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«La facoltà di medicina all'Unibas è una grande opportunità per tutto il territorio lucano e per la nostra sanità»
Parola all'ex manager della sanità lucana Rocco Maglietta e attuale direttore sanitario del Don Uva

«Il passaggio del San Carlo da azienda ospedaliera a policlinico universitario richiederà un grande impegno e sul Don Uva abbiamo subito un calo di attività ma la situazione post Covid sta tornando alla normalità»

«La facoltà di medicina all'Unibas è una grande opportunità per tutto il territorio lucano e per la nostra sanità»Parola all'ex manager della sanità lucana Rocco Maglietta e attuale direttore sanitari

dott. Rocco Maglietta

La facoltà di medicina e chirurgia presso l'Università degli Studi della Basilicata è ormai realtà. Il protocollo d'intesa tra Regione ed Università è stato già sottoscritto e successivamente sarà firmato anche dal ministro della salute Roberto Speranza e dal ministro dell'università Gaetano Manfredi. Si tratta di 60 posti e di circa 25 docenti almeno per il primo anno di corso. Oltre al ruolo della didattica e dei docenti, gran parte della progettualità passa dall'efficientamento delle strutture ospedaliere. Approfondiamo il tema con il dott. Rocco Maglietta già direttore generale dell'ospedale San Carlo di Potenza, dell'ospedale Madonna delle Grazie di Matera e dell'IRCCS-CROB di Rionero in Vulture (PZ) ed attuale direttore sanitario dell'istituto Don Uva di Potenza.

Dott. Maglietta il San Carlo è pronto al passaggio da azienda ospedaliera a policlinico universitario?

Vorrei fare una premessa: per noi lucani il corso di laurea in medicina è sempre stato un sogno e più volte le precedenti classi politiche hanno cercato di realizzarlo. Il salto di qualità del sistema sanitario regionale passa anche attraverso la formazione all'interno del nostro territorio. L'attuale giunta regionale, anche in virtù di alcune circostanze contingenti come la carenza di medici messa in luce durante l'emergenza Covid, ha raggiunto questo obiettivo. La rettrice dell'Unibas la dott.ssa Sole ha sposato questo progetto e con il tempo ha sdoganato questo sogno portandolo a compimento. Infine è doveroso ricordare il ruolo del ministro della salute Speranza che ha creduto fortemente in questa opportunità con un notevole impegno economico da parte del proprio dicastero e del ministro dell'università Manfredi che in qualità di ex rettore di un'università meridionale conosce bene l'importanza di investire in formazione e ricerca soprattutto nel Mezzogiorno. Il ruolo del San Carlo sarà fondamentale ma non vorrei parlare di Potenza o di Matera perchè la facoltà di medicina ha bisogno di tutte le esperienze che abbiamo in regione e qualcuna possiamo anche ipotizzare di potenziarla. L'hub centrale per ovvie ragioni non può che essere il nosocomio di riferimento regionale ossia il San Carlo, sia per la grandezza sia per la specialità delle prestazioni erogate. Inoltre il San Carlo a livello logistico è vicinissimo al polo universitario di Macchia Romana e questo può favorire la didattica, i trasporti, l'organizzazione e tutta la vita universitaria che è fatta anche di socializzazione e di confronto tra studenti. Per un corso di laurea in medicina è fondamentale il territorio e immagino sia importante una grande collaborazione con Asp ed Asm perchè il territorio è gestito dalle aziende territoriali e servono tutte le esperienze, ad esempio la cronicità o l'igiene salvo quella ospedaliera. La formazione teorica sarà presso l'università ma quella pratica sarà sul territorio e sottolineo su tutto il territorio evitando protagonismi e provincialismi. Certamente ci saranno delle problematiche quando il corso entrerà nel vivo dei sei anni previsti dall'ordinamento perchè bisognerà immaginare determinati servizi o reparti clinicizzati, questo perchè il docente oltre ad essere un formatore sarà anche un erogatore di prestazioni sanitarie. Per concludere sul territorio abbiamo un DEA (Dipartimento Emergenza e Accettazione) di primo livello, un DEA di secondo livello un IRCCS (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) a Rionero in Vulture e quattro pronti soccorsi attivi, ciascuno può dare il proprio contributo. Il San Carlo è l'unica struttura candidabile per diventare un policlinico universitario ma questa transizione richiede un grande impegno ed un'ottima programmazione ed organizzazione.

Limitatamente all'importanza del territorio quale può essere il ruolo del Don Uva?

All'interno delle cronicità e della riabilitazione il ruolo del Don Uva sul territorio è fondamentale. Quando si dice: "più territorio e meno ospedali" vogliamo affermare il valore delle strutture intermedie per cronici e delle attività ambulatoriali che possono essere delegate. L'ospedale dovrebbe dedicarsi alle liste di attesa degli interventi ed il territorio dovrebbe gestire le attività di routine come ad esempio le visite cardiologiche. Questo alleggerimento è possibile organizzando gli ambulatori o facendo convenzioni con centri accreditati, ottimizzando risorse ed organizzazione. Torno a ripetere: l'ospedalizzazione di pazienti cronici per attività di routine è fortemente sconsigliata anche dal punto di vista psicologico.

Storicamente l'ospedale San Carlo era ritenuto, nostro malgrado, poco appetibile per la carriera di un chirurgo. Con la facoltà di medicina e con lo status di policlinico universitario è auspicabile un cambio di tendenza?

Sicuramente ha sempre influito anche lo scarso collegamento della città di Potenza, bisogna anche tenere conto della possibilità di scelta ed è nella natura umana fissare degli obiettivi.
Con la facoltà di medicina si apriranno nuove prospettive e nuovi spazi. Ci saranno molte opportunità per il San Carlo e per la città di Potenza. Aumenterrano le manifestazioni di interesse perchè lavorare presso un'università ed un ospedale importante come il nostro sarà certamente un obiettivo importante per molti.

Ragionando a lungo termine in base alla sua esperienza da medico oltre che di manager su quali scuole di specializzazione post laurea si potrebbe maggiormente puntare?

Le specializzazioni che hanno un maggiore impatto sono note. Ad esempio era risaputo già prima dell'emergenza Covid che vi era una carenza di anestesisti o di pneumologi. La sfera legata al pronto soccorso e all'emergenza è indubbiamente quella che, ad oggi, è maggiormente in difficoltà. Sappiamo bene quanto sia complicato lavorare sotto stress, durante ogni turno può accadere qualsiasi cosa. Aggiungerei anche pediatria ma sostanzialmente i bisogni sanitari di una singola regione sono facilmente individuabili con una buona programmazione. Ad esempio con l'età media della popolazione che tende ad aumentare e con un'anzianità diffusa è auspicabile immaginare sempre più una maggiore richiesta di geriatri e riabilitatori.

Come state programmando la fase post Covid al Don Uva?

Io non parlerei di situazione post Covid semplicemente perchè il Covid, fortunatamente, non è mai entrato in questa struttura perciò non abbiamo mai dovuto gestirlo. Abbiamo subito chiuso la struttura e posto in essere le migliori pratiche di prevenzione. Il nostro personale è stato eccellente nella gestione del distanziamento tra i pazienti e nei comportamenti sia all'interno, sia all'esterno del luogo di lavoro. La sanità stenta a ripartire durante la fase post Covid, noi abbiamo ad esempio 40 posti letto per la riabilitazione che è molto legata all'ortopedia, essendo state sospese le attività chirurgiche programmate abbiamo di conseguenza registrato una contrazione. Ad oggi siamo ai tre quarti della capienza massima, abbiamo subito un calo di attività ma lentamente la situazione sta tornando alla normalità. 

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