IL MATTINO
Il ricordo
30.03.2023 - 19:19
I coccodrilli sono sempre benevoli, perché il bon ton, quella serie di regole che consentono di vivere, civilmente, insegna che mai si deve/dovrebbe parlare male degli altri in loro assenza, regola che a maggior ragione deve essere rispettata con i defunti, se ancora vogliamo chiamarci “umani”.
E poiché viviamo in un mondo di anziani, anziani, che serve sottolineare, non hanno creato i presupposti per essere sostituiti, dignitosamente, dal nuovo, che sempre, avanza nella vita, accade che la morte di un anziano, anziano che si è distinto nella professione che svolgeva, lasci un vuoto, profondissimo e incolmabile , mentre i coccodrilli, conformi, scritti per l'occasione, tranciano di netto la possibilità di una rielaborazione critica e onesta della realtà, e del vissuto di chi ci ha lasciati.
È il caso di Gianni Minà, un giornalista dimenticato in vita, e abilmente riesumato in morte.
Perché è accaduto? È accaduto perché, come cantava Pino Daniele, la gente è distratta, e il mondo, quello a velocità globale, è un mondo sempre più periferico e poco curioso.
E così a leggere coccodrilli professionali, e da social, su Gianni Minà emergono la famigerata foto con: Cassius Clay, Gabriel Garcia Marquez, Sergio Leone, Robert De Niro, foto scattata ed esposta in bella vista da Checco er Carretiere, ristorante in Roma, e il racconto che la portò a scattare, la gag con Massimo Troisi e poco altro.
E, invece, servirebbe narrare, come uno che possedeva la sua rete di relazioni sia finito, molto prima di morire, nel dimenticatoio, perché questo sarebbe un coccodrillo onesto su Minà.
Per fare questo serve tornare indietro nel tempo, e nello specifico serve tornare a quando i giornali si scrivevano, con cognizione di causa, si vendevano, come il pane, e i giornalisti erano distanti dalle notizie, mentre le agendine di ognuno di loro avevano un valore, non pubblicitario, ma un valore che stava a testimoniare un percorso professionale lungo, difficile, personalissimo, dove c'entravano pure le lottizzazioni dei partiti (le lottizzazioni c’entrano sempre, soprattutto quando si ha a che fare con la scrittura e la cultura, il potere, quello vero, quello che può modificare andamenti sociali ed economici è affannato di "cultura") ma c’entrava soprattutto il loro di mestiere.
Serve tornare agli anni da bere, anni in cui accanto a Minà, e alle sue avventure professionali, sia su carta stampata, sia in TV, c’erano altri giornalisti che gli si contrapponevano, con le loro interviste, vedi Biagi e Minoli, con i loro messaggi in bottiglia, vedi Barbato, quelli più famosi, e che facevano andare a mille chiunque li seguisse, al punto che le loro agendine erano date per certe, e non avevano, per chi li leggeva e li guardava in TV, alcun interesse. Le agendine erano i ferri del mestiere, mestiere che ognuno di loro svolgeva secondo le proprie inclinazioni, le lottizzazioni erano una conseguenza della loro bravura, il potere si sa è pragmatico, e mai a nessuno di loro sarebbe venuto in mente di mettere le agendine di lavoro davanti alla scrittura.
Nemmeno a Minà che ci rideva su, ma che non viveva di esposizione da agendina, diversamente non avrebbe potuto fare il giornalista nel modo in cui l'ha fatto.
E come lo ha fatto? Ascoltando e prendendo le misure, così da costruire ogni pezzo sulle misure che lui prendeva sui fatti, sui protagonisti del tempo in cui scriveva, cercando di tracciare parole vive in luogo dei corpi e dei posti del mondo narrati. E infatti proprio in questi giorni in un’intervista, riproposta in occasione della sua morte, Minà raccontava di come molto del suo lavoro, ma di chiunque abbia fatto questo mestiere prima dell'avvento della rete, si consumava a telefono, l'invenzione più importante di sempre, invenzione che evolvendosi ci ha portati a vivere, e per davvero, nel villaggio globale.
A telefono, dove esiste lo spazio giusto per ascoltare ogni cosa, lui poteva costruire dell'altro l'essenza, e questo, solo questo, gli ha permesso di incrementare le sue agendine, e di poter parlare, poi, anche de visu con chiunque.
Oggi che tutti scrivono in virtù dello spazio vuoto della rete, spazio vuoto che non ha nessuna eco umana, ci si accontenta di acchiappare "like" indistinti, giocando al ribasso, e mettendo in luce le banalità più becere di chiunque, perché le agendine sono diventate un fatto di tutti, con l'idea, fallace e illusoria di potersi sentire tutti Gianni Minà o chiunque altro a piacere, visto che il copia incolla lo consente.
Questa disperata situazione ha impedito a Minà di continuare a lavorare, nessuno più lo voleva, ed ha elevato il livello di mediocrità di chi scrive, e di conseguenza di chi legge.
Tutto il materiale Rai prodotto da Minà è bloccato, nel senso che sono anni che il giornalista e la sua famiglia lo richiedono, per farlo confluire nella Fondazione a suo nome, e oggi allo stato dei fatti, con la babele di improvvisati che c’è in circolazione, chi riuscirebbe a capire Minà, e il suo essere, semplicemente, un giornalista?
Ecco più che scrivere coccodrilli falsi servirebbe ricordare che scrivere soprattutto per la carta stampata è un gioco a perdere, come vivere in definitiva, e che Minà è stato un goleador, delle agendine francamente possiamo fare a meno, altrimenti più che un giornalista stiamo parlando di un ferrista, perché nemmeno un chirurgo verrebbe ricordato in morte così.
Hasta la victoria siempre. Patria o Muerte, Gianni!
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