IL MATTINO
Società
28.10.2021 - 22:56
“L’adolescenza è il momento in cui gli impulsi peggiori e migliori dell’animo umano si danno battaglia per il suo possesso”, affermava G. Stanley Hall. Lo psicologo ed educatore Hall, nel suo “Adolescence” del 1904, fu il primo accademico ad analizzare l’argomento. Egli spiegava di quanto, nella fase adolescenziale, la consapevolezza di sé e dell’ambiente cresca smisuratamente e tutto venga sentito con maggiore acutezza con la conseguente ricerca dell’eccitazione fine a sè stessa. Questo processo di trasformazione matura nel giovane adulto un comportamento spesso alterato in cui la gestione delle emozioni diviene particolarmente complicata proprio perché il cambiamento d’intensità delle stesse emozioni sconvolge l’equilibrio precedentemente raggiunto. La fase dell’infanzia fa fatica ad integrarsi con quella successiva della giovinezza e l’adolescente percepisce il tutto come una forte perdita. E’ per questo che dagli studi analitici emerge una forte inclinazione alla depressione in questo periodo di cambiamento individuale caratterizzato da maggiore sensibilità, avventatezza e autocoscienza. Infatti, molte scoperte di Hall riecheggiano nella ricerca odierna: egli riteneva che gli adolescenti fossero molto suscettibili alla depressione e descriveva una “curva dello sconforto” che inizia a 11 anni e culmina a 15 per poi calare costantemente fino ai 23. “Le cause della depressione identificate da Hall sono sorprendetemente familiari: il sospetto di non piacere e di avere difetti caratteriali insuperabili, e la fantasticheria dell’amore disperato”. In ballo, quindi, sono proprio i due rapporti umani principali dell’esistenza: quello con sé stessi, e quello con l’altro. Entrambi fortemente influenzati e determinanti. La coscienza di sé nell’adolescenza porta all’autocritica e a un ipercriticismo nei confronti propri e altrui. Ecco perché è proprio costui il ciclo in cui i conflitti sono maggiormente frequenti e molto più energici. Acquisendo gradualmente le abilità razionali, gli adolescenti iniziano a “leggere tra le righe” ma dapprima non hanno la piena capacità di farlo e tendono ad ingigantire la sensibilità delle situazioni. Non capire questa percezione del giovane, comporta lo scontro con lui, non indirizzare questa percezione ne comporta in lui un radicamento errato di comprensione della realtà. La realtà è quella che non solo gli occhi ci permettono di guardare, ma di come la mente ce la consente di elaborare. Se quello che osservo è molto bello, ma il pensiero che mi procura è profondamente negativo, la bellezza della realtà sarà influenzata dalla mia mente come negativa, nemica, ostile, inopportuna, sfavorevole. E guardare il bello, per me, non avrà più nulla di bello. Perciò il ruolo dell’adulto è così necessario e delicato nella regolazione e gestione emotiva, nello sguardo interiore ed esteriore, nell’indirizzamento del pensiero libero, nella percezione del mondo, di se e dell’altro. Con l’adolescenza si nasce una seconda volta, e come per ogni nascita la cura al processo è la fase più importante.
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