IL MATTINO
Cultura
27.08.2025 - 20:50
Cosa si può scrivere su Roberto Calasso, che non sia stato già evidenziato, tanto più che dalla mia libreria mi parlano gli Adelphi del cuore (tutto Josif Brodskij) e mi ricordano dell'editore italiano più votato ai libri, nell'accezione più colta e imprenditoriale possibile?
C’è un però, in tutto questo azzurro e crema delle copertine Adelphi (i colori, che sono il segno distintivo della casa editrice) al punto che qualcuno li ha sempre acquistati perché oltre a dimostrare la cultura (?), dimostravano anche che il suddetto possessore avesse un discreto senso estetico, rimane il però.
E cioè che senza Bobi Bazlen, Roberto Calasso non sarebbe andato da nessuna parte.
L'impianto culturale e iniziale della casa editrice, il suo essere mente e cuore e sensi degli uomini, questi sono i libri Adelphi, è opera solo di Bobi Bazlen, della sua geniale visionarietà. Geniale visionarietà, che essendo sprovvista di assoluta capacità imprenditoriale, non sarebbe potuta che rimanere un semplice delirio, geniale si, ma senza alcuna possibilità di diventare realtà fattuale.
Bobi Bazlen
Chi era Bobi Bazlen?
Roberto "Bobi" Bazlen è stata una delle figure più influenti nell’editoria e nella cultura italiana del Novecento.
Consulente editoriale presso Adelphi, Einaudi, Astrolabio, Bazlen fu una figura chiave nella scoperta e nella promozione di autori ora celebri, tra cui Italo Svevo, e nella divulgazione della letteratura mitteleuropea (Kafka e Musil) che allora era quasi sconosciuta in Italia.
Era capace di leggere in diverse lingue (tedesco, italiano, inglese, francese) e giudicava i libri attraverso quello che definiva il “suono giusto” .
Scelse volontariamente l’anonimato, raramente firmava o pubblicava qualcosa, preferendo operare dietro le quinte.
Intellettuale sfuggente, lo si racconta come un “folletto”, un “colpo di vento".
Eccentrico e irregolare, gli sono stati attribuiti aggettivi come "nomade", "dandy", “sciamano”, “rabdomante di talenti”.
Fu vicino a figure centrali della cultura italiana, come Eugenio Montale e Umberto Saba.
Frequentò intellettuali come Elsa Morante, Amelia Rosselli, Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia.
Appassionato di filosofie orientali (taoismo), astrologia, esoterismo e antropologia, Bazlen ebbe una cultura vasta, che si estendeva ben oltre la letteratura.
Fu uno dei primi pazienti in Italia di Edoardo Weiss e Ernst Bernhard, che lo introdussero alla psicoanalisi junghiana. I suoi “disegni dell’analisi" (rappresentazioni oniriche del suo immaginario inconscio) sono oggi esposti in mostre, come quella al Palazzo delle Esposizioni di Roma .
Anche senza avere pubblicato nulla di proprio in vita, Bazlen ha lasciato un’impronta indelebile nella cultura italiana.
Il suo ruolo di scopritore di talenti, consulente esigente e mente inquieta e curiosa rimane ancora oggi oggetto di studi e biografie.
Tra i testi più importanti su di lui c’è "Bobi Bazlen. L’ombra di Trieste" di Cristina Battocletti (La Nave di Teseo), vincitore del Premio Comisso 2018, che racconta la sua vita attraverso lettere, testimonianze e analisi della sua figura complessa.
Roberto Calasso
Un giovane Calasso ha reso il geniale “delirio” ,di un uomo geniale, realtà, facendo credere che la più intellettuale casa editrice italiana non avesse dietro un progetto commerciale complesso (il suo, quello editoriale era di Bazlen) e totalmente votato al mercato, grazie all'utilizzo intelligente del pantone, della grammatura e di tutti quegli autori, che benché famosi venivano ritenuti limoni già spremuti dall’intero mercato editoriale.
Uno su tutti Georges Simenon, che grazie ad Adelphi ha venduto molti più libri di quanto non avesse fatto per la collana "Giallo Mondadori", dimostrando, grazie a Calasso, la sua straordinaria capacità di scrittura e la sua bravura sensazionale.
Perché Roberto Calasso era un editore puro, uno che sapeva intercettare il mercato prima di ogni cosa, e lo faceva alla grandissima.
In virtù di questo serve guardare alla sua esperienza culturale in Italia, un'esperienza unica.
La sua casa editrice non era votata a rendere la mediocrità accettabile.
Al contrario Calasso voleva proprio un acquirente/lettore consapevole di entrare a fare parte di una setta, setta che aveva nel "libro Adelphi" la sua unica e sola religione, e lo faceva applicando la Pnl ai libri.
La scelta dei colori, un esempio tra i tanti, il più importante, prima che la Pnl approdasse in Italia e gli studi televisivi venissero tutti colorati di blu da Silvio Berlusconi.
L‘idea poi che i dorsi dovessero essere particolarmente curati (tali da diventare un compendio al libro stesso, senza che la casa editrice dovesse distribuire libri alle redazioni dei giornali, per ottenere delle recensioni, lasciando al lettore la possibilità di scegliere da sé) è brillante, al punto che ci sono più di un migliaio di dorsi scritti da lui personalmente.
Una scienza vera e propria, quella di scrivere i dorsi, scienza che con lui è diventata arte.
I dorsi Adelphi stanno a dimostrare quanto il prodotto libro per Calasso non avesse misteri, ma proprio perché Calasso vedeva il libro in termini pratici, da qui a fare diventare il libro un prodotto anche estetico, il passo è stato breve.
Perché a parte Calasso nessun altro è stato capace di operare in questo modo nel settore editoriale?
Perché negli altri editori, anche quelli con realtà culturali più affini alla sua, il mercato, e la necessità di "sanificarlo", attraverso una cura assoluta del prodotto, è una variabile che gli editori in Italia non considerano, e se la considerano è capitato tanto tempo fa, al punto che negli altri editori è invalsa l'idea di tirare a campare, "sprecando" autori il più possibile. Cosa fattibile visto il vastissimo numero di scriventi.
E comunque sugli sprechi editoriali degli altri, Calasso ha costruito la propria fortuna, e quella dei suoi autori, contribuendo non poco a svecchiare, e a rendere anche più agili i cataloghi degli altri. Altri che comunque soffrivano di un complesso di inferiorità nei suoi confronti, ma che erano talmente distanti da lui da non poterlo in alcun modo inseguire.
È per questo evidente che Calasso è stato il Don Draper dell'editoria italiana, e di certo in tutto questo non poco ha contribuito il suo essere massone. Un fatto logico, l'essere massone, in un percorso culturale e commerciale così intenso, un fatto che dovrebbe essere maggiormente approfondito, soprattutto adesso che l'editore non c’è più.
Calasso che va a recuperare la salma trafugata di Enrico Cuccia è la traccia e il filo da dipanare. Il filo che racconterebbe una storia molto più interessante del nostro Paese, una storia meno conforme e che ci avvicinerebbe molto di più all'Europa, Europa di cui siamo parte recalcitrante e annoiata.
Forse riusciremmo a capire come i libri possano ogni cosa, se chi li lancia in aria, come delle biglie, sa che i conti devono tornare, e che i lettori così come gli scrittori hanno bisogno di pane e di rose.
Quello che Roberto Calasso sapeva benissimo.
Piccola postilla sulla realtà economica dell' Adelphi dopo la morte di Roberto Calasso
La Maggioranza delle azioni della casa editrice è controllata dagli eredi di Calasso: i figli, la moglie, e Roberto Colajanni, il nipote.
Le altre partecipazioni significative sono quelle della famiglia Zevi (15 %) e di Feltrinelli (10 %).
Il Control rights è di Mondadori più un’opzione su un ulteriore 10 %, esercitabile dal 2027.
Pellizzi invece possiede una quota ridotta (3,5 %).
Riferimenti principali
ANSA e altre fonti: ingresso di Feltrinelli nel capitale (luglio 2024)
Mondadori: accordo put/call con Josephine Calasso su 10 % (agosto 2024), esercizio da maggio 2027
Corriere della Sera: dettaglio percentuali azionari e patto di sindacato
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