Cerca

Analisi

Oltre il 25 novembre: la metamorfosi della violenza sessuale

Oltre il 25 novembre: la metamorfosi della violenza sessuale

Dopo il clamore del 25 novembre, con il suo carico di eventi, le sue piazze illuminate di rosso e le tante parole pronunciate a gran voce, resta il compito più difficile: tornare al silenzio dei fatti, a quella realtà che non appare nei titoli, ma che pulsa nelle vite quotidiane delle donne.

Tra le questioni più concrete e delicate che riguardano la violenza sulle donne si staglia la riforma della disciplina sulla violenza sessuale, recentemente approvata alla Camera e ora in discussione al Senato.

La proposta interviene sull’articolo 609-bis del Codice penale nel tentativo di dare “forma giuridica” a ciò che nella realtà è assolutamente sfuggente, irripetibile, fragile: il consenso. Il disegno di legge n.1715, infatti, riscrive la norma fondandola non più sulla violenza visibile, sulla minaccia manifesta piuttosto sulla assenza di consenso: “Chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali a un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni”. Il concetto cardine su cui si struttura il “nuovo” reato di violenza sessuale diventa quello del “consenso libero e attuale” della persona coinvolta: quel filo sottile che lega libertà e autodeterminazione.

La scelta normativa guarda senz’altro all’Europa, alla Convenzione di Istanbul, ai codici di Germania, Spagna e Francia e per molti rappresenta davvero una svolta. In Italia, però, la riforma si innesta su un sistema già reso complesso dalla giurisprudenza degli ultimi anni, responsabile di aver esteso il concetto di violenza attraverso le nozioni di “violenza implicita” o “potenziale” e rischia, per questo, di naufragare, dilatando esageratamente gli spazi interpretativi appannaggio dei giudici a discapito dei principi di determinatezza e tassatività del diritto penale.

Il dibattito non è solo tecnico, ma culturale. I diversi modelli europei oscillano tra “No vuol dire no”, che richiede una manifestazione riconoscibile del dissenso, e “Solo sì è sì”, che pretende un consenso esplicito e continuo. La riforma italiana sembra collocarsi nella seconda linea, valorizzando un consenso che deve essere sempre presente e valido per tutta la durata dell’atto. Una scelta che rafforza la tutela della vittima ma che evidenzia notevoli criticità soprattutto nei processi più complessi e nelle situazioni “ibride” dove le percezioni delle parti divergono.

Uno degli aspetti più critici è l’impatto sulla dinamica processuale. Con una fattispecie nella quale la ricerca del consenso risulterebbe frazionata, all’imputato verrebbe di fatto richiesto di dimostrare di aver ottenuto un consenso “minuto per minuto”. In un contesto mediatico sempre più polarizzato, la posizione della difesa rischierebbe di trasformarsi in un ruolo quasi impossibile da sostenere. Un terreno davvero scivoloso!

Per evitare derive punitive o applicazioni eccessivamente estensive, soprattutto a tutela della libertà sessuale, sono più che necessari alcuni correttivi al disegno di legge.

È di qualche giorno fa la proposta dell’Unione delle Camere Penali che, in audizione presso la Commissione giustizia, ha chiesto di sostituire l’espressione adottata dalla riforma “consenso libero e attuale” con la formula “in violazione del dissenso”. Una nozione più scarna, più ruvida forse, ma più fedele a ciò che conta davvero: la possibilità di dire no e che quel no sia ascoltato.

Comunque un ulteriore tentativo di costruire spiegazioni logiche e razionali ad emozioni e comportamenti che hanno radici più profonde.

Ma in tutto questo qualcuno si è chiesto che fine fanno i sentimenti?

Per i più il “consenso libero e attuale” serve proprio ad “inquadrare” i sentimenti in un contesto di rispetto e consapevolezza. Per quanto mi riguarda, al di là di qualsiasi analisi logica o illogica, il “consenso” non può che passare dalla mente e dal cuore, l’atto sessuale deve esser “parte” di una relazione amorosa, espressione fisica di un sentimento. Sesso e amore non possono che essere un “dono” reciproco, consensuale e libero, forse il vero segno distintivo di ogni autentica relazione umana.

Il tema della violenza sessuale, proprio perché strettamente legato alla libertà e alla dignità del singolo, è e resta uno dei più sensibili del nostro tempo. Al di là dei riflettori del 25 novembre è questa la sfida vera: scrivere una norma che protegga senza strumentalizzare, che tuteli senza appesantire, che difenda senza dimenticare il principio fondamentale di ogni diritto: la dignità di tutti.

Cosa possiamo fare noi? Informarci, riflettere, diffondere il dibattito, parlarne, scrivere, condividere, alimentare la consapevolezza sul tema, liberandoci dalla paura di amare

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Castello Edizioni e Il Mattino di Foggia

Caratteri rimanenti: 400

edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione