IL MATTINO
Il drammatico ritrovamento a Metaponto
28.03.2020 - 20:50
Il piccolo Diego è stato trovato a Marinella di Metaponto senza vita
Purtroppo, il maledetto letto del fiume Bradano è stato più accogliente delle fragili braccia del nostro guasto mondo. Ha inghiottito Diego, un bambino di tre anni, strappandolo alla vita e alla sua famiglia. Nessun genitore dovrebbe sopravvivere ai propri figli, è un dolore troppo straziante che come un buco nero risucchia ogni forma di tempo: passato, presente, futuro. E’ feroce ricordare, impossibile essere, disumano divenire. La lotta successiva al lutto, contro la paralisi vitale, emotiva e motivazionale non è semplice, ma è una scommessa necessaria su cui ogni genitore deve investire nonostante tutto. Quando un bambino perde una madre o un padre, viene definito orfano. Quando una donna o un uomo perdono i loro compagni, sono definiti vedovi. Ma quando una mamma e un papà perdono un figlio, non esiste un nome in grado di indicare questa condizione. Il legame che sussiste tra un bambino piccolo e i suoi genitori è dipendente quanto viscerale, tanto da rendere l’accettazione e l’elaborazione del lutto ancor più faticosa. Perdere un figlio comporta perdere il significato della propria vita e ritrovarlo è un cammino lungo e tortuoso ma che permette di riaccendere la luce. Per fare ciò è indispensabile che ogni genitore accetti i sentimenti di dolore che vadano dalla rabbia alla tristezza, dalla paura allo smarrimento così come l’apatia, trovando fiducia nel tempo. Nella presa in cura di sé stessi, è fondamentale evitare di addossarsi colpe su eventi al di fuori del proprio controllo, non isolarsi ma comunicare maggiormente con chi ha vissuto un’esperienza simile dedicandosi al volontariato o addirittura partecipare a un gruppo sul lutto. E’ importante però distinguere un “lutto fisiologico” che prevede specifiche fasi dallo stordimento iniziale, struggimento, disperazione fino ad arrivare lentamente all’accettazione e riorganizzazione, da un “lutto patologico” definito dal DSM-5 come “persistente e complicato” caratterizzato con difficoltà ad accettare la sua ineluttabilità e che si protrae assumendo connotazioni psicopatologiche per almeno dodici mesi e strettamente in comorbilità con altri disturbi quali, depressione maggiore, disturbo da stress post-trumatico (DSPT), e il disturbo da uso di sostanze. Come si evince da quanto detto, nel “lutto patologico” le fasi che ne definiscono una corretta elaborazione, diventano cliniche perché non gestite o bloccate, è quindi utile rivolgersi a figure professionali altamente qualificate in grado di dare un efficace supporto attraverso un percorso terapeutico adeguato.
John Donne scriveva: “La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità”. Oggi, la morte del piccolo Diego, è un po' la morte di tutti noi. Seppur siamo in un momento storico agghiacciante, in cui ogni sera contiamo i nostri defunti, quasi abituandoci ad essi, i tragici eventi come questo ci ricordano che una catastrofe non ne esclude un’altra e che il dolore arriva ovunque e non esiste mascherina o igienizzante che permetta di proteggerci da esso. La morte di un bambino, spezza i fiori della primavera più dei suoi piedini che correndo calpestavano gli stessi fiori. Ed è un passo indietro, verso l’inverno gelido.
*Educatrice, Pedagogista, Mediatrice Familiare
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