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L' on the road di Maurizio Bolognetti in una Lucania inedita

Craco, la città perduta, la città ritrovata

Il paese fantasma non sarà una delle sette meraviglie del mondo ma è la nostra piccola Machu Picchu

Craco, la città perduta, la città ritrovata

Le rovine di Craco esercitano sul visitatore un fascino che ha qualcosa di magnetico. All'improvviso, come ipnotizzato, ti ritrovi a guardare suggestivi scenari dalla finestra di un edificio diroccato e consumato dal tempo

L'avranno pure degradata da Statale a Provinciale, ma percorrere la SP 103 in un'assolata domenica di Aprile ti restituisce il piacere della guida. Finestrino abbassato e mano fuori dall'abitacolo per farsi accarezzare dal vento; dietro ogni tornante si rinnova lo stupore alla vista di paesaggi idilliaci. La sensazione di aver trovato un piccolo scorcio di paradiso in terra monta metro dopo metro.

Dopo alcuni chilometri percorsi a passo d'uomo, iniziamo ad intravedere la nostra meta: i ruderi di una città fantasma, di una città impossibile, sorta in un territorio ostile, e abbandonata dai suoi abitanti nel 1963 a causa di una frana.  

Siamo giunti alle porte della città perduta, della città ritrovata di Craco.

Nella brochure che ci consegnano quelli della "Craco Ricerche", leggiamo che la collina su cui è sorto il paese è "costituita da argille variegate fortemente predisposte al dissesto idrogeologico".

La nostra guida, Nicola, dopo averci consegnato dei caschetti gialli, inizia il racconto che negli ultimi anni avrà ripetuto migliaia di volte. La parte più antica di Craco - spiega - quella dove vediamo svettare la torre normanna, edificata nel 1040, non è stata interessata dallo smottamento. Evidentemente, viene da pensare, i normanni sapevano dove costruire e non commettevano i clamorosi errori che agli inizi del novecento e poi nel XX secolo hanno aggravato il dissesto idrogeologico e creato i presupposti di una diaspora.

Le rovine di Craco esercitano sul visitatore un fascino che ha qualcosa di magnetico.  All'improvviso, come ipnotizzato, ti ritrovi a guardare suggestivi scenari dalla finestra di un edificio diroccato e consumato dal tempo.

Nicola è davvero bravo, ma se per un attimo potessimo ascoltare solo il silenzio, probabilmente i ruderi ci restituirebbero le voci della città che fu, della sua vita, delle sue vite.

Forse Craco non sarà una delle sette meraviglie moderne, ma è la nostra piccola Machu Picchu, perduta e poi ritrovata.

Nicola dice che questo luogo di macerie, con le sue suggestioni e la sua struggente bellezza, si è trasformato in un luogo di opportunità. Gli dico che ha ragione e che i 15.000 visitatori del 2016 rappresentano un risultato straordinario.

La visita volge al termine e, mentre già monta un velo di nostalgia, penso che quando percorrendo la 103 ho iniziato ad intravedere il profilo della città perduta, della città ritrovata, ho avvertito la stessa emozione che di certo provò Bingham quando, cercando Vilcabamba la Vieja, ebbe ad imbattersi nella città costruita dall'imperatore inca Pachacútec.  

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