IL MATTINO
Analisi
02.03.2023 - 18:22
Parlare di sé, soprattutto quando si vive perennemente di luce riflessa, e si è personaggio pubblico, è molto difficile perché la vita sotto i riflettori, se non si vuole impazzire, poi, da soli, richiede una grande capacità di concentrazione, e una chiusura ermetica verso tutto ciò che fuoriuscendo da sé farebbe perdere l'equilibrio, e porterebbe a una solitudine esistenziale estrema.
Sembra una contraddizione nell’epoca dei social e della perenne esposizione, eppure non lo è, e questo fatto diventa ancora più importante se si vuole durare sotto i riflettori e si vuole, si deve, vivere di sovraesposizione, per motivi professionali.
Per queste ragioni, oggi, è molto difficile che i personaggi pubblici riescano a raccontarsi in maniera giusta attraverso un'intervista, un genere letterario, è un genere letterario e vi spiegherò perché, ed è anche per questo che Francesca Fagnani riscuote un grande successo con il suo programma televisivo “Belve”.
I talk show hanno svuotato le interviste della loro centralità, all'interno del mondo della comunicazione, per la quantità di micro personaggi che, quotidianamente, si muovono nell'arena pubblica da social, e difficilmente questi personaggi vengono "spolpati vivi", per intervistare qualcuno serve utilizzare la vista e l’udito come un bisturi, poiché sono il contorno, caldo, su cui servire i piatti freddi delle notizie, e per questa ragione serve farli durare, e poi quasi tutti questi personaggi/contorno caldo non hanno una vita all’altezza della loro visibilità.
Cosa vuol dire? Vuol dire che per essere intervistati, e quindi rilanciati, a mille, nello spazio profondissimo del villaggio globale, serve essere già dei grandi classici, e cioè persone per cui si potrebbe pensare di scrivere una biografia, ma poiché sarebbe esagerato arrivare a questo, i lettori come gli ascoltatori interessati e onnivori oggi latitano, allora ci si serve dell'intervista.
L'intervista è in pratica la biografia all'istante di chiunque, ed ha la capacità di appassionare ogni genere di persone, da qui il suo essere un genere letterario ma per fare funzionare l’intervista, l’intervistatore deve essere un ottimo domatore, e cioè deve lasciare tutto il palco a chi si racconta, ma deve riuscire a tenerlo in pugno l’intervistato, come se fosse una sua creatura, così da virare immediatamente altrove in caso di difficoltà o di eccesso di narcisismo.
In pratica chi intervista deve ascoltare, e deve essere talmente predisposto all'ascolto da passare anche sopra al proprio di narcisismo, pena la nudità totale, e inconcludente, di sé e di colui che si confessa attraverso l'intervista, un fatto che talvolta non può essere evitato.
“Fare un'intervista è la cosa piu bella che ci sia perché della dialettica tra due esperienze ( dell’intervistatore e dell’intervistato) nasce inevitabilmente una terza esperienza, quella dell'incontro, e dunque di un arricchimento umano, psicologico, culturale” scrive Giovanni Minoli, che con il suo “Mixer” su Rai Due, e con i suoi faccia a faccia negli anni ‘90, ha fatto dell'intervista una religione.
"Perché lo scopo ultimo dell’intervista è quello di conoscere se stesso attraverso la scoperta delle idee altrui".
La Fagnani lo sa, e lo sa anche Irene Ghergo che con lei ha ideato il programma, e anche gli altri autori, tra gli altri Antonio Pascale che di scrittura, e di conoscenza della società, vive.
Questa eterogenea e ben congeniata compagine macina informazioni e domande con facilità estrema, e benché la conduttrice appaia coriacea, in lei l'esigenza di far fare bella figura agli intervistati è più forte pure del suo, romaninissimo, sarcasmo.
Insomma “Belve” fa tornare in vita l'intervista/evento e le ridà la centralità che aveva in passato come forma di approfondimento dei fatti attraverso i personaggi/protagonisti, nel luogo più difficile per compiere questa operazione: il tubo catodico, che oggi è sempre più dispersivo e invasivo.
E lo fa alla maniera di Tommaso Giglio, che negli anni ‘60 e ‘70 per arginare la crisi dell’Europeo, il settimanale fondato da Arrigo Benedetti nel 45, a causa anche dell'avvento della TV , inserisce nel settimanale uno o due interviste, alla maniera di "Usa Today" in America.
Questa intuizione permise al giornale anche di differenziarsi da “L'Espresso” e “Panorama” che in quel momento andavano fortissimi, ed erano più interessati alle inchieste, ai reportage piuttosto che alle interviste.
“Per surrogare l’immediatezza del mezzo televisivo, Giglio riduce al minimo le articolesse (i pezzi in terza persona che ubbidiscono al principio del “ora te lo racconto io”) e dà più spazio alle interviste. Il botta e risposta del quale l’Europeo fa ragguardevole uso, ha lo scopo di annodare, attraverso lo strumento cartaceo, un filo diretto tra il protagonista della vicenda e il lettore. Compito del giornalista, che propone domande provocatorie e raccoglie le risposte nel registratore, è quello di interpretare la curiosità di chi legge e d’assumere il ruolo dell’antagonista rifuggendo da atteggiamenti compiacenti, da compare dell’intervistato, com’era di moda all’epoca”.
Si potrebbe obiettare che i protagonisti delle interviste della Fagnani sono per lo più personaggi dello showbiz, è vero ma la provincia italiana, come del resto accade anche alla provincia americana e di ogni dove, ha preso il sopravvento e i personaggi della TV e dello spettacolo sono quelli che le persone sentono più vicine, adesso che i feuilleton son stati sostituiti dai grandi fratelli.
E quel volere portare anche il discorso nel campo della lotta e della ferinità , ogni intervista inizia con la domanda: “Che belva si sente”, è un invito a raccontarsi con fedeltà e a se stessi, un modo per fare brillare l'ospite, che serve a renderlo meno narciso e social dipendente.
In fondo la Fagnani ascolta ognuno con la voglia e il desiderio di essere stupita, e infatti quando la finestra emotiva dell'ospite si apre anche lei si rilassa, come accade sempre quando ognuno di noi ha un obiettivo da raggiungere e lo mette a segno, e poiché si rilassa anche l'ospite lo fa, e la finestra emotiva si sgrana talmente da lasciarlo nudo, insomma l’umano che è in lui torna a (ri)splendere, e la TV ridiventa un alleato della carta stampata, non più un suo sfuggente e ammiccante antagonista.
Da qui il successo della trasmissione, un successo della scrittura e di tutto lo staff su cui la Fagnani mette la faccia, come è giusto che sia quando si scrive.
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