IL MATTINO
Personaggi
23.12.2025 - 18:47
Chris Rea nasce lontano dai riflettori, in una città industriale del nord dell’Inghilterra. Figlio di immigrati italiani, cresce tra il lavoro, la disciplina e una certa idea di dignità silenziosa. Questo è importante perché Rea non viene dal “mito” rock, ma dalla vita quotidiana.
Scopre la chitarra tardi, non per ribellione, né per desiderio di visibilità, ma per una necessità interiore.
Il blues diventa il suo linguaggio naturale perché il blues non urla, resiste.
Quando arriva il successo, soprattutto negli anni ’80, Rea si trova davanti a un bivio: diventare un personaggio oppure continuare a essere una persona che fa musica.
Sceglie la seconda strada, anche quando potrebbe “correre”, lui rallenta.
Anche quando potrebbe stupire, lima.
La malattia, negli anni ’90, non lo spezza lo definisce.
Dopo il dolore fisico, la sua musica diventa ancora più essenziale, più vera, più blues.
Non canta più per il mercato, ma per sé stesso. Perché Chris Rea è diverso non scrive canzoni, scrive stati d’animo.
I suoi temi ricorrenti sono la strada come metafora della vita, la notte, la pioggia,il tempo che passa, l’amore non romantico, ma responsabile, la memoria.
Temi letterari più che pop.
Nelle sue canzoni non c’è retorica, spettacolarizzazione.
La sua voce roca non seduce, confida, la sua chitarra slide non brilla, ricorda.
Josephine
Se utilizziamo Josephine, una delle sue canzoni più famose, come chiave di lettura ritroviamo la sua poetica, e cioè l’uomo prima dell’artista, il padre prima del musicista, il silenzio prima della nota.
L'album che la contiene è "Shamrock Diaries " del 1985, e la Josephine di cui canta è sua figlia, nata nel 1983.
Questo è uno dei brani che segna il passaggio definitivo di Rea verso il suo stile maturo.
“Josephine” non è una canzone “per bambini” in senso ingenuo, è una dichiarazione d’amore paterno, ma anche una riflessione sul tempo che passa.
Il padre osserva la figlia dormire, fragile e al sicuro, consapevole che il mondo non sarà sempre gentile con lei e così le fa la promessa, silenziosa, di esserci, anche quando lei non se ne accorgerà.
Non c’è retorica in tutto questo. Le immagini, che la musica evoca, sono poche, semplici, sussurrate.
La canzone comunica tenerezza, malinconia, e dà profondità alla notte, al silenzio, all’intimità.
È una ninna nanna adulta, scritta non per far addormentare, ma per imprimere il ricordo di un momento che svanirà.
Il ritmo del brano è lento, costante. Nessun crescendo spettacolare, tutto è al servizio dell’atmosfera.
La Slide guitar è usata come voce parallela. Non riempie lo spazio, lo commenta. Ogni nota sembra scelta con cura, lasciata “respirare”.
La voce è bassa, roca, quasi parlata. Nessun virtuosismo, una vera e propria confessione privata.
Il suono è “avvolgente”, senza spigoli, tipicamente anni ’80, ma senza eccessi.
“Josephine” rappresenta in toto Chris Rea perché parla di vita reale. Usa il blues non come genere, ma come linguaggio emotivo, e dimostra che si può essere intensi senza alzare la voce.
È uno dei suoi brani più umani e sinceri.
Se le altre sono strade percorse, Josephine è una stanza illuminata da una lampada notturna.
Colpisce ancora oggi chiunque abbia un figlio, qualcuno da proteggere, un ricordo fragile da custodire perché è facile riconoscersi, al di là delle parole, Josephine si sente.
È la stessa logica che troviamo in: On the Beach (la nostalgia); The Road to Hell (la disillusione); Auberge (il desiderio); Nothing to Fear (l’accettazione).
Chris Rea non canta ciò che spera di diventare, canta ciò che è, mentre lo sta perdendo e la chitarra è la sua autobiografia .
La slide guitar di Rea scivola, non colpisce, arriva tardi, non in anticipo,
lascia spazio al silenzio.
È una chitarra da viaggi notturni, pensieri non detti, ricordi che tornano senza chiedere permesso.
Ogni nota sembra dire:
“Non serve dire tutto. Basta dire il vero.”
Playlist essenziale emotiva di Chris Rea
(ordine pensato come un percorso, non casuale)
1. Josephine
Il cuore, l'origine. L’uomo prima dell’artista.
2. On the Beach
La memoria che torna senza far rumore.
3. Nothing to Fear
L'accettazione, la maturità, la pace dolorosa.
4. The Road to Hell (Part 2)
La disillusione adulta per quel guardare al mondo senza illusioni.
5. Looking for the Summer
Il rimpianto più dolce: sapere che qualcosa è finito mentre lo stai ricordando.
6. Auberge
Il desiderio, la passione, il movimento. La vita che accelera.
7. Texas
Lo spazio, la solitudine, l'orizzonte. Il blues europeo con l'anima americana.
8. Stainsby Girls
La giovinezza vista da lontano. La tenerezza senza sentimentalismo.
9. I Can Hear Your Heartbeat
L'Intimità assoluta. Il corpo e l'anima che parlano piano.
10. And You My Love
La chiusura luminosa, la gratitudine, l'amore adulto, non idealizzato.
Chris Rea non è un artista da playlist casuale. È un artista da ascolto lento, a luci basse, senza la pretesa di fare altro.
Importanza e eredità
Chris Rea era considerato uno dei più grandi chitarristi blues-rock europei,
un artista coerente, che ha sempre seguito la propria visione,
una figura influente per chi ama la musica emotiva, essenziale e sincera.
Anche senza cercare il clamore mediatico, ha venduto decine di milioni di dischi e lasciato un’impronta profonda nella musica contemporanea.
Chris Rea e gli altri
Per comprendere la sua unicità nel panorama musicale mondiale serve confrontarlo con alcuni artisti a lui spesso accostati, per stile, chitarra, voce e visione musicale.
Chris Rea vs Eric Clapton
Partiamo dalle somiglianze e cioè dalla radice blues, molto forte, dall'attenzione all’emozione, più che al virtuosismo, dal fatto che entrambi abbiano avuto carriere lunghe e coerenti.
Clapton però viene dal blues americano “classico” ed è tecnicamente più riconosciuto come solista, Rea è più da atmosfera, meno “chitarrista da assolo”.E se spesso Clapton è solare, Rea mantiene fermo il registro intimista, malinconico.
In pratica Clapton è il bluesman elegante, Rea è il viaggiatore solitario del blues europeo.
Chris Rea vs Mark Knopfler
In entrambi la chitarra “parla” senza eccessi, attraverso il grande uso dello spazio, del silenzio e dei testi narrativi.
Però Knopfler è più "narratore", ironico, cinematografico, Rea è più introspettivo.
Knopfler usa il fingerpicking pulito, Rea predilige la slide guitar lenta e calda
In pratica Knopfler racconta storie, Rea fa “toccare” stati d’animo.
Chris Rea vs J.J. Cale
Entrambi sono votati al minimalismo, al groove rilassato ed entrambi rifiutano lo show-off.
Ma se J.J. Cale è rilassato, quasi distaccato, Rea è emotivamente più coinvolto e drammatico e poi Rea ha una produzione più “ampia” e orchestrata.
J.J. Cale è il blues da divano, Rea è il blues da autostrada, di notte.
Chris Rea vs George Thorogood
In entrambi troviamo la vena blues rock, la voce roca, le influenze americane solo che Thorogood è diretto, energico, quasi da bar-band mentre Rea è riflessivo, mai aggressivo.
Thorogood punta sull’impatto, Rea sulla profondità.
Laddove Thorogood accende il pubblico, Rea accende la nostalgia.
Chris Rea vs Bruce Springsteen
Il tema della strada, del viaggio, dell'uomo comune come protagonista, il forte legame emotivo con l’ascoltatore li caratterizzanok solo che Springsteen è epico e attento al sociale mentre Rea è legato all'interiorità .
Springsteen osserva l’America, Rea osserva sé.
Springsteen è il romanzo, Rea è il diario.
In sintesi chi è stato davvero Chris Rea?
Chris Rea non è stato il più tecnico, il più famoso mediaticamente,
il più spettacolare, ma è uno dei più riconoscibili, uno dei più coerenti e uno dei più emotivamente sinceri blues man della nostra epoca.
Se Clapton è il bluesman, Knopfler il narratore e Springsteen il poeta sociale,
Chris Rea sarà per sempre il musicista del crepuscolo, della pioggia e della strada vuota, della vita come è, dentro ognuno di noi.
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