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Il caso (1)

Il coraggioso «No» del liceo Albertelli di Roma è un esempio per le scuole

Respinti i finanziamenti (circa 300.000 euro) relativi a due progetti orientati alla creazione di Next Generation Labs e Next Generation Classrooms, 20 sulle 100.000 aule di nuova generazione previste in tutta Italia nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, a cui sono destinati 2.1 mln di euro – di cui è bene ricordare larga parte a debito - dal Piano Scuola 4.0

Il coraggioso «No» del liceo Albertelli di Roma è un esempio per le scuole

Il coraggioso NO del liceo Albertelli di Roma: un possibile nuovo inizio, se altri seguiranno il suo esempio, per dirottare i massicci investimenti del PNRR destinati alla Scuola dalla riprogettazione delle presuntivamente “anacronistiche” aule quadrate con i banchi a file, non sufficientemente multimediali - riprogettazione che si vuole atta a favorire “esperienze didattiche immersive”, basate sulla continuità fra lo spazio fisico e virtuale propria di un “ambiente di apprendimento onlife” - verso altre priorità: la sicurezza fisica degli studenti, mediante opportuni interventi infrastrutturali, e l’assicurazione della continuità didattica all’interno di classi numericamente adeguate.


Come noto, il Consiglio di Istituto del liceo classico romano Pio Albertelli ha respinto i finanziamenti (circa 300.000 euro) relativi a due progetti orientati alla creazione di Next Generation Labs e Next Generation Classrooms, 20 sulle 100.000 aule di nuova generazione previste in tutta Italia nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, a cui sono destinati 2.1 mln di euro – di cui è bene ricordare larga parte a debito - dal Piano Scuola 4.0: “il più grande intervento trasformativo del sistema di istruzione”, come lo ha definito il ministro Bianchi. Redatto dal Governo Draghi e avallato dall’Europa il Piano è piovuto - senza discussione in Parlamento né, a livello capillare, nei collegi docenti - direttamente sulle comunità scolastiche, alle quali è stato in effetti attribuito un rinnovato protagonismo a valle, in omaggio all’esercizio dell’autonomia didattica e organizzativa della Scuola, nel disegnare gli ambienti di apprendimento fisici e virtuali e nella “progettazione didattica basata su pedagogie innovative adeguate ai nuovi ambienti”; il tutto rigorosamente in collaborazione con “il team per l’innovazione e le altre figure strumentali” (32.000 stimate su scala nazionale).
E’ opportuno puntualizzare, onde confutare l’accusa di nostalgica resistenza al cambiamento prontamente mossa dai media più allineati, che come sottolineato dal Consiglio di Istituto il Liceo possiede già 41 smart TV per 40 classi, 7 proiettori, 49 PC Notebook, 41 PC ed esce dalla recentissima rottamazione di una gran quantità di LIM, scarsamente utilizzate e tuttavia sottoposte all’ineluttabile processo di obsolescenza tecnologica. In compenso uno degli studenti del Liceo che ne ha sostenuto il NO ha testimoniato, durante un’intervista disponibile in rete, di aver cambiato 56 professori in 5 anni di studi e di aver sperimentato con una certa regolarità problemi infrastrutturali, per altro storici, come la mancanza di acqua o la caduta di calcinacci.
E’ altresì opportuno ricordare, per comprendere le ragioni dell’Albertelli, che rischia oggi il commissariamento, quali conclusioni Parlamento e Comunità Scolastica abbiano recentemente tratto sul tema della digitalizzazione:
il 9.6.2021 (5 giorni prima del varo del Piano Scuola 4.0) veniva depositato, votato all’unanimità dalla Settima Commissione del Senato, un documento relativo alle conclusioni di una indagine conoscitiva sull’impatto del digitale sugli studenti con particolare riferimento ai processi di apprendimento, secondo il quale: “Dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite, non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento. Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri.
Rassegnarsi a quanto sta accadendo – conclude il Documento - sarebbe colpevole (…) Come genitori, e ancor più come legislatori, avvertiamo il dovere di segnalare il problema, sollecitando Parlamento e Governo ad individuare i possibili correttivi”. Fra le ipotesi avanzate dagli estensori si legge, coerentemente, il suggerimento ad “interpretare con equilibrio e spirito critico la tendenza epocale a sopravvalutare i benefici del digitale applicato all’insegnamento; incoraggiare, nelle scuole, la lettura su carta, la scrittura a mano e l’esercizio della memoria”.
Lato Comunità Scolastica, il drammatico impatto dell’introduzione massiva del digitale durante la pandemia è stato attestato, sotto il profilo dell’arretramento degli apprendimenti, dalle prove Invalsi del 2021, con ulteriore conferma nei test del 2022. Senza voler richiamare qui dati tristemente noti, ci limitiamo alla prova inerente alla comprensione di testi – aspetto fondamentale in rapporto alla formazione di una coscienza individuale critica, obiettivo educativo primario dell’istituzione scolastica - che ha visto ridursi di 5 punti rispetto al periodo pre-pandemia la percentuale degli alunni di terza media che raggiungono un livello definito “adeguato” di competenza, arrivando ad un mero 39%, con risultati decisamente più allarmanti nel Mezzogiorno; la stessa percentuale si è contratta di ben 12 punti per gli studenti delle superiori, con criticità enormi in relazione alla variabile geografica e, soprattutto, di indirizzo.
Vale verosimilmente la pena, prima di entrare maggiormente nel merito dei progetti bocciati dall’Albertelli, richiamare anche qualche altra interessante evidenza relativamente all’esperienza del digitale a scuola ed alle esigenze effettivamente percepite dai ragazzi, opportunamente ricordando che la svolta verso la digitalizzazione dell’apprendimento su cui punta prioritariamente e massivamente il Piano che intende riformare la Scuola è una svolta imposta.

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