e rigoroso con le parole.
Scrivo da anni per “Blitz quotidiano “ giornale on-line fondato da Marco Benedetto, nel 2009, e da un po' scrivo anche per il magazine culturale "DeepHinterland", magazine diretto da Salvatore Giusto, un giovane studioso di antropologia culturale.

Che differenza c’è dal punto di vista della scrittura tra le due esperienze?
Con “Blitz quotidiano” scrivo di tutto, per il magazine invece sviluppo il mio taccuino di viaggio. Mi piace condividere attraverso i viaggi quello che scopro. I viaggi sono il frutto dei miei interessi, e quando li organizzo mi sento già parte del luogo. Una percezione che mi accompagna da anni.

Ci faccia un esempio di come sviluppa il suo taccuino di viaggio
Quando sono stato pochi giorni fa in Islanda mi ha incuriosito un cartello con su scritto “ Cod shave di Queen", una frase intraducibile, ma che sostanzialmente significa che Il merluzzo (cod) ha battuto la Regina (queen).
Era lo slogan dei pescatori islandesi, pescatori islandesi che per due decenni, nel secolo scorso, fronteggiarono i marinai di Sua Maestà accusandoli di pescare nelle loro acque territoriali.
Era la guerra del merluzzo.
Avevano ragione gli inglesi, ma oltre alla “Cod War” c’era pure la “Cold War”, la Guerra Fredda, e la NATO aveva sull’isola una base strategica che gli islandesi minacciavano di sgombrare, se i sudditi della Regina d’Inghilterra avessero continuato a pescare il baccalà davanti alle loro coste.
Mediarono gli americani e pure l’Onu, e le miglia di pesca esclusiva per i pescherecci di Reykiavik divennero 200, in barba a tutti i trattati internazionali. Stiamo parlando del periodo antecedente a Montego Bay e della nascita di una regolamentazione organica del diritto del mare. Ho pensato che la guerra del merluzzo fosse una storia da raccontare, fotografava un popolo e una terra più di uno studio di antropologia.

È stato di recente anche in Spagna ad Alcalá de Henares sulle tracce di Cervantes
Oltre a Miguel de Cervantes ad Alcalá de Henares è nata anche Caterina d’Aragona, moglie di Enrico VIII, prima che la ripudiasse per sposare Anna Bolena, provocando lo scisma anglicano.
Alcalá de Henares, città romana e poi araba, deve la sua fama all’Università Complutense, fondata dal cardinale Francisco Jiménez de Cisneros, primate di Spagna, reggente di Castiglia e Grande Inquisitore.
Fu nella sede arcivescovile di questa cittadina nel cuore della Mancha che Isabella di Castiglia concesse udienza per la prima volta a messer Cristobal Colon, risoluto a “buscar el Oriente por el Occidente…”
Raccontare l'autore del Quijote attraverso i suoi luoghi, anche in questo caso, mi è sembrato un modo interessante di fare cultura.

Insomma, scrivere le piace
Scrivere mi rilassa e mi diverte, senza che mai perda di vista l'approfondimento delle notizie stesse. Sento molto la responsabilità di dare informazioni precise e verificate.

E al teatro come è approdato?
Sono quasi venti anni che faccio teatro. È una di quelle passioni che porto con me da ragazzo, quando mi sono misurato con il palcoscenico mi è piaciuto. Pur essendo la nostra una compagnia amatoriale lavoriamo con serietà ed impegno, cercando di scoprire sempre testi che si adattino alla nostra vocazione, che è quella di documentare attraverso una messa in scena, celebri processi della Storia. La compagnia è per lo più composta da avvocati e da magistrati. Insomma potremmo dire che mettiamo in scena il nostro quotidiano.

Cosa ci può raccontare del suo lavoro di avvocato penalista?
Trentasei anni di avvocatura mi hanno messo in contatto con un'umanità dolente. Mi sono ritrovato a vivere situazioni che generano angosce, ansie, difficoltà esistenziali di ogni sorta.
L'avvocato penalista, a differenza dei colleghi che si occupano di altre branche del diritto, deve avere una gestione diversa del proprio assistito, deve essere capace di rassicurare, ma al tempo stesso deve essere onesto nel prospettare all'assistito le possibili, gravi, conseguenze che seguono all'accertamento del reato a lui ascritto.

Nella prassi giudiziaria, quanto tempo passa tra la commissione del reato, il suo accertamento e la conseguente sanzione?
Troppo tempo e questo è un grosso problema. Una pena eseguita a distanza di anni dai fatti non ha alcuno scopo di deterrenza, si risolve in una mera punizione, e ciò è contrario ai principi costituzionali, principi costituzionali per i quali la pena deve avere una funzione rieducativa.

Eppure in Italia il giustizialismo non passa mai di moda
Decisamente no. È una narrazione bislacca della realtà quella secondo cui in galera, in Italia, non ci va nessuno, come tanti politici, irresponsabilmente, si affannano a ripetere.
Qualsiasi avvocato sa bene che, seppure molto differita nel tempo, una sentenza deve essere eseguita, magari attraverso una modalità alternativa alla detenzione, quale l'affidamento ai servizi sociali o la detenzione domiciliare.
Ma per accedere a questi benefici, il condannato deve sapere di essere stato condannato, e soprattutto gli stranieri, che non sempre godono di una effettiva difesa (spesso si rendono irreperibili ai loro stessi avvocati) finiscono con lo scontare il tragico risultato di non conoscere il loro destino processuale, con esiti molto spesso drammatici. I malcapitati, una volta fermati per una semplice procedura di identificazione, scoprono, solo allora, la presenza di una sentenza definitiva a loro carico, sentenza definitiva se mai emessa cinque/sei anni prima.
E se anche l'avvocato, ammesso che lo abbiano, ha esperito quelle poche opportunità che la legge gli concede, difficilmente potrà evitare loro il passaggio carcerario. È quasi sempre troppo tardi.

Come se ne esce da questa situazione?
Ci vorrebbero più mezzi, bisognerebbe anche smettere di considerare la pena detentiva come l’unica risposta dell'Ordinamento alla devianza penale. Solo adesso si comincia a pensare che la pena possa essere concretamente modulata attraverso strumenti che permettono una risposta più adeguata.

Lei viaggia spesso, in che modo il mondo è cambiato rispetto a quando ha iniziato a viaggiare?
Sono oltre quaranta anni che viaggio per il mondo, privilegiando mete che sento più prossime a me di altre, come nel caso dell'America Latina, in cui mi sono recato per trenta anni, guidato anche dai miei interessi letterari. Da qualche anno mi sento pure in sintonia con l'Europa dell'Est, un luogo affascinante, un crogiolo di razze e di gente appartenute a diverse culture e a diverse religioni, costrette spesso a una convivenza non scelta. Basti pensare all'architettura istituzionale della ex Jugoslavia, architettura istituzionale "venuta giù" con la morte del generale Tito, e che ha causato conflitti ancora non sopiti, se riflettiamo su quello che ancora oggi accade in Kosovo.
Oppure penso al fascino del Caucaso, tre Paesi (Georgia, Armenia, Azerbaijan), che più diversi non potrebbero essere ma che al tempo stesso rappresentano il ponte geografico e culturale tra Oriente ed Occidente. Ecco oggi il ponte geografico e culturale tra Oriente ed Occidente è evidente, in questo senso il mondo è cambiato.

Se dovesse andare in pensione cosa le piacerebbe fare?
Ho un sogno, nel caso si presentasse questa eventualità, ed è quello di gestire un piccolo teatro, senza smettere di viaggiare da una parte all'altra del mondo.

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