IL MATTINO
A un passo dal vero
21.08.2017 - 08:50
La poetessa Isabella Morra, uccisa a 26 anni
- Sì. Sono stato in Francia per un convegno su Caterina dei Medici, inviato dalla mia Università. Sono l’unico davvero esperto di letteratura e società del Rinascimento e del Barocco – ammise Cendola.
- E in che data? – chiese Adele
- Sinceramente non ricordo in questo momento, ma posso darle tutti i dati con precisione, se me lo chiede. Ma perché me lo chiederebbe?
- Ma professore...mi sembra il minimo. E’ morta una giovane donna? Le è sfuggito?
- No certo capisco è giusto ma io che c’entro la conoscevo appena questa ragazza...
- Ma non doveva essere il relatore della sua tesi su Isabella Morra?
- Era lei che era “fissata”, io non le avevo ancora assicurato nulla...
- Bene...Cosa farete stamattina, voi...sapete... vi ho definiti “gli innamorati di... Isabella”?
- Non cadiamo in equivoci...noi siamo soltanto cultori della poesia di Isabella Morra, cultori ovviamente professionalmente motivati.
- Ma certo...non intendevo coinvolgerla in alcunché...quindi, cosa farete oggi?
- Una nuova escursione al Coppolo...
- Ah, bene allora vi farò compagnia, spero che non dispiacerà a nessuno...anch’io sono una cultrice di Isabella...a scuola stranamente ce ne aveva parlato una prof e ora...sono anch’io professionalmente motivata.
- Accompagnarci? Faccia pure, ma non credo che potrà ricavare qualcosa di utile per la sua inchiesta...siamo solo dei professori con qualche passione...letteraria in comune.
Eh, sì! Pensò Adele. Passione...forse è la parola giusta?
Il Coppolo era affascinante e pure faticoso, ma per un’illuminazione Adele avrebbe fatto qualsiasi cosa...lecita, ovviamente. Se era eccitante pensare che il sentiero fosse proprio quello percorso da Isabella prima, era ancora più eccitante pensare che lo aveva percorso anche Isabella seconda. Sola? Con chi? Sempre con i proff? Sempre in comitiva?
Adele attrezzò le orecchie per cogliere ogni sospiro e bisbiglio, un po’ era fissata con i bisbigli, era una curiosona, diciamo una sentona...ma nel suo mestiere aiutava quell’udito fino che la sorte le aveva dato. Compensava il centimetro in meno della sua gamba, che certo in quel momento non l’aiutava.
La cima del Coppolo era, come dire, un luogo di una magia assoluta, il mare si vedeva, meglio s’intuiva nel trionfo di colori che si estendeva a vista d’occhio. Isabella era lì, seduta sul sasso che segnava il culmine del monte e dell’emozione. Era lì...non c’era dubbio. Solo un silenzio profondo e straziante...solo un silenzio...e un singhiozzo...
Adele non si mosse. Calcolò, senza voltarsi, spazio, tempo e vento per capire di chi fosse quel singhiozzo. Veniva da sinistra, certamente. Sperò che nessuno si muovesse, mentre si prendeva il tempo necessario per voltarsi senza dare adito a sospetti. Ma fu Adolevi, il pettegolo, a rompere la magia di quel silenzio.
- Caspita...non ci si abitua alla bellezza, vero? Che ne dici, Cendola?
- Faresti meglio a goderti il panorama piuttosto che appestarlo con le tue chiacchiere! – Cendola era evidentemente irritato.
Adele capì il segnale di Adolevi: il singhiozzo era di Cendola. E Adolevi non voleva che Adele avesse dei dubbi in proposito. Era un segnale, una complicità che lei non aveva gradito, ma alla fine era pur stato utile, perché qualche dubbio l’aveva avuto, tra Cendola e il Dottore forse non sarebbe riuscita a districarsi. Va be! Il singhiozzo, dunque, era di Cendola. Prese il taccuone e scrisse qualcosa, guardandolo di sottecchi. E rivide quello strano movimento degli occhi che già l’aveva incuriosita. C’era da indagare.
Il più giovane degli innamorati di Isabella lesse dei versi. Appartenevano ad una canzone che a scuola Adele non aveva letto, ma l’aveva fatto da poco, per l’indagine.
Per voi, grotta felice,
boschi intricati e rovinati sassi. Sinno veloce, chiare fonti e rivi, erbe che d’altrui passi segnate a me vedere unqua non lice, compagna son di quelli spirti divi, c’or là su stanno in sempiterno vivi, e nel solare e glorïoso lembo de la madre, del padre e del suo Dio spero vedermi anch’io sgombrata tutta dal terrestre nembo, e fra l’alme beate ogni mio bel pensier riporle in grembo. O mie rimote e fortunate strate, donde adopra il Signor la sua pietate!
- Vi ho proposto un’Isabella pacificata, oggi. Che ne dite?
- Certo la poesia risarcisce, ma come sono diversi questi toni, come è lontana
questa Isabella dall’altra, che invoca la Francia e sa benissimo chi sono i suoi aguzzini e li sferza con la sua solitudine, il suo dolore. – disse il Dottore - Non so, ma questa “conversione” non mi ha mai convinto pienamente. Tuttavia... Che ne dici Cendola, tu sei l’esperto.
- Ci sto lavorando, nel mio prossimo saggio avrai una risposta convincente...
- A quando la pubblicazione, allora?
- Vi farò sapere. Ma continuiamo la lettura...
- Direi di rientrare – disse uno degli innamorati di Isabella, in evidente difficoltà
con le scarpe probabilmente troppo nuove.
- Allora si torna...
Grotta felice. E chi poteva dormire con quel ritornello nella testa. Nel dormiveglia Adele ripensava a quella escursione. Rivide come in trance il momento in cui il Dottore si era fermato per riposarsi. L’aveva guardata, e nel suo sguardo aveva visto come il balenio dell’imbarazzo, magari anche della paura. In quel punto un faggio dal grosso tronco e altissimo faceva ostacolo a tutto il resto. Un luogo particolarmente invitante, una pausa ci stava bene. Perché lo sguardo tirasse a destra non l’aveva capito. Bisognava tornarci. Non senza aver prima chiamato Giustina.
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