IL MATTINO
ultime notizie
14.08.2025 - 11:51
Alle 11:36 del 14 agosto 2018, sotto una pioggia battente, una sezione di 210 metri del viadotto Polcevera – noto come Ponte Morandi – crollava improvvisamente, trascinando nel vuoto automobili, camion e vite umane. Una tragedia nazionale che causò 43 morti, 14 feriti e oltre 600 sfollati, lasciando un vuoto non solo tra i familiari delle vittime, ma nell'intero Paese. Il ponte, progettato dall’ingegnere Riccardo Morandi e inaugurato nel 1967, era una delle infrastrutture strategiche dell’A10: collegava Genova alla Riviera di Ponente, alla Francia e all’autostrada A7 in direzione Milano. Per oltre 50 anni ha retto a un traffico al di sopra delle iniziali aspettative, diventando arteria cruciale per trasporti e commercio del Nord Italia. Quel martedì la pila 9, uno dei piloni di sostegno, cedette di schianto. Un tratto intero del ponte si accartocciò nel vuoto, schiantandosi su magazzini, linee ferroviarie e una porzione del torrente Polcevera. Alcuni mezzi rimasero sospesi nel vuoto. I soccorsi arrivarono in pochi minuti, ma le condizioni atmosferiche e la precarietà delle macerie resero complesse le operazioni di salvataggio.
Le successive analisi tecniche e approfondimenti in sede giudiziaria hanno attribuito il disastro al deterioramento dei cavi in acciaio interni ai tiranti in calcestruzzo, aggravato da una manutenzione scarsa e insufficiente. Nel 2019, la Procura di Genova ha aperto un’inchiesta e iscritto nel registro degli indagati oltre 50 tra ex dirigenti, tecnici di Autostrade per l’Italia e della società Spea Engineering. Il processo è tuttora in corso, con accuse gravi: omicidio colposo plurimo, crollo doloso, falso ideologico, attentato alla sicurezza dei trasporti (poi decaduto) e omissione d’atti d’ufficio. L’ex AD di Autostrade, Giovanni Castellucci, ha dichiarato durante il dibattimento: «Mi sento responsabile, ma non colpevole». A inizio 2025 è partito anche un secondo processo, noto come Morandi 2, per presunti falsi nei report di sicurezza relativi alla rete autostradale ligure. In questo procedimento sono coinvolti 46 imputati, tra cui altri ex dirigenti del gruppo. La sentenza finale non è attesa prima del 2026, a causa dei numerosi rinvii, delle perizie da integrare e dell’enorme mole di documentazione (oltre 18.000 pagine) prodotta. Nel frattempo, il Tribunale di Genova, con una decisione del maggio 2025, ha escluso Autostrade per l’Italia, Spea e il Ministero dei Trasporti dal processo civile, sollevandoli dalle responsabilità risarcitorie dirette. Una decisione che ha suscitato polemiche tra i familiari delle vittime.
Dopo la demolizione dei monconi superstiti, la città di Genova ha scelto di ripartire rapidamente. Il nuovo viadotto, firmato dall’architetto genovese Renzo Piano, è stato realizzato in tempi record e inaugurato il 3 agosto 2020. Il Ponte San Giorgio, con le sue linee essenziali e i sistemi di monitoraggio avanzati, è diventato simbolo di resilienza e di rinascita collettiva.
Ogni anno, il 14 agosto, Genova si ferma per ricordare. Alle 11:36, l’orario esatto del crollo, si osserva un minuto di silenzio. Anche quest’anno, nel settimo anniversario della tragedia, le istituzioni si sono unite al ricordo.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha parlato di «un severo richiamo alle responsabilità pubbliche e private in tema di sicurezza delle infrastrutture. La tutela della vita umana non ammette alcuna forma di negligenza». Ha poi ricordato l’importanza della ricostruzione: «Il Ponte Genova San Giorgio è stato un atto di ripartenza, di orgoglio e di determinazione collettiva». Anche il Presidente della Camera Lorenzo Fontana ha espresso il suo cordoglio: «Il mio pensiero va alle famiglie delle vittime e a tutta Genova, che ha saputo reagire con coraggio e dignità». Il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha dichiarato: «Nessuna opera potrà mai colmare l’assenza di chi non c’è più. Ma la memoria di quella tragedia deve essere fondamento di responsabilità». Il Vicepremier Matteo Salvini, a nome della Lega, ha ricordato «l’Italia dei sì: quella che ha saputo reagire, ricostruire in tempi record, superando ostacoli e divisioni. Un esempio di determinazione e ingegno». Infine, l’arcivescovo di Genova, Marco Tasca, ha celebrato una messa nella chiesa di San Bartolomeo della Certosa, ricordando le vittime e pregando per chi ancora porta le cicatrici – fisiche ed emotive – di quel tragico giorno.
Sette anni dopo il crollo del Ponte Morandi, il dolore resta, come anche la domanda di giustizia. L’Italia ha mostrato il suo volto migliore nella ricostruzione, ma deve ancora dimostrare di saper essere all’altezza della memoria e della responsabilità che ne derivano. Nessuna sentenza potrà restituire ciò che è stato perso, ma il dovere delle istituzioni è fare in modo che simili tragedie non si ripetano mai più.
edizione digitale
Il Mattino di foggia