IL MATTINO
Se fosse fosse italiano, sarebbe definito “un centrista”, è un moderato di formazione liberale
10.05.2017 - 20:25
L’Inno alla gioia, l’Europa, la location del Louvre, con tanto di Piramide alle spalle del nuovo Presidente della Repubblica, sono un messaggio sciovinista. Chi pensa ai poteri forti e alla finanza internazionale conosce poco la Francia.
Macron ha riproposto l’illuminismo, ha spiegato che l’Europa deve ripartire dalla Rivoluzione Francese
Emmanuel Macron, se fosse italiano, sarebbe definito “un centrista”, è un moderato di formazione liberale. Non ci sono partiti italiani che ne rappresentano la parabola. Forse quello che più gli si avvicina è Forza Italia delle origini. Un Movimento, non un partito, un’idea profonda di cambiamento.
Forza Italia assemblava culture socialiste, liberali e popolari, in un contesto di contrapposizione alla sinistra marxista, ai sindacati, alla burocrazia elitaria e statalista.
Macron il riformista contesta, senza mezzi termini, la sinistra radicale e gli estremismi, è profondamente europeista. Rilancia la Francia in un ruolo guida. Coglie il vuoto dell’uscita della Gran Bretagna dalla leadership europea. Diventa un contrappeso della Germania. Sbagliato definirlo un alleato dei tedeschi.
L’Inno alla gioia, l’Europa, la location del Louvre, con tanto di Piramide alle spalle del nuovo Presidente della Repubblica, sono un messaggio sciovinista. Chi pensa ai poteri forti e alla finanza internazionale conosce poco la Francia.
Macron ha riproposto l’illuminismo, ha spiegato che l’Europa deve ripartire dalla Rivoluzione Francese.
E’ un filosofo. La memoria va a Spadolini, unico capo di governo italiano laico, dotto e rinnovatore. Macron parte proprio dalla filosofia. Il suo modello economico connette globalizzazione e personalismo comunitario. Non a caso il giornale italiano che più lo ha sostenuto è “Il Foglio” che cominciò, con Giuliano Ferrara, la rivoluzione culturale liberale che portò Berlusconi al Governo. L’uomo di Arcore, però, era solo un pragmatico. Macron è un raffinato intellettuale.
Matteo Renzi 2.0 prova ad emularlo. Il colmo è che aveva la soluzione dei problemi italiani sotto mano. Si è attardato ed impantanato nei meandri oscuri della sinistra italiana e si è ritrovato a dover ricominciare tutto d’accapo.
Renzi era e non sarà più il Macron italiano.
L’Italia dovrebbe rilanciare il ruolo dell’Europa Cristiana, contaminarlo a quello illuminista. Riproporre il messaggio pastorale di Papa Benedetto XVI. In questo giocarsi un ruolo europeo di guida culturale.
Comunque, da noi resta la questione elettorale. Oggi dirimente. Il proporzionale mette tutti in gioco. Complica l’esistenza ai 5 Stelle. Ma non offre prospettive di governabilità forte. Imprigiona le energie e non le libera. Berlusconi crede di poter condizionare Renzi, Renzi crede di poter emarginare i massimalisti. I populismi italiani sono troppi, almeno tre: quello di destra, quello della Lega, quello di Grillo. Il centro è un luogo con poche idee e pochissimi voti. La sinistra di D’Alema e Bersani, nonostante la Cgil, non potrà mai sviluppare una vocazione maggioritaria.
Renzi avrebbe dovuto aprire ad una stagione costituente del Pd. Invece, in poche settimane, ha pensato solo a rilanciare l’opa sul partito e sul futuro governo.
Aprirsi ad un nuovo modello è, infatti, il cuore della questione che dovrebbe interessare Renzi e Berlusconi. Dotandosi di un supporto culturale che oggi è del tutto assente. Approvare una legge elettorale che dia spazio agli italiani, sfogo democratico alle istanze di cambiamento. Se il contesto resterà l’attuale il pantano e i giochi di palazzo prevarranno sul bisogno di futuro. Purtroppo.
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