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17.11.2025 - 10:56
Angelo Chiorazzo
C’è chi crede nello Stato di diritto, nella giustizia e nella magistratura e poi c’è Angelo Chiorazzo, che crede … in Angelo Chiorazzo. Nella sua ultima nota, il vicepresidente del Consiglio regionale si dichiara «sempre garantista». E fin qui tutto bene. Peccato che subito dopo aggiunga – più o meno – il contrario. Insomma: garantista sì, ma non esageriamo. L’attacco a Bardi inizia con una lezione di educazione civica e di didattica dello Statuto: «al presidente sfugge che il Consiglio ha compiti di controllo». Una frase che ha lo stesso effetto di informare un medico che esiste l’anatomia. Poi lo tranquillizza: se mai sospetterà qualcosa, lui denuncerà subito tutto. Anche se la magistratura è già al lavoro. Della serie: “Mi fido della giustizia, ma meglio se la faccio io, che vado più spedito”. Il capolavoro retorico arriva quando annuncia che la politica deve arrivare prima della Giustizia. E in quel momento si apre un nuovo varco spazio-temporale: ecco il garantista turbo. Ma il vero colpo di genio è la nuova dottrina Chiorazziana: anche se un comportamento non è un reato, può sempre essere «censurabile». Cioè: non sei colpevole, ma quasi. Una nuova categoria di sospetto istituzionale. Poi il giallo. Chiorazzo denuncia un fatto inquietante, forse soprannaturale: la sua richiesta di accesso agli atti non è stata protocollata a mano, ma via PEC. «Uno zelo mai visto», tuona. In effetti in Basilicata la PEC viene ancora trattata come un mostro mitologico. Insomma in poche righe, il padre di Basilicata Casa Comune, già candidato presidente in pectore, riesce ad essere indignato, conciliante, accusatore, garantista, giustizialista, vittima e salvatore. Tutto insieme. E così, mentre la Regione osserva perplessa, resta solo una conclusione possibile: se per Chiorazzo la politica deve arrivare prima della giustizia, allora preparate il fischietto d’inizio: sta per iniziare la prima gara ufficiale di “100 metri garantisti stile libero”.
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