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Dal luccichio delle passerelle all’oscurità dell’abisso. Ania Goledzinowska racconta il suo «faccia a faccia con il demonio», tra esorcismi e il suo percorso di fede. Con un capitolo sulla sua esperienza a Potenza e sul caso Claps

Dal luccichio delle passerelle all’oscurità dell’abisso. Ania Goledzinowska racconta il suo «faccia a faccia con il demonio», tra esorcismi e il suo percorso di fede. Con un capitolo sulla sua esperie

C’è un confine che separa il visibile dall’invisibile, la luce dal buio, la fede dalla follia. Ania Goledzinowska lo ha attraversato. E da quel confine è tornata con un racconto che brucia come una ferita. «Faccia a faccia con il demonio» della Sugarco Edizioni non è un romanzo gotico né un’operazione di marketing spirituale. È la cronaca in prima persona di una donna che ha visto il male da vicino, lo ha sentito respirare, lo ha ascoltato parlare con la sua voce. Ex modella, volto di un mondo che viveva di apparenze, Ania era la personificazione di un successo patinato, lustrini e luci artificiali. Poi, all’improvviso, l’abisso. Una caduta verticale dentro le tenebre. E lì, nel punto più oscuro, un incontro inatteso: non con un santone o un guaritore improvvisato, ma con il «Male». Quello che non si traveste da metafora. Il libro racconta il suo percorso di liberazione: sei anni di esorcismi autentici, documentati, condotti da giganti della Chiesa come padre Cipriano De Meo e il lucano don Antonio Mattatelli. Non un rituale folkloristico, ma una guerra quotidiana tra la carne e lo spirito, tra la volontà di Dio e la seduzione dell’avversario. Ania non si limita a dire: mostra. Riporta dialoghi reali tra esorcista e demone, confidenze registrate, episodi che scuoterebbero chiunque.

«Non è solo la mia esperienza personale», sostiene Ania, «ma anche la storia di tante persone che non hanno voce, che affrontano questa sofferenza in solitudine, perché il demonio vuole nascondersi e molti preferiscono ignorarlo, facendo passare per pazzi coloro che ne sono vittime». Parole che sanno di denuncia e di testimonianza. È il suo punto di vista sulle trappole del male. A un certo punto del libro, la storia personale di Ania si intreccia con una delle vicende lucane più oscure: il caso di Elisa Claps. Non un semplice ricordo. Accade tutto a Potenza, lungo via Pretoria. Ania cammina con Francesco, osserva una chiesa dal portone chiuso e un senso di inquietudine le sale dentro. «Questa è la chiesa della Santissima Trinità», le dice lui. E le racconta: «Una ragazza di 16 anni, scomparsa nel nulla il 12 settembre 1993. Quel giorno uscì di casa per andare in chiesa e incontrare Danilo Restivo. Non fece mai più ritorno». Per 17 anni la famiglia la cerca tra «depistaggi, misteri e silenzi inspiegabili». Fino a quando, nel 2010, «il suo corpo venne ritrovato nel sottotetto di quella stessa chiesa». «Un brivido freddo lungo la schiena. Sono un’anima in silenzio, a pochi metri da dove oggi prego. La notte non riuscii a dormire. Pregai per Elisa, per i suoi genitori, per la sua anima. Una verità sepolta, ferita, ma viva». Il giorno dopo, la decisione. Una telefonata all’alba: «Oggi dobbiamo andare alla Rai. Devo fare delle dichiarazioni su Elisa». Francesco tenta di fermarla: «Questa storia è pericolosa, chi tocca il filo muore».
Ma Ania non indietreggia: «Ho pregato tutta la notte, ho sentito forte nel cuore che devo dare un messaggio alla città». Nello studio Rai, davanti alle telecamere, pronuncia parole destinate a far rumore: «Elisa è morta per non essersi concessa al suo assassino, proprio come Santa Maria Goretti. È morta da cuore puro. Potenza deve scegliere: riaprire la casa di Dio o lasciarla nelle mani del male». Fin qui la cronaca dell'epoca. Ora nel libro Ania ammette: «Ricevetti solo critiche e minacce di morte». Ma lei ha continuato a pregare: «Ho pregato per le persone che hanno soffocato la luce e la verità». E Ania ritiene che in quella vicenda ci sia il marchio del suo stesso avversario. È qui che il libro diventa una resa dei conti con la coscienza. «La fede», scrive Ania, «va oltre ciò che vediamo. Ci insegna che c'è un progetto più ampio, che non sempre possiamo capire nell'immediato, ma che col tempo si svela. E io credo che Elisa Claps potrebbe essere ricordata in modo diverso, non solo come vittima, ma come martire di purezza perché non si vleva concedere alle lusinghe di Restivo, come strumento di grazia ed esempio. Se la sua memoria fosse custodita non solo nella sofferenza umana, ma in una dimensione spirituale, conte conversioni potrebbe portare? Quante persone potrebbero trovare in lei un esempio di fede, di forza contro il male?». Elisa, secondo Ania, «non è tenebra da nascondere, ma luce che deve brillare. E quella luce deve rispledere lì, dove l'oscurità ha cercato di vincere». La verità, come la fede, non si annuncia solo nei santuari, ma nelle ferite che restano nascoste. E in quelle ferite, dice Ania, il demonio prospera finché qualcuno non ha il coraggio di stanarlo. 

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