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23.10.2025 - 11:20
L'illustre progettista Sergio Musmeci immaginò il suo viadotto come una superficie continua, una scultura strutturale che unisce estetica, matematica, poesia e ingegneria. Oggi quel “foglio di cemento” è diventato una ferita urbana: asfalto degradato, carreggiate ridotte, limiti, transenne, struttura deteriorata e un flusso veicolare regolato come se si trattasse di un ponte di campagna invece che della porta d’ingresso del capoluogo di regione.
Negli ultimi anni si sono succeduti atti tecnici e annunci: l’amministrazione comunale di Potenza ha approvato in linea tecnica il progetto definitivo per il restauro conservativo con la determinazione dirigenziale n. 324 del 2024. Il progetto rientra tra le operazioni dell’ITI “Sviluppo Urbano Città di Potenza 2014–2020”, per un importo iniziale di 3 milioni di euro. Ma fin da subito è stato evidente che quella cifra non sarebbe bastata neppure a coprire una modesta parte dei lavori per una complessa opera in cemento armato vincolata. Già nel 2021, dopo una grande gara internazionale, la redazione del progetto di fattibilità tecnico-economica era stata affidata allo studio spagnolo FHECOR Ingenieros Consultores S.A., vincitore del concorso. Il contratto è stato sottoscritto il 22 febbraio 2022, e nel mese di giugno dello stesso anno è stato approvato un cantiere pilota da 3 milioni di euro. Nella stessa delibera, il Comune ha dato luce verde — sempre “in linea tecnica” — al progetto complessivo di fattibilità tecnico-economica, dal valore di circa 9 milioni e mezzo di euro. Nel frattempo, il ponte è stato oggetto di un approfondito studio diagnostico sullo stato di salute degli impalcati, delle selle Gerber e della vulnerabilità dell’intera struttura a eventi estremi come ad esempio un terremoto. Dallo studio è nato l’attuale progetto definitivo, per un importo complessivo di 11 milioni di euro, di cui 6.650.819,16 destinati ai lavori e 4.349.180,84 a somme a disposizione dell’amministrazione. Oggi il Comune ha avviato con la Regione Basilicata l’iter per la copertura finanziaria dell’intero intervento, da finanziare attraverso i fondi FSC. Intanto, per rendere l’opera “immediatamente cantierabile” appena le risorse saranno disponibili, l’amministrazione ha deciso di approvare il progetto in linea tecnica. Tutto bene, tutto sulla carta. Ma anche tutto tristemente e tragicamente fermo al punto che lo scorso maggio il consigliere regionale di FdI, Alessandro Galella, aveva presentato in assenza di notizie ufficiali, una interrogazione per comprenderne lo stato dell'arte. Nel frattempo la città e i potentini si sono abituati ad un’opera isolata e zoppa, poco funzionale a reggere il traffico veicolare. Una sconfitta per chi governa la città e un’offesa al genio progettuale che quel ponte rappresenta.
Musmeci non voleva semplici pilastri efficaci, voleva una forma derivata dall’equilibrio delle forze, una superficie che fosse insieme struttura e gesto artistico. Questo significa che l’intervento non può essere soltanto tecnico: deve essere conservativo, filologico e culturale, con visione di valorizzazione, illuminazione studiata, cartellonistica scientifica e inclusione nella rete dei beni culturali — fino alla candidatura UNESCO, per cui il ponte è già stato più volte candidato/valutato.
Ad oggi il dibattito è tutto orientato sulla piscina olimpionica, ma in materia di grandi infrastrutture c'è sempre quel Musmeci in condizioni precarie che grida vendetta, ormai da un decennio. Equivale ad un Picasso appeso in un ripostiglio: non solo lo nascondi, lo insulti. È il momento di smettere di trattare questa architettura come un fastidio da sopportare e cominciare a restituirle lo spazio, la cura e l’onore che merita.
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