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Gianni Basilio gira la Basilicata presentando il suo "Senza regole". 13 tracce in cui racconta la sua generazione tra passioni, paure e amore

Il cantautore di Oppido Lucano, definito dalla rivista Rolling Stone “il rocker buono”, ha inaugurato il 2020 sul palco del concertone Rai

Gianni Basilio gira la Basilicata presentando il suo "Senza regole". 13 tracce in cui racconta la sua generazione tra passioni, paure e amore

Gianni Basilio, è un giovane cantautore lucano con una voce profonda e riconoscibilissima. «Ci sarà tempo per fare un lavoro che non mi piace fare» afferma, vuole vivere di musica e intanto sogna Sanremo. Le soddisfazioni non mancano: la vittoria del contest di Radio Italia live in piazza Duomo a Milano, il capodanno Rai, la citazione su Rolling stone. In questi giorni sta girando la Basilicata con il suo nuovo disco “Senza regole”, tredici pezzi che toccano tematiche disparate, il dramma dell’immigrazione, l’invisibilità dei clochard, la felicità, l’amore ovviamente. Il pubblico apprezza e si fa sentire soprattutto sui social dove è molto seguito. 

Nella tua canzone “Senza regole”, che dà il nome all'ultimo disco, affermi «Speriamo in posti statali, concorsi bancari per un po’ di certezza, poi sogniamo vite ad Hollywood tra maggiordomi, lussi, spa, quattro ville, senza la tristezza». Cosa sogna Gianni?

«Gianni sogna di poter vivere di musica, di poter fare questo lavoro per tutta la vita. Certo, sarebbe bello un giorno calcare il palco di Sanremo, mi basterebbe però girare tanto con la mia musica nei locali, nei pub, nelle piazze per tutta la vita. Ho utilizzato quella frase per descrivere lo sbando della mia generazione, la difficoltà nel trovare lavoro e vivere dei propri sogni».

Hai iniziato a suonare il sax ad 8 anni, poi hai abbracciato la tua chitarra, prima la scrittura, poi il canto. Quanto ti ha cambiato l'esperienza al Dams e quanto quella del Cet di Mogol?

«Il Dams è stato un percorso di vita, l’università segna la crescita di ognuno di noi, senza avere mamma dietro che ti fa le lavatrici. Ma ho studiato molto per me, per una questione culturale. Invece il Cet di Mogol mi ha dato una bella dritta, li sono cambiate tante cose perché studiando prima nel corso autori e l’anno scorso nel corso interpreti, ho assorbito come una spugna le lezioni di grandi insegnanti come Anastasi, lo stesso Mogol, Bernacchia, Cheope, ho avuto l’onore di avere grandi personaggi come maestri. Mi ha cambiato tanto, mi ha spalancato gli occhi e insegnato tanto. È stata una benedizione».

Se Bologna è il tatuaggio che non hai, per citarti, la Basilicata cos’è? Raccontaci del tuo progetto di Rock streets radio.

«Bologna “è il tatuaggio che non ho”, mi ha segnato davvero tanto ed è nel mio cuore. La Basilicata fa parte della mia anima, è dentro di me, la regione che mi ha dato la vita, l’aria che ho respirato, la culla in cui siamo cresciuti. È un’arma a doppio taglio questa regione, da un lato c’è il calore della gente, ci si conosce tutti dall’altro ha mille difficoltà. I ragazzi vanno via per realizzarsi, non è trattata bene a livello ambientale, a livello politico. Io la amo estremamente, ho deciso di tornare qui, per scommettere sul mio territorio. L’esperienza con Rock streets radio è iniziata per gioco, nel 2012 a Bologna con il mio amico Teo Giacomino, con questo sogno delle radio libere con quarant’anni di ritardo rispetto alle altre, ma erano i nostri vent’anni. Adesso abbiamo messo su una associazione, facciamo delle dirette Fb molto seguite nelle quali misceliamo il comico con un pizzico di cultura, con delle rubriche “131 passi nella Lucania”, “I viaggi nel mondo”, “Cuori sfrattati”, “Shakeriamoci”, “Il calcio lucano minuto per minuto” per esempio».

Per chi ti piacerebbe scrivere?

«Ho sempre pensato che le canzoni che scrivo siano cucite addosso a me, come un abito sartoriale. Molti miei amici sono degli eccellenti autori e sono molto camaleontici, scrivono per diversi interpreti. Io invece ho davvero tanta difficoltà, scrivo in maniera molto personale. Senza dubbio per Vasco, ma è impossibile perché lui scrive già da dio».

Nella presentazione del tuo disco hai deciso di inserire alcuni intermezzi teatrali davvero di impatto. Gli attori, come la band, sono dei tuoi amici. Quanto conta l’amicizia nel tuo lavoro?

«In queste presentazioni stiamo cercando di realizzare uno spettacolo a 360 gradi, è uno spettacolo a tutto tondo. Prima di essere musicisti, siamo amici e questo è davvero importante per me. Un amico può capirti a differenza di chi lo fa solo per lavoro».

Qual è la tua prossima tappa?

«Adesso stiamo promuovendo il nostro lavoro in giro per la Basilicata, speriamo di fare qualche altro palco importante in questo 2020 iniziato col botto sul palco della Rai. Sono a lavoro nuovamente, ho ricominciato a scrivere, ora lasciamo che i miei testi arrivino alla gente. Una volta che un disco esce, le canzoni non sono più solo mie ma nostre. Spero che tutti possano immedesimarsi nei pezzi, è questa la vittoria più grande».

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