IL MATTINO
Il paese che non deve morire/Quarta puntata
28.08.2025 - 16:23
Il Mattino di Puglia e Basilicata ha deciso di adottare San Paolo Albanese perché questo borgo di appena 204 anime è un simbolo. È l’ultima frontiera di un’Italia che rischia di sparire senza che nessuno se ne accorga. La frase contenuta nel Piano nazionale delle aree interne – quella che parla di «declino irreversibile» e di una «chiusura dignitosa» – è stata come un colpo di pistola nel silenzio della Val Sarmento. Che suona come resa dello Stato. E non si può accettare. Adottare San Paolo Albanese significa schierarsi dalla parte di chi resiste. È un modo per dire che un giornale non deve soltanto registrare il declino, ma può e deve diventare un alleato di una comunità dimenticata. San Paolo è il comune più piccolo della regione, ma dentro di sé custodisce un patrimonio immenso: la lingua arbëreshë che ancora si parla in casa, il rito greco-bizantino celebrato in chiesa, i costumi tradizionali tramandati dalle donne, le feste popolari che ogni anno riportano emigranti e viaggiatori. Qui non c’è folklore da cartolina, c’è identità. Un giornale che nasce e vive tra Puglia e Basilicata non può permettere che il paese più fragile venga accompagnato al cimitero delle statistiche. Per questo il Mattino di Puglia e Basilicata ha scelto di adottarlo. Non con sterile retorica, ma con una campagna quotidiana che racconterà il borgo per quello che è: un laboratorio di resistenza, un avamposto culturale, un pezzo d’Italia che merita di essere conosciuto. Lo facciamo perché crediamo che raccontare equivale a proteggere. Perché dare voce a San Paolo Albanese significa restituirgli dignità, farlo uscire dall’invisibilità, far capire al Paese intero che se cade lui, cade un intero modello di convivenza. Adottarlo, per noi, significa affiancare i cittadini nella loro battaglia. Quarta puntata.
A San Paolo Albanese, il borgo arbëreshë incastonato nel Pollino con appena 211 abitanti, non è facile trovare una casa. Non perché i prezzi siano alti, anzi. Basta fare una piccola ricerca online per scoprire che il valore medio richiesto è di circa 371 euro al metro quadro (luglio 2025), uno dei più bassi in Basilicata. Per comprare un’abitazione bastano 40 o 50mila euro. Il problema è che le case non si trovano. Sui portali immobiliari più consultati d’Italia, come Immobiliare.it e Idealista, il comune appare come un puntino invisibile. Negli ultimi mesi c’è stato un solo annuncio attivo: un terratetto di 40 metri quadri ristrutturato. Viene presentato come «villa». Poi più nulla. Il mercato, in pratica, non esiste. Bastano uno o due annunci fuori scala per spostare in alto o in basso le medie, e infatti negli ultimi due anni si sono registrati oscillazioni estreme: da un massimo di 460 euro al metroquadro (ottobre 2023) a un minimo di 314 (marzo 2025). Mentre nei centri più grandi della Basilicata il problema è l’accessibilità dei prezzi, a San Paolo il nodo è la mancanza di offerta. Gli immobili restano chiusi, passano di mano solo per successione o per passaparola tra famiglie. Raramente arrivano sul mercato ufficiale.
E i terreni? Stessa linea. Sui portali nazionali non compare nulla. Né su Immobiliare.it, né su TrovaCasa, né su Idealista. La carenza di mercato immobiliare è un freno enorme per chi vorrebbe investire. Le case esistono, ma restano chiuse. I terreni ci sono, ma non vengono messi in vendita. E se sono in vendita non raggiungono ufficialmente il mercato. Le amministrazioni parlano di rilancio con progetti turistici, di comunità energetiche e di borghi smart, ma la verità è che senza far conoscere le disponibilità immobiliari non arriverà mai nessuno. È praticamente un mercato fantasma. Eppure, proprio in questo vuoto può nascondersi un’opportunità: quei prezzi così bassi, se resi visibili, potrebbero trasformarsi in un richiamo potente, soprattutto per investitori esteri in cerca di borghi autentici e di terreni a basso costo. Ma questa è solo una delle tante potenzialità. Altri borghi, con un po' di iniziativa, ne stanno uscendo. Alcuni sono riusciti a invertire la rotta con idee concrete e riconoscibili. A Cerreto, nell’Appennino reggiano, la rinascita è partita dal basso, grazie a cooperative agricole e turistiche che hanno riportato vita in paese. Il segnale più evidente? La riapertura del bar in piazza, simbolo di socialità. In Liguria, Bormida ha fatto parlare il mondo intero offrendo incentivi economici e affitti popolari a chi sceglieva di trasferirsi: una strategia semplice che ha permesso almeno di stabilizzare la popolazione. In Trentino, a Vermiglio, la Provincia ha investito risorse: 20mila euro per l’acquisto di una casa e copertura fino al 40% dei lavori di ristrutturazione, a condizione che i nuovi proprietari ci vivano per dieci anni. Borgo Parrini, in Sicilia, ha puntato sull’arte e sull’identità visiva: murales, architetture ispirate a Gaudí, un’immagine forte che ha trasformato un agglomerato rurale in meta turistica alternativa. A volte basta poco.
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