IL MATTINO
La conferenza
04.12.2020 - 13:53
Maria Giovanna Farina in una foto di Roberto Passeri (Associazione culturale Fonopoli)
Il nostro Paese ha grandi spazi inabitati, l'ultima volta che sono andata a Matera ho percorso la strada che collega Salerno alla città dei Sassi e sono rimasta a bocca aperta per le grandi distese verdi. È necessario ritornare a ripopolare i luoghi deserti perché i grandi spazi, oltre a permettere una vita più a misura d'uomo e solidale, perché più serena, rendono difficile i contagi.
Le relazioni familiari al tempo del Covid, titolo della conferenza che ho tenuto online il 2 dicembre scorso su invito di Alba Dell'Acqua, presidente Moica Basilicata, mi ha dato l'occasione per raccontare alcuni aspetti della nostra vita in famiglia durante la pandemia, l'incontro doveva avvenire a Matera, là dove è iniziato il mio impegno contro la violenza di genere ricordando l'importanza dell'educazione sentimentale. La situazione attuale mi ha costretta a trasformare la conferenza in una riflessione sul Covid e non solo sulla famiglia.
La famiglia è il nucleo della società e lo è da sempre nelle diverse epoche della storia. Quattro secoli prima di Cristo, il filosofo Aristotele considerava la Polis, città stato greca, il luogo di realizzazione della felicità; si trattava di un piccolo stato autosufficiente formato da nuclei familiari in buona interazione. Qualche anno prima Socrate, il primo filosofo della cultura occidentale ad occuparsi dell'interiorità umana, ci parlò di uno stato ideale nel dialogo Repubblica di Platone, di ciò che a posteriori è stato definito comunismo, non nel senso da noi conosciuto come genere di governo, ma come una sorta di eliminazione della famiglia, per una vita in comune dove i figli erano gestiti anche dalle altre madri.
La famiglia ha resistito, nonostante le continue trasformazioni, pensiamo alla legge sul divorzio di cui ricorrono i 50 anni in questi giorni che ha reso possibile la libertà di scegliere a molte coppie se rimanere unite oppure no, e resiste tutt'ora nonostante la pandemia che ha dato alle donne grandi difficoltà, maggiore impegno fino ad un aumento della violenza tra le mura domestiche trasformate in troppi casi in prigionia.
La pandemia è stata un fattore disgregante per le relazioni famigliari. Penso a tutte le testimonianze raccolte con il mio personale osservatorio. Durante la prima ondata ho più volte sottolineato il problema dei bambini e dei giovani costretti a non poter vivere certe esperienze come la Prima Comunione, la vita scolastica tradizionale fino al primo bacio degli adolescenti. Il contagio e la distanza sociale hanno allontanato destrutturando le relazioni, sconvolgendo l'ordine naturale degli eventi, ma in quel momento primaverile si diceva “andrà tutto bene”, si ripeteva come un mantra consolatorio la speranza ottimista che si sarebbe presto ritornati alla vita di prima. Poi l'estate, le vacanze e la voglia di libertà hanno illuso a credere che davvero sarebbe andato tutto bene.
La seconda ondata è gravosa, la vita di prima appare molto lontana, ciò ha fatto precipitare troppe persone nella depressione: l'incertezza di quando si potrà pronunciare la parola fine si è insinuata senza troppi complimenti nelle nostre vite, nonostante la prospettiva del vaccino. I disabili non più assistiti, i malati di altre patologia, i morti anziani delle RSA ci sono tornati in mente e ci fanno pensare agli errori commessi non solo nella gestione, ma a tutti gli sbagli relativi al nostro modello di vita. Gli anziani, ad esempio, ai tempi delle famiglie allargate del secolo scorso, famiglie contadine che hanno resistito alla II Guerra Mondiale e oltre, quegli anziani erano parte integrante del gruppo e mantenevano un valore. Ora, costretti da un vita estremamente urbanizzata dove le famiglie sono piccoli nuclei che vivono in appartamenti, i cosiddetti vecchi vanno in RSA perdendo la relazione affettiva data dalla quotidiana vicinanza con i parenti stretti e il loro posto nella società fatto di saggezza e supporto ai figli. Mi direte che non è sempre così, per fortuna, ma lo è troppo spesso.
Il nostro Paese ha grandi spazi inabitati, l'ultima volta che sono andata a Matera ho percorso la strada che collega Salerno alla città dei Sassi e sono rimasta a bocca aperta per le grandi distese verdi. È necessario ritornare a ripopolare i luoghi deserti perché i grandi spazi, oltre a permettere una vita più a misura d'uomo e solidale, perché più serena, rendono difficile i contagi.
Un aspetto importate che ho sottolineato è la differenza tra guerra, quella con le bombe, e la cosiddetta guerra al virus: c'è una differenza abissale. La prima aggregava, univa le persone nei rifugi durante i bombardamenti e anche se c'erano fenomeni di delazione non erano la maggioranza dei casi. Le persone e le famiglie vivevano molto più unite per affrontare le difficoltà, il virus costringe al contrario ad una guerra che ci allontana; durante i bombardamenti si correva insieme nei rifugi sotterranei, si compativa il disagio, il terrore, la speranza che tutto finisse. Si conosceva il nemico e come colpiva, ora siamo in balia dei DPCM e dei pareri discordi degli esperti, certamente non rimpiango i bombardamenti, desidero solo sottolineare l'enorme diversità delle due situazioni: comprenderlo ci può aiutare a rivalutare le relazioni con gli altri. La II Guerra Mondiale faceva sperare nella fine e nella inevitabile ricostruzione, si guardava al futuro con fiducia mentre oggi le famiglie temono l'incertezza del domani. Quando terminerà? Non lo sappiamo. Cosa sarà di noi? La crisi economica che stiamo vivendo quando avrà fine? Domande ansiogene, siamo tutti in bilico e ciò che solo può consolarci è il fatto che almeno in questo siamo vicini.
I figli sono lontani ed i genitori in ansia, gli anziani colpiti con più aggressività da Covid muoiono in solitudine per l'impossibilità anche solo di tenere loro la mano nel momento del trapasso... questa non è una guerra, è disumanità coercitiva a cui non dobbiamo abituarci. Un insegnamento fondamentale della pandemia è: non dare mai nulla per scontato, nulla è prevedibile con certezza. Questo Natale sarà diverso, chi lo avrebbe ami detto? E non certo perché non si andrà a sciare...
Ho concluso la conferenza parlando di Catarina e la porta della verità (ed. Rupe Mutevole), romanzo scritto con Max Bonfanti in cui abbiamo narrato le relazioni anche familiari mettendo in luce quanto l'amore vero presente in una famiglia sia in grado di superare le difficoltà comuni, un amore dunque non solo di coppia ma fraterno e genitoriale.
Ringrazio tutti i numerosi partecipanti, in particolare Tina Leonzi Presidente e fondatrice del Moica, la rappresentante della Regione Basilicata – Assessorato delle Pari Opportunità nella persona di Mimma Grillo, Alba Dell’Acqua e Caterina Della Torre di Dol's.
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