IL MATTINO
Reddito di cittadinanza
30.03.2023 - 12:55
È ormai largamente condivisa l’idea che il Reddito di Cittadinanza vada profondamente ripensato, principalmente per renderlo più equo e orientato al lavoro. Anche il Governo, con la proposta di istituire il MIA, Misura di Inclusione Attiva (che a luglio 2023 prenderà il posto del RDC) va proprio in questa direzione. Partendo da alcuni dati di analisi, la nuova ricerca Censis Assosomm ha messo in luce due aspetti critici del RDC su cui intervenire:
1) Il Reddito di Cittadinanza ha favorito soprattutto le famiglie monocomponenti non anziane (quindi, di fatto, gli occupabili)
2) Il Reddito di Cittadinanza non ha previsto formazione professionale
Dall’analisi del Censis, emerge che, a fine 2022, i percettori di Reddito o di Pensione di cittadinanza (che è poi lo stesso strumento, ma applicato a persone di età diverse), erano così composti: al 9% anziani soli; al 22% persone con familiari a carico; al 31% genitori con figli minori; e ben al 37% persone sole in età lavorativa (con meno di 67 anni). Questo significa che la categoria più sostenuta dal RDC era formata da persone potenzialmente produttive (occupabili) e senza figli. Anche per quanto riguarda gli importi del RDC, lo sbilanciamento sembra evidente. Mediamente una persona in età lavorativa senza familiari a carico percepiva come RDC €453 euro al mese; mentre chi aveva figli minori a carico percepiva mediamente € 683 euro (€594 per chi aveva solo un figlio e €743 per chi aveva 5 figli o più). Tutto ciò ha generato, specie nelle giovani generazioni, dei fenomeni di “passività psicologica” che tutti conosciamo. “Alla luce dei dati - ha dichiarato Rosario Rasizza, Presidente di Assosomm – ci appare necessaria una più corretta individuazione dei beneficiari per rendere lo strumento più mirato alle categorie maggiormente bisognose. Il Reddito di Cittadinanza, inoltre, non ha previsto formazione professionale la quale è, invece, alla base delle Politiche Attive del lavoro. Il MIA, per funzionare, dovrà viceversa partire proprio dalla formazione professionalizzante, proprio come quella proposta dalle Agenzie per il Lavoro come base abilitante di un processo solido e virtuoso di occupabilità del capitale umano”.
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