IL MATTINO
Arte
29.08.2020 - 11:05
In largo Manfredi, nel cuore del centro storico della città di Orazio, da pochi giorni le mura si sono colorate dell’intervento artistico della giovane venosina Rossana D’Andretta. Laureanda in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, D’Andretta ha voluto lanciare un messaggio ai giovani residenti o di passaggio nella sua città di origine. Soluzione onirica è un’opera nata dalla collaborazione con l’Associazione familiari antistigma “Alda Merini”, che ha voluto ospitare sulla facciata della nuova sede questa manifestazione di speranza. Si pensa di realizzare all’interno di questo spazio un atelier di pittura per bambini affetti dallo spettro autistico. L’artista chiarisce al Mattino le sue intenzioni creative.
In Soluzione onirica, suo ultimo lavoro, si affiancano differenti soggetti ed elementi. Qual è il pensiero che l’ha spinta nella sua realizzazione?
«Mi rivolgo alle nuove generazioni. Un bambino in bianco e nero, proveniente da un’altra epoca, trasgredisce al suo lavoro d’attacchino e realizza sulla parete un paesaggio. Si serve di una soluzione onirica, ovvero di un liquido sognante, contenuto in un secchiello. Nella speranza che il futuro dei giovani risieda in un mondo naturale, in cui natura e animali vengano rispettati. Un traguardo raggiungibile solo attraverso la cultura. Sono i bambini a dover apprendere questi concetti, per poi poter creare un futuro migliore. Ho pensato per immagini, ogni elemento cela una propria sensibilità. Il cane, che osserva il suo padroncino, esprime fedeltà; fondamentali le scritte sui tre libri in pila: more natura, more culture e more future».
Un mondo ideale e giusto, in cui si valorizza il rapporto dell’uomo con l’ambiente e con la cultura e in cui la forza dell’onirico si impone come risposta alle più personali domande. In un momento storico in cui sui giovani premono, con sempre maggiore insistenza, le difficoltà sanitarie e lavorative l’artista restituisce un’interpretazione positiva del vivere umano.
Come la sua arte si distingue dalla street art?
«Premetto che sono molto affascinata dalla street art, dai lavori di Jorit e Banksy ai murales che animano il Gravattone nella mia cittadina. Quando mi è stata commissionata quest’opera, però, ho pensato al muro dell’associazione come ad una grande tela. Non ho deciso di non sperimentare con bombolette spray, ma ho semplicemente fatto quello che so fare, ponendomi come unico obiettivo che questo bambino potesse trasmettere qualcosa. Spero di esserci riuscita».
A guardarla all’opera tutto sembra essere spontaneo: una ragazza in salopette, i piedi poggiati su una vecchia sedia in legno, impugna un sottile pennello e si estranea dal contesto che le ruota attorno.
Ci parli della tecnica pittorica utilizzata.
«Ho utilizzato i colori acrilici e i pennelli per una migliore resa dei dettagli, mi hanno permesso di curare ogni particolare. E poi ho semplicemente dipinto. Ho deciso, questa volta, di concentrarmi sui colori; i lavori che ho realizzato negli ultimi anni sono stati caratterizzati da un altro tipo di tecnica e sono stati studiati in bianco e nero».
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