IL MATTINO
Il caso
10.02.2021 - 18:15
Rionero in Vulture, a dare esempio di cittadinanza attiva e partecipata è il giovane storico lucano Antonio Cecere, che rivolge al sindaco del Comune potentino, Luigi Di Toro, la proposta dell’attribuzione della cittadinanza onoraria al Milite Ignoto. Una richiesta che vuole sostenere, nel più sentito rispetto verso il numero atroce di coloro che sacrificarono valorosamente la propria vita per la Patria, il progetto “Milite Ignoto, Cittadino d’Italia” ― nato in occasione del centenario della traslazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria, verificatasi il 4 novembre 1921, dal Gruppo delle medaglie d’oro al valor militare d’Italia, in collaborazione con l’Anci – Associazione nazionale comuni italiani. Tanti altri comuni, a livello nazionale e regionale, hanno già mostrato, o sono in procinto di farlo, una totale adesione a quello che è un doveroso gesto di commemorazione e richiamo alla memoria.
Pubblichiamo la lettera integrale, che oltre a racchiudere la richiesta fornisce un’attenta analisi e ricostruzione storica dei fatti avvenuti e un personale punto di vista sulla necessità morale di aderire al progetto.
Gent.mo Sindaco,
sono trascorsi esattamente cento anni da quando, nel 1921, il Parlamento italiano decise di rendere onore ai caduti della Prima Guerra Mondiale attraverso l’istituzione del “Milite Ignoto”. A distanza di un secolo da quell’evento che unì davvero la nostra amata Nazione in un afflato accorato è necessario ribadire ancora una volta i valori che permeano la nostra democrazia e che da sempre hanno caratterizzato la nostra comunità. Quella vittoria appartiene a noi più che ad altri comuni italiani. Il generale Giuseppe Pennella, rionerese, nella battaglia del Solstizio ne diede definitivamente l’imprimatur, animato da quel valore supremo dell’Amor patrio che pervase al contempo il cuore di quei quasi duecento rioneresi che diedero eroicamente la propria vita per difendere il suolo italico. Allora toccò a Gabriele D’Annunzio coniare il termine di “Ignoto Militi” e a chiedere che all’interno di quella bara, oggi posta al Vittoriano e vegliata giorno e notte, non vi fossero generali, comandanti o altri graduati, ma un semplice fante. A dimostrare l’immenso sacrificio di un popolo. Senza distinzione alcuna. La salma di un soldato senza nome che non fece più ritorno dalla propria mamma, al proprio tenero nido. Fu proprio una di queste madri italiane, Maria Bergamas di Gradisca d’Isonzo, a scegliere tra le undici salme ignote raccolte, dalla commissione istituita all’uopo, sulle sponde del Fiume Sacro, quella simbolica di suo figlio da inumare all’Altare della Patria. Da quel momento iniziò uno dei viaggi più belli della nostra Storia, il treno su cui fu adagiato il feretro toccò centoventi città prima di arrivare a Roma. Un intero popolo si riversò sui binari attraversati dal convoglio per dare il suo omaggio ad uno dei suoi figli migliori. A tutti i figli d’Italia. In quella bara giaceva il figlio di ogni madre, il padre di ogni orfano, il fratello di ogni sorella. Di tutto ciò, cosa rimane? Dobbiamo andare oltre il Petrarca che avrebbe risposto, alla domanda «Cosa rimane di noi?» rivoltagli da Luciano Ligabue se fossero stati contemporanei, soltanto, «Un picciol marmo». Dobbiamo andare oltre l’Alfieri che ha sempre onorato quella che per San Francesco era «Sora nostra morte corporale». Dobbiamo andare oltre. È perché, per dirla con Giustino Fortunato, che pure non a caso cento anni addietro in occasione della morte del più amato dei suoi fratelli, Ernesto, affermò «Non omnis moriar», che con la presente il sottoscritto Antonio Cecere, orgogliosamente italiano e rionerese, chiede di voler concedere, in unità con le iniziative intraprese da altri comuni italiani sulla scia dell’invito posto dall’Esercito Italiano, la cittadinanza onoraria al Milite Ignoto, per celebrare la libertà. La libertà non è un concetto astratto o qualcosa da tenere sul comodino. È un dono da custodire e preservare, da difendere gelosamente e ferocemente. Oggi, in tempo di pace, corre per noi l’obbligo di commemorare e fare memoria di siffatte gesta paterne perché, a dirla con Foscolo nell’Ortis, «Un uomo non muore mai se c’è qualcuno che lo ricorda».
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