IL MATTINO
Il caso
16.09.2025 - 15:43
A Potenza è andata in scena la consueta liturgia dell’inaugurazione dell’anno scolastico, con tutti i crismi della cerimonia ufficiale: prefetto, assessore regionale, sindaco, presidente della Provincia, direttrice dell’Ufficio scolastico regionale. Location: il Liceo classico Quinto Orazio Flacco, tempio della tradizione umanistica potentina e allo stesso tempo detentore di numeri negativi quanto a iscrizioni. Nonostante la location, infatti, l’argomento dominante non è stato il greco o il latino, ma il crollo delle iscrizioni. Duemila studenti in meno in un anno, un -2,9% che non si può ignorare. La dirigente dell'Ufficio scolastico regionale Claudia Datena ha messo le mani avanti: «La tendenza al calo delle iscrizioni non accenna a diminuire e il dimensionamento scolastico è solo una soluzione organizzativa. Il fenomeno è da ricondurre a cause esterne all’organizzazione scolastica. A noi tocca essere attenti alla gestione delle singole situazioni, ai piccoli comuni. Ci sono oggettive difficoltà a formare le classi, specie a renderle omogenee». Qui arriva la prima contraddizione: l’Usr, che dovrebbe pianificare, programmare e prevenire, si limita a constatare. Rivendica il ruolo di «gestore» delle situazioni ma si dichiara impotente davanti al fenomeno. Dichiarazione cristallina, ma che ha il sapore dell’assoluzione preventiva. L’Ufficio scolastico regionale, che dovrebbe programmare l’offerta formativa e lavorare per evitare il collasso delle scuole (non solo quelle dei paesini), si chiama fuori. Eppure è proprio l’Usr ad avere il compito di disegnare il piano di dimensionamento, distribuire le risorse, garantire il reclutamento dei docenti, monitorare la dispersione scolastica. Dire che le cause sono «esterne» suona come un alibi, perché il calo demografico è un dato noto da anni e richiede risposte strutturali: sezioni ridotte ma attive, sperimentazioni didattiche, poli educativi integrati. Non servono solo numeri e tabelle: servono scelte politiche e amministrative. Il paradosso è evidente: si mette in scena la rappresentazione classica, ma la tragedia si consuma nelle aule vuote. Le prime classi non si formano e si accorpano indirizzi diversi pur di arrivare al numero minimo. Si celebra il rito della scuola che “resiste” mentre nella realtà si certifica la sua lenta agonia. Ma c'è un secondo colpo di scena. Dal ministero arriva la misura definita «più divisiva»: l’obbligo di consegnare i cellulari all’ingresso in aula. Risultato: si combatte la distrazione digitale e si cerca di usare un tema sensibile per distrarre l'attenzione dalla scomparsa delle classi. La misura restrittiva sugli smartphine, infatti, non fermerà il calo demografico. È la solita storia. La Basilicata si trova davanti a un’emergenza educativa e demografica, ma sembra accontentarsi della retorica prodotta durante cerimonie e proclami. Ogni anno la scena si ripete: si taglia il nastro, si fanno i discorsi, ma intanto si chiudono plessi, si riducono le sezioni e si perde un pezzo di futuro. Il problema non è solo il numero dei nati. Se non cambia il passo, il prossimo anno ci saranno ancora meno studenti, altre classi accorpate e un’altra cerimonia di apertura che somiglierà sempre più a un funerale.
edizione digitale
Il Mattino di foggia