IL MATTINO
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27.09.2025 - 12:40
Di questi tempi leggere la bacheca Facebook di qualche esponente dem lucano è come sfogliare un calendario dell’Avvento della superiorità morale: ogni giorno una finestrella, ogni giorno un miracolo, o potenziale tale, compiuto dalla sinistra. Se c’è un'opera pubblica? Merito della sinistra. Se piove di più? Probabilmente una loro intercessione climatica. Se una rondine torna a primavera? L’ha convinta qualche politica progressista. C'è chi vive, o quantomeno parla, come se il centrosinistra non fosse mai uscito dal Palazzo, come se le ultime e penultime elezioni regionali fossero state un semplice incidente di percorso, come se il giudizio dei lucani fosse solo un malinteso da chiarire in qualche agorà estiva.
Ma la realtà è ostinata. I lucani la sinistra l’hanno archiviata dopo oltre trent’anni di potere. Tuttavia resiste il culto del “noi eravamo meglio” - portato avanti dai soliti noti - che riesce a trasformare ogni dichiarazione in una commemorazione del partito regione che fu. Peccato che i lucani, ormai da un pezzo, quella sinistra l’abbiano salutata con un biglietto di sola andata verso l’opposizione. E senza troppe lacrime. In questo schema è funzionale aggrapparsi al nemico comodo: un giorno Meloni, un giorno Salvini, un giorno Urso e così via. Bersagli ideali per chi a livello territoriale ha bisogno di alimentare il dibattito e attaccare la coalizione di governo regionale senza mettere sul tavolo una sola idea originale.
La verità è che il cittadino lucano, quello vero – non quello dei convegni, delle feste dell'Unità o della pastasciutta antifascista – vuole che le cose si facciano. Se una strada viene migliorata e messa in sicurezza, non si chiede se l’ha finanziata Salvini, Meloni o Paperino: la vuole percorribile e funzionale. Se un ospedale viene ristrutturato e potenziato, non serve un pedigree politico del finanziamento: serve che sia efficiente ed utile alla collettività. E allora è comprensibile: l'attacco seriale e il post compulsivo è il passatempo preferito di chi non ha più leve o idee. Una strategia semplice, a costo zero e con ritorno emotivo garantito. Soprattutto se si riesce ad evocare lo spauracchio del fascismo, del sovranismo, dei dazi di Trump, di Pontida, dei cori da stadio, dei no vax e così via. Ma colpire Meloni e Salvini oggi, in Basilicata, serve solo come surrogato di proposta politica. Perché di alternativa reale e di visione per il futuro, nemmeno l’ombra.
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