IL MATTINO
Il caso
11.09.2025 - 15:12
Luca e Marirosa
A Policoro c’è un comitato che non si arrende. Si chiama #VeritàeGiustiziaperLuca e raccoglie cittadine e cittadini che chiedono una cosa semplice: una giustizia “giusta”. Al loro fianco c’è l’associazione Libera, l’avvocato Antonio Fiumefreddo e tanti studenti della provincia di Matera. Si sono messi insieme per sostenere mamma Olimpia Orioli nella sua battaglia che dura da trentasette anni. Una battaglia per dare un nome e un senso a ciò che accadde il 23 marzo 1988.
Quel giorno, in una villetta di Policoro, due ragazzi — Luca Orioli e Marirosa Andreotta — furono trovati senza vita nel bagno. La porta era aperta, disse la madre di lei, che scoprì i corpi insieme al figlio più piccolo. La versione ufficiale parlò subito di una fatalità domestica. Da allora cominciò un’odissea di perizie, archiviazioni, riaperture, piste seguite e poi abbandonate.
Si parlò di folgorazione per il caldo-bagno, che risultò funzionante. Di elettrocuzione per una presa di corrente, ma i carabinieri scoprirono che le foto della scena erano state manomesse: la presa era stata “snastrata” per far sembrare credibile l’ipotesi. Poi arrivò la pista del monossido di carbonio, smentita dagli atti. Nel 1996 la prima autopsia parlò di omicidio, ma la Procura non aprì mai un processo. Negli anni l’UACV confermò il monossido, poi smontò la propria perizia. Qualcuno ipotizzò un tubo di scarico elettrificato, che però era di PVC, quindi isolante. Nel 2010 una seconda autopsia tornò al monossido, affidata a un perito legato a chi quella pista l’aveva già sostenuta.
Nel 2023 lo stesso perito, ospite di una trasmissione televisiva, smentì di fatto la sua perizia: «Quel quantitativo di monossido non poteva far morire due persone».
È su queste contraddizioni che oggi si gioca la partita. L’avvocato Fiumefreddo ha chiesto l’avocazione del fascicolo alla Procura generale di Potenza, chiamata a valutare i fatti mai presi in considerazione a Matera.
Per il comitato non è solo una questione giudiziaria. È una questione simbolica ed etica. Non si tratta di riaprire un fascicolo, dicono, ma di restituire credibilità alle istituzioni e fiducia ai cittadini.
Perché la vicenda di Luca e Marirosa non è solo privata: riguarda tutti. È un impegno collettivo, un dovere civile. Una battaglia che non può finire finché non si avrà verità e giustizia.
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