IL MATTINO
Cultura
25.08.2025 - 11:09
Il racconto è ambientato nel periodo del COVID 19 e dell'isolamento imposto a livello globale. Tutte cose su cui oggi si riflette con modalità differenti. Rimane un fatto e cioè che quando si vive, a lungo, fuori della comunità sociale si ha tempo per pensare al proprio vissuto, in maniera non superficiale, come accade ai due protagonisti della storia, che a modo loro affrontano la realtà, uno in maniera più realistica, l'altra tirando le somme, in maniera emotiva.
- Hai controllato tutto?
- Si mamma ho staccato la luce, ho chiusi il gas e la chiave d'arresto dell'acqua. La spazzatura l'ho buttata ieri sera.
- E il frigo? Hai controllato il frigo?
- Non c'è niente in frigo, la spesa non la faccio da una settimana.
- Non hai mangiato?
- No, ho mangiato, avevo ancora qualcosa del pacco che mi avete spedito quindici giorni fa.
- Di fresco nel pacco non c'era nulla.
- Non ti preoccupare, tanto torno a casa, al più tardi domattina sarò da te.
Roberta ha trenta anni, un lavoro a Milano, una bella casa in Magenta.
È single e ha un uomo che appare e scompare, come una febbre reumatica di cui non vuole sbarazzarsi.
È figlia unica di una famiglia facoltosa ma popolare, commercianti di legumi della zona Vesuviana, gente che l’ha mandata a studiare in America, dopo la laurea, per allontanarla dal Vesuvio e da una vita che malgrado i soldi è sempre schermata.
Tutte cose che Roberta sa ma a lei Milano non piace, non ci vuole morire.
La Fuga
- Weee Robe’ ti servono le mozzarelle?
- No Anto’, voglio tornare a casa.
Silenzio mentre Antonio cambia registro.
- Roberta resta a Milano, tu sei intelligente, hai studiato, dove vai?
- No Anto', voglio tornare a casa.
- No! Non insistere.
- Ho già programmato tutto.
- Eh.
- Fammi fare.
Antonio e Roberta
Antonio conosce Roberta da bambina, hanno frequentato le scuole insieme, fino al liceo, poi Antonio si è messo a trasportare mozzarelle in tutta Italia.
Roma, Milano, Torino, senza dimenticare le tante città di provincia che ci sono lungo il percorso.
Ogni settimana cambia città.
Sono in cinque a farlo, trasportano le mozzarelle di altrettanti caseifici.
Il lavoro non manca, e anche se è faticoso si è liberi di andare e di tornare, senza dovere chiedere il permesso a nessuno.
Ad Antonio la piega che aveva preso Roberta non piaceva.
Per lui era più di un'amica ma Roberta della realtà ignorava ogni cosa.
Se ne era andata di casa in un bozzolo e nel bozzolo era rimasta.
Nemmeno aveva il coraggio di vivere la sua vita, rimaneva sempre “azzeccata” al passato.
Una bambola telecomandata che lavorava solo per non farsi domande.
Nemmeno aveva imparato a cucinare, andava a mangiare al ristorante, e quando lo invitava a pranzo, da lei, c’erano le mozzarelle che risolvevano ogni cosa.
“Chissà da quanto tempo mi girano per la testa queste cose” – pensò Antonio mentre metteva in fila i ricordi e si faceva un quadro, anzi un’istantanea della situazione.
Quella telefonata l'aveva indispettito, ancora una volta Roberta gli stava dimostrando che studiare non era servito a niente, e che lui aveva fatto bene a mettersi a fare il trasportatore di mozzarelle.
Il virus
“Se volete continuare a spostarvi per noi va bene. Il latte lo dobbiamo lavorare, siamo disposti anche a pagarvi il doppio, mille euro a settimana, ma dovete fare attenzione, mai senza mascherina, senza guanti e con la distanza di almeno quattro metri da rispettare, al ritorno? Tampone obbligatorio. Chi è d'accordo si faccia avanti."
Nessuno poteva ignorare più il problema, il contagio, e poi nel suo paese, sul lavoro, erano più fiscali che a Milano.
Lavorare lì voleva dire essere responsabili, pure se si era una rotellina dell'ingranaggio e i soldi coprivano la fame.
Lo aveva capito con Max Weber al liceo, pure a Roberta glielo aveva spiegato, ma Roberta era diventata una rotellina, di lusso ma pur sempre una rotellina, le sue responsabilità erano proporzionali ai soldi che guadagnava, troppo pochi per farla crescere.
Continuava a rimanere nel bozzolo.
L'ultimo viaggio
Ad Antonio non era mai piaciuto giocare a dadi con la sorte, ma sua madre e suo padre erano anziani, vivevano a casa loro, non poteva metterli in pericolo, gli aveva lasciato anche i soldi.
Sarebbe salito a Milano quella settimana e poi si sarebbe fermato per un mese.
Le settimane gliele avevano pagate in anticipo, quattromila euro.
Avrebbe fatto da base smistando le mozzarelle che i suoi colleghi portavano a Milano, mentre faceva il guardiano a Roberta.
“I quattromila euro restassero a loro, se mi ammalo cosa me ne faccio di quattromila euro in più?”– si era detto.
L'unico problema da risolvere era convincere Roberta a rimanere a casa, solo Goethe con il suo Faust poteva aiutarlo.
Quel libro aveva fatto sempre da tramite tra loro.
Le parole di un altro sono sempre il mezzo più semplice per comunicare con chi ci sta a cuore.
Faust
L'appuntamento che si erano dati era a San Donato.
Roberta aveva preso la metro senza problemi, niente faceva presagire che stesse fuggendo dalla città.
Era vestita in maniera anonima, uguale, nessun bagaglio che potesse mettere in sospetto un osservatore non distratto, e poi era tranquilla.
Antonio era nel parcheggio ad aspettare, il giro per le consegne era finito, con sé aveva Faust.
La vide arrivare, aprire lo sportello e sedersi in macchina senza parlare e lui, senza parlare, le mise il libro tra le mani.
Roberta lo guardò, guardò il libro, lesse la dedica, serrò la mascella, riaprì la portiera e riprese la strada di casa.
“Faust maledice la sorte, in qualsiasi istante. Non è libero, né oppresso, non è disperato né rassegnato, cammina come un'ombra. Non vede più sorgere e tramontare il mondo, la felicità, l'infelicità, sono cancellate dalla monotona mania che lo possiede".
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