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L'inchiesta

Piro e i rapporti coi clan. Il capogruppo di Forza Italia si vantava: «Posso adottare tutti sistemi che voglio. Mia moglie è di Rosarno»

Piro e i rapporti coi clan. Il capogruppo di Forza Italia si vantava: «Posso adottare tutti sistemi che voglio. Mia moglie è di Rosarno»

"Mia moglie è di Rosarno! Capito? Io basta che mando un messaggio: 'Potete venire?'". In questa intercettazione, trascritta nell'ordinanza del gip di Potenza Antonello Amodeo, per gli inquirenti c'è tutto il personaggio Francesco Piro, capogruppo di Forza Italia e vicepresidente del consiglio regionale della Basilicata, arrestato nell'ambito dell'operazione dalla Dda potentina. Per gli investigatori, è un esempio del "modus operandi strutturale dei politici coinvolti" nell'inchiesta che ha sconvolto la politica lucana. Più volte, Piro, per convincere qualche interlocutore "riluttante" a seguire le sue indicazioni - dice il gip - vantava le sue "relazioni con esponenti della locale criminalità organizzata" oppure i suoi "asseriti collegamenti con contesti criminali calabresi". "Posso adottare tutti i sistemi che voglio, sanno da dove arriva mia moglie, lo sanno bene" dice ancora Piro parlando con un imprenditore al quale ricorda di aver colpito un ingegnere del genio civile con un telefono cellulare perché, in un cantiere, il funzionario lo "fece incazzare: 125 giorni di prognosi, stava morendo". Lo scontro fu bloccato dal fratello di Piro, a sua volta colpito al naso dal consigliere regionale. E per descrivere ambiente e scenario, dicono ancora gli inquirenti, forse bastano due iniziative del sindaco di Lagonegro, "creatura" di Piro: per aiutarlo nelle elezioni politiche del 25 settembre, quando era candidato al Senato, Maria Di Lascio (ora ai domiciliari) contatta i dirigenti di società di telefonia mobile per far "disattivare i ponti radio" - senza riuscirci per il rifiuto dei suoi interlocutori - e lasciare senza telefono cellulare alcuni "non sostenitori di Piro". Approfittando di alcuni lavori, Di Lascio chiede al tecnico: "Dovreste sospendere il funzionamento per il tempo dei lavori, uno o due giorni". In un altro caso, per "tagliare" a un altro "non sostenitore" di Piro la condotta idrica, in modo da lasciare a secco i suoi campi. Uno degli scopi dell'azione di Piro, è la tesi dell'accusa, era quello di individuare e sfruttare una "filiera" di persone utili a portare avanti i suoi disegni. Una traccia di questa volontà è in un'intercettazione nella quale Maria Di Lascio parla del legame tra Piro e il direttore generale dell'ospedale San Carlo di Potenza, Giuseppe Spera (interdetto all'esercizio di pubbliche funzioni) definito "molto amico di Francesco, molto, ma molto". Secondo Di Lascio, Spera è "naturalmente uno legato a tutto un... a tutta una filiera, che dobbiamo fare, sono legati tutti". Secondo gli investigatori, Piro, insieme all'attuale assessore regionale all'agricoltura, Francesco Cupparo (Forza Italia) e all'ex assessore alla sanità, Rocco Leone (passato da Forza Italia a Fratelli d'Italia) - per entrambi il gip ha disposto l'obbligo di dimora - sono stati "i principali protagonisti" delle "continue richieste di sistemazioni di amici" fatte all'allora direttore generale del San Carlo, Massimo Barresi. Proprio dalla denuncia di Barresi, che il centrodestra voleva allontanare dall'incarico, sono cominciate le indagini che hanno portato al provvedimento cautelare eseguito oggi.

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