IL MATTINO
Analisi
24.12.2022 - 16:56
Qualche anno fa fui licenziata la notte di Natale, e la cosa tragica e divertente, i binari della tragedia e dell’umorismo sono univoci, è che lavoravo in una bottega di pastori, in pratica vendevo statuine per il presepe, delle statuine particolarmente costose, e persi il lavoro la vigilia di Natale.
Come fossi finita a lavorare lì è un'altra storia che ha a che fare con la curiosità, e con gli accidenti nei quali ognuno di noi si imbatte vivendo, ma se non scrivessi e non fossi consapevole che la vita è una continua sorpresa, oltre che un gioco a perdere, probabilmente quella notte avrei anche potuto decidere di smettere di giocare.
Adesso dopo tanta acqua passata sotto i ponti ne posso scrivere con serenità, quasi come se fosse una lettera di ringraziamento a Babbo Natale per il pericolo scongiurato, allora.
Ciò non toglie che in quel momento preciso mi accadde qualcosa di disumano e di crudele, che mi fece capire per davvero “Canto di Natale” di Charles Dickens, anzi quel libro non mi fece perdere la ragione, tanto che presi un treno, un intercity al volo, totalmente inebetita, e andai a festeggiare il Natale insieme ai miei familiari, come se niente fosse accaduto, eppure mi sentivo morire, e nello stesso tempo mi sembrò di essere diventata Scrooge.
“Caldo e freddo non facevano effetto sulla persona di Scrooge. L’estate non gli dava calore, il rigido inverno non lo assiderava. Non c'era vento più aspro di lui, non c'era neve che cadesse più fitta, non c'era pioggia più inesorabile. Il cattivo tempo non sapeva da che parte pigliarlo.”
Era stato uno come Scrooge, un uomo solo, che mi aveva licenziata ma alla fine, nel momento esatto in cui aveva manifestato la sua codardia, mi aveva resa insensibile e sola quanto lui.
Nessuno si accorse del mio stato d'animo e della difficoltà enorme in cui mi dibattevo, un po' perché il Natale prende il sopravvento su tutto, un po’ perché a nessuno è dato per davvero di entrare nella vita di un altro , tanto da afferrarne il dolore, e poi a Natale chi va a pensare a una cosa del genere
In quel frangente capii anche il senso di “Natale In casa Cupiello”, o meglio capii la ribellione di Eduardo che, usando l’escamotage pirandelliana della lotta tra vecchi e giovani, fa dire al figlio che il presepe non gli piace, un fatto che sempre in quel frangente mi sembrò giusto, soprattutto perché pure io stavo in un presepe e ne avevo subito il fascino, fino a quando entrando in quel mondo non ne avevo visto i chiaroscuri e le ombre seicentesche, la violenza caravaggesca e la totale mancanza di qualsiasi forma di redenzione, poteva piacermi il presepe?
No, da quel momento in poi proprio no, tanto più che a casa nostra mai si era fatto il presepe. Mio padre non lo amava e mia madre nemmeno, insomma avrei dovuto capirlo che il presepe non era nelle mie corde ma era veramente tutto troppo oltre qualsiasi mia capacità di preveggenza e di previsione.
E però ci sono i libri, quelli sì, che sono preveggenti e ci si rivelano nei momenti più inaspettati, e Natale non è che faccia eccezione in quanto a rivelazioni, e infatti Natale è una festa soggetta al cambiamento, come tutte le feste istituzionalizzata e private. Niente è più privato del Natale, e non c’è contraddizione, il Natale è proprio questo: l’istituzione e il bisogno di raccoglimento e di cambiamento, e su questo si costruisce ogni anno il canovaccio, canovaccio che ognuno suo malgrado si trova a seguire, modificandolo in corso d'opera.
Dopo quel Natale tristissimo mi sono sentita più esposta e nuda durante le festività , non so se accadesse perché mi mancavano affetti per me importanti o semplicemente perché il Natale è diventata ancora di più una festa privata e scarsamente consumistica, al punto da avere abolire tutto ciò che per forma si deve fare, ma alla fine è stata una liberazione, nel senso che ho capito per davvero il Natale .
E cos'è il Natale?
Il Natale è un libro continuamente soggetto a editing, un libro di cui si conosce talmente bene il sottotesto, perché come ogni buon libro il Natale abbonda di sottotesto, da essere necessario, al pari del compleanno, di una partecipazione attiva e oserei dire combattiva.
Entrambe le festività, il compleanno e il Natale, testimoniano l'esistenza in vita dei diretti interessati, e la tigna nel volere godere, per un attimo, di ogni bene a fronte di problemi di tutti i tipi, anzi il Natale dimostra come l'adattamento e la successiva sopravvivenza, come sosteneva Darwin, siano sinonimo di capacità umane superiori e differenti.
È così ogni anni si cerca di mantenere la barra dritta del Natale anche di fronte alle malattie, alle difficoltà economiche ed esistenziali, perché quella festa della luce, pagana, che si è trasformata in festa della natività cristiana, fino a diventare una festa per tutti, senza differenze di religione o di ceto, una festa che ci libera per qualche giorno da qualsiasi ambascia, poi in un modo o nell'altro si risolve e risolve.
E visto che Dickens ed Eduardo li ho nominati per chiudere ci vuole Ungaretti e la sua definitiva, accogliente e umana poesia dal titolo “Natale”, diversamente senza di loro che Natale sarebbe?
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
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