IL MATTINO
Lavoro
23.05.2022 - 15:30
POTENZA– Eticae–Stewardship in Action ha inaugurato da poco la sua sede in Basilicata, a Potenza. Abbiamo incontrato la referente per la Basilicata, la dr.ssa Emma Gagliardi per un’intervista esclusiva sui temi che riguardano la Basilicata tra economia, sostenibilità, giovani e cooperazione.
Cos’è il progetto Eticae–Stewardship in Action?
“Dal bisogno di coniugare il mondo produttivo con il mondo etico e responsabile, prende vita ETICAE – Stewardship in Action (ETICAE- SiA), una società cooperativa specializzata in gestione etica d’impresa e sostenibilità. Nata nel 2014 come braccio operativo di Stewardship Italia, e ufficialmente riconosciuta come una delle aziende innovative della Regione Lazio, ETICAE- SiA si contraddistingue nel panorama nazionale per essere la prima società italiana ad offrire servizi di consulenza, affiancamento e formazione, oltre che in sistemi di gestione e certificazioni etico - sostenibili, in rendicontazione etico – sociale e progettazione sostenibile, anche sulla stewardship in tutte le sue declinazioni, nella convinzione che investire nella cultura etica sia una priorità importante per la crescita aziendale in un contesto di sostenibilità sociale e ambientale”.
Secondo lei, quali ritorni positivi ci potranno essere in Basilicata grazie ad Eticae–Stewardship in Action?
“La decisione di aprire una nuova sede operativa in Basilicata è prova della volontà di Eticae-Sia di promuovere un modello lavorativo nuovo in linea con gli sforzi innovativi richiesti al mondo imprenditoriale – penso alle questioni legate allo smart working e al tanto discusso “south-working” ad esempio – aumentando al contempo la consapevolezza sui temi della sostenibilità e dell’etica d’impresa che possa fare la differenza per uno sviluppo sostenibile dei nostri territori, nonché dell’intero Paese. Sono fortemente convinta infatti che la possibilità di contribuire alla “rivoluzione” sociale e ambientale, economica ed istituzionale, che il momento storico richiede, non sia solo appannaggio di quei luoghi a cui la nostra mente è abituata ad associare le parole “sviluppo” e “modernità”. Per tali motivi, il nostro impegno sul territorio vuole essere catalizzatore di idee e buone pratiche che possano riconoscere alla nostra regione un rinnovato protagonismo. Questo significa per noi di Eticae-Sia rispondere alle esigenze di imprese sociali, enti del terzo settore, aziende e istituzioni, che anche per legge sono oggi obbligati a dotarsi di nuovi strumenti di management figli dei processi trasformativi innescati in tutti gli ambiti dalla nuova cultura dell’etica e della sostenibilità, della lotta al cambiamento climatico, del consumo e della produzione responsabili e circolari”.
Si parla tanto di gestione etica delle risorse, ma cosa significa in realtà?
“È una domanda sulla quale torno spesso anche io. Succede infatti che termini ed espressioni entrino a far parte del linguaggio comune così tanto da rischiare di diventare contenitori vuoti, utili a mettere sù una certa narrazione “green”, ormai di moda. A ben guardare tuttavia, le parole hanno il loro significato, ed è bene ricordarlo. Non tutto è greenwashing. Per una società come ETICAE-SiA che fonda le proprie radici nella stewardship, la “gestione etica delle risorse” è non solo l’impianto strategico secondo cui portare avanti le attività quotidiane, bensì anche l’orizzonte a cui idealmente tendono tutte le nostre progettualità. Ricordo sempre una delle citazioni di Papa Francesco secondo cui “Non è possibile vivere da sani in un mondo malato”. La gestione etica delle risorse serve proprio a questo, poiché significa “custodire” in modo responsabile e sostenibile i beni comuni quali l’acqua, il territorio, le foreste, i prodotti ma anche il patrimonio culturale, quello finanziario, il benessere della popolazione, personale e i processi organizzativi e manageriali”.
La Basilicata è terra di spopolamento e la “restanza” è sempre più difficile per i giovani. Secondo lei la cooperazione può essere la chiave giusta per invertire la rotta considerando che è una regione anche dove i neet sono oltre il 25 per cento?
“La cooperazione, con i valori e i principi che da sempre la caratterizzano, si rivela, anche in tempi difficili, la risposta più sostenibile soprattutto dal punto di vista sociale. Inoltre, il mondo cooperativo è capace di grandi sforzi innovativi tramite cui offre risposte di elevatissimo livello alle crisi, sia sociali ed economiche che ambientali. Penso alle cooperative di comunità, alle comunità energetiche, alle cooperative di lavoratori che nascono a fronte di crisi aziendali, al ruolo che le cooperative sociali hanno svolto durante questi ultimi anni segnati dalla pandemia di Covid-19. Offrire un’alternativa ad un modello di sviluppo che non solo esaurisce risorse naturali e depaupera territori, ma alimenta e diffonde disagio sociale, disuguaglianze e disoccupazione, è ciò che la cooperazione è chiamata a fare. Moltissimi giovani in realtà, le mie conoscenze personali me lo confermano, si associano proprio in forma cooperativa per offrire questa stessa possibilità alla nostra regione. I vantaggi ci sono, da molti punti di vista, forse ciò che manca è la giusta visibilità. La nostra scelta vuole essere infatti anche una testimonianza di ciò che è possibile fare, nonostante tutto”.
La Basilicata ha tante risorse naturali e ambientali. Come, secondo lei, si potrebbe creare sviluppo etico e sostenibile considerando anche l’importanza strategica del comparto Oil e Gas?
“Oltre ad essere una necessità non più ignorabile, una strategia di sviluppo etico e sostenibile è ciò che ormai viene richiesto a tutti i livelli di governance. Non si tratta solo di dichiarazioni di intenti, buoni propositi, obiettivi non vincolanti. Tutto oggi va in quella direzione, perfino il mondo finanziario, e lo fa ponendo limiti, obblighi e doveri. Ugualmente vale per le produzioni di energia da fonti fossili e dei loro derivati, che hanno già dimostrato di non essere all’altezza delle legittime aspettative di sviluppo socio-economico dei territori in cui risiedono. Riuscire a guardare oltre - cosa che oltretutto saremo costretti a fare data la loro esauribilità - in una regione a forte vocazione turistico-naturalistica, che vanta produzioni agricole ed enogastronomiche di pregio nonché una ricchissima biodiversità, significa scongiurare il rischio di un inarrestabile declino, salvaguardare e nutrire le potenzialità della nostra terra e delle nostre comunità. Probabilmente, ciò che più serve a tal fine, è la capacità e la volontà di collaborare, co-programmare e co-progettare, in sinergia tra pubblico e privato, per analizzare i contesti e i bisogni territoriali, fornendo risposte e soluzioni tailorizzate e condivise, che riconoscano una chance di sviluppo equo ed inclusivo e il valore strategico del capitale ambientale, umano e sociale. In Eticae-SiA ci occupiamo anche di land stewardship, una strategia che ad esempio potrebbe essere utile per stipulare patti di custodia del territorio dove il settore Oil e Gas impatta fortemente, per garantirne una gestione etica e responsabile nel tempo”.
Lo Smart Working al Sud ha funzionato in parte e, seppure ci sia la volontà di tanti giovani, di tornare a vivere e lavorare nella loro terra d’origine, il punto debole sono sempre i servizi (asili dido, trasporti, infrastrutture ecc). Come secondo lei la sua organizzazione potrebbe dare un contributo ad incentivare il ritorno dei giovani?
“In eticae-sia siamo molto motivati a produrre impatti positivi e duraturi, tramite le azioni e progettualità che mettiamo in campo. Ciò a cui teniamo particolarmente è la capacità di “ingaggiare” ovvero creare coinvolgimento, in una prospettiva multi target che favorisca non solo la partecipazione ma l’attivismo vero e proprio, su tematiche sempre più al centro del dibattito pubblico e delle dinamiche politiche e socio-economiche, quali appunto la gestione etica delle risorse, l’economia circolare, gli investimenti sostenibili, fino alle pari opportunità. Il nostro contributo quindi, vuole essere indirizzato a creare contaminazioni, network e partnership strategiche per diffondere una nuova cultura a livello sia aziendale che istituzionale e individuale, tale da colmare i gap che pesano sulla nostra regione in termini di smantellamento del welfare, inadeguatezza delle infrastrutture digitali e di trasporto, carenza dei servizi di cittadinanza, verso un netto miglioramento dei livelli di benessere e della qualità della vita, che attragga non solo le persone a restare, ma anche a tornare o scegliere di venire a vivere in Basilicata per le opportunità che sarà in grado di offrire”.
Si parla di transizione ecologica, di Pnrr, ma le aree interne sono quelle che stanno soffrendo di più nonostante la Snai. Cosa secondo lei si potrebbe fare di più?
“Purtroppo si ha spesso la sensazione che le volontà politiche e programmatiche di chi è chiamato a rispondere ai bisogni reali delle persone, si traducano in interventi poco pragmatici e dallo scarso valore in termini di cambiamento effettivo di lungo periodo che sono capaci di produrre. Il coinvolgimento credo sia uno dei temi che necessariamente bisogna rimettere sul tavolo della discussione per evitare di formulare strategie ed adottare metodologie fuori luogo, inadatte, che anziché creare vera sussidiarietà e favorire processi di policy making cosiddetti “bottom-up”, finiscono per calare dall’alto soluzioni che non sostengono le comunità e le amministrazioni locali, soprattutto di piccole dimensioni, ad affermare compiutamente la propria identità, ma che anzi le condannano ad interventi paternalistici, discontinui, non sistemici, o a ricevere piogge di fondi i cui criteri di ammissibilità poco hanno a che fare con la realtà di questi luoghi. Coinvolgimento e collaborazione sono necessari a tutti i livelli e tra tutti i settori per rispondere adeguatamente ai rapidi mutamenti dell’oggi secondo un approccio multidisciplinare e multistakeholder”.
Infine, da lucana che è ritornata per dare un contributo fattivo alla Basilicata, cosa si augura per il futuro di questa regione?
“Le nostre realtà si trascinano decenni di carenze e difficoltà socio-economiche strutturali. Per molti forse il declino in termini di spopolamento e graduale irreversibile arretratezza è tuttora inevitabile, ma il senso più profondo della parola “restanza”, è proprio nella possibilità che essa ci offre di ribaltare consuete convinzioni, rivoluzionando il modo con cui noi stessi - meridionali che tornano e che restano - ci raccontiamo e rappresentiamo. La “restanza” è infatti un’affermazione di potere, di orgoglio, di spirito propositivo, di riscatto, per dimostrare che ogni luogo, ogni comunità, ogni persona, sono degni di aspirare ad un miglioramento delle condizioni di vita, nonché capaci di ottenerlo. Insieme ad ETICAE-SiA, mi auguro di riuscire a generare valore diffuso e sostenibile in una prospettiva di lungo periodo, lavorando su diversi fattori e dimensioni territoriali, in sinergia con tanti altri attori che ogni giorno si impegnano per smontare gli stereotipi legati alla nostra terra, e individuando le risposte ai quesiti che riguardano le possibili prospettive future, nonché le proposte e le azioni concrete per supportare la vita sociale ed economica di una parte del Paese che merita di voltare la pagina della marginalità e di iniziare a scrivere un nuovo capitolo della propria storia”.
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