IL MATTINO
Il caso
20.06.2020 - 19:50
PALAZZO SAN GERVASIO- Le altalene sono fatte per oscillare. Le altalene sono fatte per guardare in faccia il cielo e per vedere dall’alto la terra. Sono fatte per rimanere sospesi tra cielo e terra. Sono fatte per sconfiggere la vertigine dell’altezza e per godere della leggerezza dell’aria. E sono fatte per gridare. Di allegria, di stupore, anche di paura.
Quando Arianna afferra le corde dell’altalena, l’orizzonte circolare la abbraccia in un vortice di gioia pura. È il suo momento di libertà, la cosa più vicina al volo che può provare. È il suo momento del controllo, la scelta di “essere serena” alle proprie condizioni.
Afferrare le corde dell’altalena, TUTTI I GIORNI, per Arianna significa che è tutto a posto, che “andrà tutto bene”, che niente può e potrà scombinare la sua vita.
Afferrare le corde dell’altalena, TUTTI I GIORNI, per Arianna, bambina autistica non verbale, significa la sicurezza oltre ogni normalità.
Sul piano dello scorrimento di questa narrazione, però, sul più bello irrompe “qualcuno”, come una sporgenza, a divorare la scena, ad accentrare l’attenzione più che sulla fanciulla. Un protagonista innaturale che si insinua sino ad infrangere il senso dell’ovvio. E che assume le sembianze del grottesco. Un “qualcuno” che, al fine di ripristinare la “aberrante” liceità, ha richiesto agli Agenti di Polizia Locale di Palazzo San Gervasio di rimuovere l’altalena della piccola Arianna, montata all’albero che abbellisce il marciapiede adiacente l’ingresso della sua casa, perché insistente su un suolo pubblico.
Questa storia terminerebbe qui ove non si volesse commisurare il senso della legalità con il buon senso del diritto. Tutti d’accordo, infatti, nell’affermare che la legalità sia un valore fondamentale. E che il rispetto della legalità sia un segno distintivo di civiltà. Tutti d’accordo, però, anche sul fatto che alcune prescrizioni possano risultare incomprensibili o contraddittorie di fronte alla “diversità” di certi valori.
Già Cicerone metteva in guardia i Romani sulla pretesa che la disciplina delle relazioni umane potesse essere affidata integralmente al diritto. Summum jus, summa iniuria, proclamava, significando non solo che esistono ambiti che il diritto non può regolare ma anche che un’applicazione acritica del diritto, che non tenga conto, cioè, delle circostanze del singolo caso, non possa non ucciderne lo spirito, condurre facilmente a commettere ingiustizie o addirittura costituire strumento per perpetrarle.
Esistono spazi della vita sociale, infatti, che hanno inevitabile bisogno di “più componenti” per essere legittimamente regolati. Il rispetto per le persone più deboli o anziane ovvero la salvaguardia delle relazioni interpersonali - elementi tutti preponderanti e fondamentali del quotidiano - ad esempio, non possono non essere interpretati con la cartina di tornasole del “buon senso”, attraverso una lettura intellettuale o morale capace di valutare e distinguere il logico dall’illogico, l’opportuno dall’inopportuno e di comportarsi in modo giusto, saggio, equilibrato, contemperando gli approcci istituzionalizzanti, con la finalità ultima di consentire a chiunque di vivere una vita il più facile possibile.
Soprattutto esistono momenti in cui ciascuno sceglie responsabilmente di insinuarsi in questi spazi magari decidendo di sottoscrivere una petizione come quella attiva al link https;//www.petizioni.com/laltalena_di_arianna_non_si_tocca.
Arianna ha 7 anni ed aspetta di continuare a spingersi sulla sua altalena, vicino al rifugio della propria casa, della propria famiglia. Costi quel che costi. Sogni, giochi e felicità non hanno prezzo!
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